Cass. pen., sez. VI, sentenza 31/05/2023, n. 23922

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 31/05/2023, n. 23922
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23922
Data del deposito : 31 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: C D, n. Vibo Valentia 19/03/1984 avverso il decreto n. 191/22 della Corte di appello di Catanzaro, del 21/10/2022 letti gli atti, il ricorso e il decreto impugnato;
udita la relazione del consigliere O V;
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale K T, che ha concluso per l'inammissibilità

RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto impugnato, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato quello emesso dal Tribunale di Catanzaro il 21 marzo 2022, con il quale è stata disposta la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, per la durata di due anni nei confronti di D C, ritenuto socialmente pericoloso ai sensi dell'art. 1, lett. b, d. Igs. n. 159 del 2011 in quanto riconducibile alla categoria criminologica dei soggetti che sostengono abitualmente il proprio tenore di vita grazie a proventi economici di origine delittuosa.

2. Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione il proposto, che deduce un unico articolato motivo di seguito riassuntivamente esposto. Erronea applicazione degli artt. 1 e 4 del d. Igs. n. 159 del 2011 e motivazione apodittica o inesistente sul punto. L Corte territoriale ha confermato il decreto del Tribunale che ha applicato la misura di prevenzione sulla scorta di alcune denunce sporte nei confronti del proposto nel 2019 nonché delle sue frequentazioni con non qualificati pregiudicati, da ciò desumendo la sua pericolosità sociale, per giunta qualificata, tale da collocarlo tra i soggetti indicati nell'art. 4, comma 1, d. Igs. n. 159 del 2011 e aggiungendo che "molto probabilmente" egli vive grazie a proventi delittuosi, non risultando "attività lavorative sufficienti per sostenere una famiglia di quattro persone". Ciò premesso, pur considerando l'autonomia tra procedimento penale e procedimento di prevenzione, l'unico fatto accertato in sede penale a carico del proposto e richiamato nel provvedimento impugnato è costituito da una condanna definitiva maturata nel 2017 per il reato di insolvenza tributaria, per fatti accaduti nel 2012 e relativi ad un periodo coperto da giudicato favorevole, in quanto respinta dal Tribunale di Vibo Valentia una precedente richiesta di applicazione della misura della sorveglianza speciale. In ogni caso la condanna aveva comportato l'applicazione della sanzione di 250 euro di multa, condizionalmente sospesa, tale da non poter valere come indice di esistenza di attuale pericolosità. L Corte territoriale non ha speso, del resto, una sola parola da cui desumere con ragionevole certezza che il proposto abbia sostenuto il proprio tenore di vita grazie a proventi delittuosi, omesso accertamento per contro necessario ai fini del giudizio di pericolosità generica di cui all'art. 1, lett. b, d. Igs. n. 159 del 2011. Il decreto impugnato è, in definitiva, sostanzialmente illegittimo in quanto privo di adeguata motivazione circa la sussistenza del triplice requisito della esistenza di delitti commessi abitualmente dal proposto che abbiano generato effettivamente profitti, costituenti fonte unica del suo reddito o quantomeno di una significativa componente del medesimo, requisito necessario alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 24 gennaio 2019 affinché le condotte sintomatiche di pericolosità possano dirsi rilevanti ai fini della previsione normativa. Il ricorrente è, del resto, da molti anni titolare di una ditta edile, da cui trae un modesto reddito con cui fa fronte alle proprie esigenze di vita, circostanza quest'ultima del tutto pretermessa dal provvedimento impugnato.
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