Cass. pen., sez. II, sentenza 18/01/2022, n. 02134
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: PIGNATTINI CLAUDIO nato a PERUGIA il 14/10/1959 FRANCESCHINI CARLA nato a FOLIGNO il 11/11/1961 avverso la sentenza del 23/09/2019 della CORTE APPELLO di PERUGIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA;lette le conclusioni scritte ai sensi dell'art. 23 co.8 D.L. n. 137/2020 formulate dal Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, nella persona di L B, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 23/09/2019 la Corte di Appello di Perugia confermava la sentenza del Tribunale di Perugia in data 08/01/2018 in forza della quale C P e C F erano stati riconosciuti responsabili del reato ex art. 81 cpv, 646 comma 1 e 3, 61 n.11 c.p. per essersi appropriati di documentazione contabile e, segnatamente, dei contratti di e fornitura di secondo livello stipulati con i clienti della Carlsberg Horeca s.r.l. di cui avevano il possesso in quanto custoditi nella sede di Assisi della Carlsberg Horeca s.r.l. presso cui operavano, con condanna alla pena di giustizia. 2. Avverso detta sentenza propongono ricorsi per cassazione gli imputati, a mezzo del medesimo difensore di fiducia e con un unico atto, formulando quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo deducono, 5332F42B2374942FED9B" data-article-version-id="7fd6f08a-f268-5fec-8598-3834c279fca3::LR5332F42B2374942FED9B::2018-02-19" href="/norms/codes/itatextcyjtowm69965vk/articles/itaart1nk6iw7pgv7t?version=7fd6f08a-f268-5fec-8598-3834c279fca3::LR5332F42B2374942FED9B::2018-02-19">ex art. 606 lett. e) c.p.p., in relazione agli artt. 552 e 185 c.p. e art. 6 par. 3 lett. A) Convenzione EDU, nullità del decreto di citazione a giudizio nonché delle sentenze di primo e secondo grado ed, ex art. 606 lett. e) c.p.p., omessa motivazione in ordine alle specifiche questioni devolute in appello. Rilevano che i giudici di merito, in modo erroneo e senza esaminare le specifiche censure formulate, avevano disatteso la eccezione di nullità del capo di imputazione che risultava del tutto generico stante la mancata indicazione degli specifici contratti di cui gli imputati si sarebbero appropriati. 2.2. Con il secondo motivo lamentano violazione degli art. 125 comma 3, 192, 533 e 546 c.p.p. nonché omessa motivazione in relazione alle specifiche censure formulate e manifesta illogicità della stessa. Deducono che la corta di appello non aveva considerato che non poteva ritenersi che dalle complessive risultanze istruttorie fosse emersa la prova della loro responsabilità "al di là ogni ragionevole dubbio". 2.3. Con il terzo motivo deducono, ex art. 606 lett. c) c.p.p., violazione dell'art. 131 bis c.p. e, ex art. 606 lett. e) c.p.p., omessa motivazione in ordine alle specifiche questioni devolute in appello ai fini della applicazione della causa di non punibilità di cui alla norma citata. Osservano che, sul punto, la corte di appello aveva adottato una motivazione gravemente lacunosa ed in contrasto con normativa vigente. 2.4. Con il quarto motivo rilevano che in data 18/12/2019 nelle more del deposito del ricorso per cassazione erano maturati i termini di prescrizione, sicché la sentenza doveva essere annullata stante la intervenuta prescrizione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono inammissibili. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Premesso che non è riscontrabile alcuna genericità in un capo di imputazione che, in un'ipotesi delittuosa quale quella per cui si procede, non elenchi specificatamente tutti i documenti che si affermano avere costituito oggetto di appropriazione, laddove essi siano comunque identificabili attraverso il rinvio ad una categoria di essi che ne renda possibile la determinazione, osserva questa Corte che, secondo quanto emerge sia dalla motivazione della sentenza della corte di appello che da quella del giudice di primo grado, la contestata appropriazione indebita ha riguardato non solo alcuni ma tutti i contratti relativi ai "fornitori" della Carlsberg Horeca s.r.l. di cui gli imputati avevano il possesso in quanto custoditi nella sede di Assisi della Carlsberg Horeca s.r.l. ove operavano. Non vi è, pertanto, genericità del capo di imputazione ne' alcuna compromissione del diritto di difesa ben potendo gli imputati perfettamente comprendere, con la dovuta precisione, dal contenuto della rubrica quale era stata la condotta loro contestata come illecita. Va, in proposito, richiamato il principio, affermato in ipotesi assimilabile a quella oggetto dell' odierno giudizio, secondo cui, in tema di reati tributari, la mancanza nel capo di imputazione di una specifica e analitica indicazione di tutte le fatture ritenute falsificate o contraffatte non comporta alcuna genericità o indeterminatezza della contestazione del reato di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000, allorché tali documenti siano agevolmente identificabili attraverso il richiamo ad una categoria omogenea che ne renda comunque possibile la individuazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sufficiente il fatto che il capo di imputazione fosse corredato di prospetti contenenti gli importi riferiti a ciascuna prestazione fatturata, nonchè i nominativi della società emittente). (Sez. 3, Sentenza n. 20858 del 07/11/2017 Ud. (dep. 11/05/2018) Rv. 272788 - 01. 3. Il secondo motivo è generico ed aspecifico e, comunque, è da ritenere manifestamente infondato. I ricorrenti hanno sostanzialmente riproposto censure già prospettate con i motivi di appello, e sulle quali la corte territoriale ha esaurientemente risposto. E questa Corte non può sindacare il contenuto del convincimento dei giudici di merito ma solo la correttezza delle affermazioni, la logicità dei passaggi tra premesse e conseguenze nonché la rispondenza degli enunciati alle doglianze proposte dalla parte. In tema di sindacato del vizio di motivazione non è certo compito del giudice di legittimità quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito ne' quello di "rileggere" gli elementi di fatto posti a fondamento della decisione la cui valutazione è compito esclusivo del giudice di merito: quando, come nella specie, l'obbligo di motivazione è stato esaustivamente soddisfatto dal giudice di merito, con valutazione critica di tutti gli elementi offerti dall'istruttoria dibattimentale e con indicazione, pienamente coerente sotto il profilo logico- giuridico, degli argomenti dai quali è stato tratto il proprio convincimento, la decisione non è censurabile in sede di legittimità. In particolare la corte di appello ha dato conto, con motivazione congrua e corretta, da leggere unitamente alla sentenza di primo grado vertendosi in ipotesi di c.d. doppia conforme vale a dire di due sentenze dello stesso segno, delle ragioni in base alle quali ha affermato la responsabilità degli imputati precisando che dal complessivo quadro probatorio a loro carico - ed, in particolare, dalle dichiarazioni ritenute pienamente attendibili, in quanto assai precise, dettagliate e credibili, rese dal teste Alberto Frausin presidente ed amministratore delegato della Carlsberg Horeca s.r.l. e da quanto riferito dal teste Migliosi - era emersa con certezza la prova dell' appropriazione indebita da parte degli odierni ricorrenti della documentazione contabile in questione. Né coglie in alcun modo nel segno la censura secondo cui non sarebbe emersa la prova della responsabilità degli imputati "oltre ogni ragionevole dubbio". Per quel che concerne il significato da attribuire alla citata locuzione presente nel testo novellato dell'art. 533 cod. proc. pen. quale parametro cui conformare la valutazione inerente all'affermazione di responsabilità dell'imputato, è opportuno evidenziare che, al di là dell'icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale. Si è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il "ragionevole dubbio" sulla colpevolezza dell'imputato ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma dell'art. 530 c.p.p., comma 2, sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, già in precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario (tanto da essere già stata adoperata dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema - per tutte, Sez. un., sentenza n. 30328 del 10 luglio 2002, CED Cass. n. 222139 -, e solo successivamente recepita nel testo novellato dell'art. 533 c.p.p.), secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della responsabilità dell'imputato (Cass. pen., Sez. 2^, sentenza n. 19575 del 21 aprile 2006, CED Cass. n. 233785;Sez. 2^, sentenza n. 16357 del 2 aprile 2008, CED Cass. n. 239795). Ciò comporta che il vizio di motivazione va escluso quando il ragionamento sia effettivamente adeguato a superare il ragionevole dubbio e, per converso, sussiste quando le alternative proposte dalla difesa siano logiche e fondate su elementi di prova acquisiti al processo e regolarmente prospettati. Infatti, la condanna può essere pronunciata a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili "in rerum natura" ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Cass. 17921/2010 Rv. 247449;Cass. 2548/2015 Rv. 262280;Cass. 20461/2016 Rv. 266941). La sentenza, alla luce della congrua ricostruzione indicata, non appare censurabile sotto il cennato profilo. In generale va osservato che a fronte della ricostruzione delle condotte delittuose. in esame appare di tutta evidenza che la tesi difensiva dei ricorrenti — i quale si limitano a reiterare profili di non corretta valutazione dell'intero compendio emerso a loro carico ovvero suggeriscono una diversa lettura di taluni dei dati probatori - non è diretta a contestare la logicità dell'impianto argomentativo delineato nella motivazione della decisione impugnata, ma si risolve nella contrapposizione, a fronte del giudizio espresso dai giudici di merito quanto alla piena e certa colpevolezza degli imputati, di una alternativa ricostruzione dei fatti, evidentemente sottratta alla delibazione di questa Suprema Corte in ragione dei limiti posti alla cognizione di legittimità dall'art. 606 cod. proc. pen. Pertanto non essendo evidenziabile alcuno dei vizi motivazionali deducibili in questa sede quanto alla affermazione della penale responsabilità dei ricorrenti in ordine al reato di cui sopra e non essendo configurabile, quindi, la dedotta contraddittorietà della motivazione anche tenuto conto dei poteri del giudice di merito in ordine alla valutazione della prova, le censure, essendo tutte incentrate su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, non possono che essere disattese.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi