Cass. civ., sez. I, sentenza 17/10/2018, n. 26005

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 17/10/2018, n. 26005
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26005
Data del deposito : 17 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

assorbita la doglianza relativa alla inammissibilità della proposta per mancanza di una valida attestazione di fattibilità, aggiungendo, per completezza: a) che l'attestatore non aveva fatto proprie le conclusioni e le analisi del perito e, anzi, aveva formulato delle riserve sui valori indicati nelle relazioni di stima;
b) che un giudizio di fattibilità subordinato al mancato verificarsi di una serie di circostanze negative sostanzialmente si traduce nell'assenza di una prognosi favorevole sul non avveramento di tali fattori condizionanti, soprattutto quando questi ultimi siano più d'uno.

3. Avverso tale sentenza la Ifitel s.r.l. in liquidazione, l'Immobiliare Europea s.r.l. in liquidazione, l'Immobiliare Apollo s.r.l. in liquidazione, la DP Distribuzione Periodici s.r.l. in liquidazione, la Tecnograf s.r.l. in liquidazione, la Casa di Spedizioni San Cristoforo Autotrasporti s.r.l. in liquidazione, la Logistica Holding s.r.l. in liquidazione, la Media Cisco s.r.l. in liquidazione, la Perseo soc. coop. a r.l. in liquidazione, la Co.s.edit. Italia Consorzio Servizi Editoriali soc. cons. a r.l. in liquidazione, la Nuova Cisco Informatica s.r.l. in liquidazione hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui resistono con controricorso le curatele dei fallimenti della Logistica Holding s.r.l. in liquidazione, della Tecnograf s.r.l. in liquidazione, della Immobiliare Europea s.r.l. in liquidazione, della Perseo s.c.a.r.l. in liquidazione, della Nuova Cisco Informatica s.r.l. in liquidazione, della Immobiliare Apollo s.r.l. in liquidazione, della CO.S.

EDIT

Italia società consortile a r.l. in liquidazione, della Media Cisco s.r.l. in liquidazione. Le curatele delle restanti società non hanno svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 7 e 162 I. fall. nonché dell'art. 101 cod. proc. civ., rilevando: a) che le ricorrenti, nel proporre reclamo, non avevano inteso dolersi del mero fatto che la richiesta di fallimento fosse stata proposta verbalmente dal P.M., ma dell'assenza di qualsiasi rilievo in merito allo stato di insolvenza;
b) che tale vizio aveva reso la richiesta inidonea al raggiungimento del fine e quindi si era tradotta in un illegittimo esercizio del potere di azione, che aveva anche menomato il concreto esercizio del diritto al contraddittorio c) che, in senso contrario, non potevano essere valorizzati elementi fattuali acquisiti in epoca successiva;
d) che, del resto, l'atto depositato dal P.M. presso la Procura Generale, a seguito della proposizione del reclamo, aveva ritenuto "pienamente esaustive le ragioni di non convenienza economica per i creditori del proposto concordato", aggiungendo che la motivazione della richiesta di fallimento doveva appunto essere colta "nel giudizio di non fattibilità e non convenienza del concordato";
e) che, alla stregua di tale precisazione, appariva evidente che l'accertamento dello stato di insolvenza e la dichiarazione di fallimento dovevano essere ricondotte ad un accertamento officioso da parte del Tribunale. La doglianza è infondata, in quanto, come già rilevato da questa Corte (Cass. 13 aprile 2017, n. 9574) alla richiesta di fallimento formulata dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 162, secondo comma, quale conseguenza della inammissibilità della proposta di ,concordato preventivo, non si applica il disposto dell'art. 7 della medesima legge. In realtà, accanto al petitum, chiaramente evincibile dalle conclusioni formulate a verbale, è esattamente individuabile anche il requisito della causa petendi, giacché lo stato di insolvenza è quello desumibile dalla complessiva situazione fattuale e procedimentale, alla luce della stessa proposta concordataria. La cit. Cass. 9574 del 2017, al pari della successiva Cass. 16 marzo 2018, n. 6649 chiarisce, infatti, che il P.M., informato della proposta di concordato preventivo (art. 161, comma 5, I. fall.), partecipa ordinariamente al procedimento, nel rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa delle altre parti, mediante la presenza in udienza, ivi compresa quella fissata dal tribunale ai fini della declaratoria di inammissibilità della domanda, rassegnando le proprie conclusioni orali, che comprendono, oltre alla valutazione negativa sulla proposta concordataria, anche l'eventuale richiesta di fallimento in ragione della ritenuta insolvenza dell'imprenditore, di cui è venuto a conoscenza a seguito della partecipazione alla procedura, senza che vi sia la necessità che tali conclusioni si traducano in un formale ricorso da notificare al debitore in vista di un'udienza ex art. 15 I.fall., affatto necessaria. I cenni del provvedimento impugnato alla incontestata insolvenza della società non mirano a ricostruire, sulla base di una situazione fattuale emersa successivamente, il contenuto della richiesta, ma solo a sottolineare che proprio tale realtà, palesata dalla proposta, aveva rappresentato il fondamento dell'iniziativa processuale del pubblico ministero. È appena il caso di osservare che, in tale contesto, le valutazioni espresse dalla Procura generale, a seguito della proposizione del reclamo, non hanno alcun rilievo, al fine di risolvere la questione processuale sollevata che richiede l'applicazione delle norme pertinenti, senza essere condizionata dalle deduzioni e dai convincimenti delle parti. In tale prospettiva, neppure è dato cogliere quale pregiudizio abbiano sofferto le possibilità difensive delle ricorrenti, una volta che le stesse erano, secondo il ragionevole apprezzamento espresso dalla Corte territoriale, ben consapevoli della situazione di insolvenza nella quale versavano e delle prevedibili conseguenze che sarebbero scaturite da una valutazione di inammissibilità del concordato.
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