Cass. civ., sez. I, sentenza 03/07/2009, n. 15677
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 2
In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed anche nel caso in cui sia dedotto (come nella specie, in via di eccezione) l'inesatto adempimento dell'obbligazione, al creditore istante sarà sufficiente allegare tale inesattezza (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell'obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto, adempimento. (Principio affermato dalla S.C. in tema di cessione di crediti fatta a scopo di garanzia e "pro solvendo", relativamente alla diligenza del cessionario quanto alla loro riscossione, con la precisazione che grava su tale soggetto l'onere di provare di aver assunto senza ritardo le iniziative dirette ad ottenere l'adempimento del debitore ceduto, potendosi limitare il cedente, opponente a decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti dal cessionario, all'allegazione dell'inadempimento della controparte).
La cessione del credito, quale negozio a causa variabile, può essere stipulata anche a fine di garanzia e senza che venga meno l'immediato effetto traslativo della titolarità del credito tipico di ogni cessione, in quanto è proprio mediante tale effetto traslativo che si attua la garanzia, pure quando la cessione sia "pro solvendo" e non già "pro soluto", con mancato trasferimento al cessionario, pertanto, del rischio d'insolvenza del debitore ceduto. Pertanto, in caso di cessione del credito in luogo dell'adempimento (art. 1198 cod. civ.), grava sul cessionario, che agisca nei confronti del cedente, dare la prova dell'esigibilità del credito e dell'insolvenza del debitore ceduto (nella specie, successivamente ammesso ad amministrazione controllata e poi a concordato preventivo), cioè che vi è stata infruttuosa escussione di quest'ultimo e che la mancata realizzazione del credito per totale o parziale insolvenza del debitore ceduto non è dipesa da negligenza nell'iniziare o proseguire le istanze contro il medesimo, essendo il cessionario tenuto ad un comportamento volto alla tutela del credito ceduto, anche mediante richiesta di provvedimenti cautelari e conservativi, non potendo considerarsi il medesimo non diligente solamente in caso di estinzione non satisfattiva del credito ceduto o di perdita dell'azione, ma anche in ipotesi di insolvenza del debitore ceduto.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Presidente -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. D M - Consigliere -
Dott. D A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24694/2004 proposto da:
C N M (c.f. *CDONZM47A09L049M*), G R , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA S. GIACOMO 22, presso l'avvocato C G, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCENTE GIOVANNI, N A, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
INTESA GESTIONE CREDITI - c.f. *00169760659*, (già IntesaBci Gestione Crediti Spa), nella qualità di procuratore di Banca Intesa S.p.a. (già IntesaBci Spa), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso l'avvocato G B, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F A, giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1689/2 004 della CORTE D'APPELLO di M, depositata il 15/06/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/05/2009 dal Consigliere Dott. DIDONE ANTONIO;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato CATALANO ROBERTO, per delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri motivi del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
p. 1.- Con atto di citazione notificato il 13 giugno 1995 CODA Nunzio Maria e Roberto GAMBINI convennero in giudizio avanti il Tribunale di Milano CARIPLO, Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal presidente del Tribunale per l'importo di L. 1.063.828.240, oltre accessori (interessi al tasso ABI), per scoperto di conto corrente. Gli opponenti esposero che:
avevano ceduto, pro solvendo, con atti del 17 dicembre 1991, alla Cariplo un credito di L. 3.030.000.000, maturato nei confronti della Costruzione Andreotti s.p.a.;
cessione a "garanzia" di un'apertura di credito a favore di essi cedenti, per L. 1.000.000.000;
nella gestione dei crediti ceduti, divenuti esigibili nell'aprile 1992, Cariplo aveva contravvenuto agli obblighi di cui all'art. 1358 c.c., essendo rimasta inerte nei confronti della ceduta società
Andreotti sino a che la stessa non era stata ammessa a procedura di amministrazione controllata, il 24/12/1992 e, poi, di concordato preventivo (con pagamento dei crediti chirografari nella misura del 40%), con conseguente perdita delle pretese oggetto dei crediti ceduti in garanzia;
l'inerzia era ingiustificata, considerato che addirittura nel periodo successivo alla cessione Cariplo aveva effettuato cospicui finanziamenti a Costruzioni Andreotti spa;
inoltre, il decreto ingiuntivo era stato emesso con un computo di interessi, successivo all'1.10.1994, illegittimo. Chiesero, quindi, la revoca del decreto ingiuntivo, svolgendo domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni pari a L. 2.287.650.000 (ammontare del credito non recuperabile nei confronti del debitore ceduto): somma da portarsi in compensazione al credito per scoperto di conto corrente.
Con sentenza dell'8 ottobre 2001 il Tribunale, ritenuta la nullità della clausola determinativa degli interessi, revocò il decreto ingiuntivo, condannò gli opponenti al pagamento della somma di L. 1.009.684.452, oltre interessi legali, in favore della banca e rigettò la domanda riconvenzionale risarcitoria.
Con sentenza del 15 giugno 2004, la Corte di appello di Milano confermò la sentenza di primo grado impugnata dagli opponenti osservando che:
era onere dei cedenti di offrire riscontro di eventuali esiti fruttuosi di quelle iniziative che si assumeva la banca cessionaria non avesse attivato;
la sussistenza di un danno (ingiusto) era elemento costitutivo della domanda ed esso, nella specie, presupponeva la prova dell'utilità e della convenienza di iniziative, ad opera della Banca, nell'intervallo intercorso sino all'ammissione in amministrazione controllata della società Costruzioni Andreotti;
non era stato offerto alcun riscontro circa la situazione in cui gravava la ceduta, così da poter, quanto meno, presumere che al momento della cessione e, poi, al momento dell'esigibilità dei crediti - aprile 1992 - essa fosse in grado di soddisfare una pretesa immediatamente azionata dalla Banca;
ne' risultava che lo stato di sostanziale insolvenza della società debitrice ceduta si fosse determinato per circostanze, pur anteriori al dicembre 1992, ma sopravvenute dopo il maggio 1992, non emergendo un'eventuale sufficiente disponibilità patrimoniale della Costruzioni Andreotti nell'aprile 1992 perché gli unici dati desumibili dalle prodotte "situazioni patrimoniali" attestavano solo scarsissime disponibilità di