Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/01/2005, n. 383
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A differenza del permesso di soggiorno disciplinato in generale dall'art. 5 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, che è connotato da ampi spazi di discrezionalità della P.A., cui si correlano posizioni di mero interesse legittimo tutelabili dinanzi al giudice amministrativo, il permesso di soggiorno per motivi familiari, contemplato dall'art. 30 dello stesso D.Lgs., è atto dovuto, in presenza delle specifiche situazioni tassativamente elencate, e, dunque, integra oggetto di diritti soggettivi, con conseguente devoluzione della relativa controversia al giudice ordinario, come del resto si ricava dal sesto comma del citato art. 30, il quale espressamente contempla la ricorribilità del diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari davanti al (pretore, oggi al) tribunale ordinario del luogo di residenza (disposizione rimasta ferma anche dopo le innovazioni introdotte dall'art. 1 del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, ai sensi del Comma secondo-bis dello stesso art. 1, inserito dalla legge di conversione 12 novembre 2004, n. 271).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente aggiunto -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. C O F - Pres. di sezione -
Dott. P E - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. G G - rel. Consigliere -
Dott. E S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
O O, elettivamente domiciliata in Roma, via Sardegna n. 50, presso l'avv. S P, difesa dall'avv. M C per procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
Ministero dell'interno, in persona del Ministro, per legge difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma via dei Portoghesi n. 12;
- resistente -
ed inoltre sul ricorso incidentale proposto dal Ministero dell'interno, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
- ricorrente -
contro
O O;
- intimata -
per la cassazione del decreto della Corte d'appello di Perugia del 16 23 luglio 2002;
sentiti:
il cons. Dr. G, che ha svolto la relazione della causa;
il Pubblico ministero, in persona dell'avvocato generale Dr. I D, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso incidentale e l'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
II Questore di Terni, con provvedimento del 21 settembre 2001, ha respinto la richiesta con cui O O, cittadina russa, aveva chiesto il rilascio di permesso di soggiorno per aver contratto matrimonio il 19 ottobre 2000 con un cittadino italiano. Il Tribunale di Terni, con decreto reso il 4 dicembre 2001, ha respinto il ricorso proposto dalla Oukhtina contro il provvedimento del Questore.
La Corte d'appello di Perugia, con decreto depositato il 23 luglio 2002, ha rigettato il reclamo dell'Oukhtina, fra l'altro osservando:
- che il Tribunale aveva deciso con il rito camerale, ai sensi dell'art. 30 ultimo comma del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, e che quindi la relativa pronuncia era reclamabile, a norma dell'art. 739 cod. proc. civ.;
- che il permesso di soggiorno, richiesto per motivi familiari, era stato legittimamente negato, in quanto difettava la condizione della permanenza dell'istante in Italia per almeno un anno prima della celebrazione del matrimonio (primo comma lett. b di detto art. 30);
- che non sussisteva la necessità di sospendere il giudizio, per la pendenza anche dinanzi al Tribunale amministrativo regionale d'impugnazione avverso il provvedimento del Questore di Terni, trattandosi di materia inerente a diritti soggettivi, devoluta alla cognizione del giudice ordinario.
La Oukhtina, con atto notificato al Ministero dell'interno il 9 ottobre 2002, ha chiesto la cassazione del decreto della Corte di Perugia, addebitandole, rispettivamente con tre censure, di non aver pronunciato sul primo dei motivi del reclamo (rivolto a denunciare le illogicità e contraddittorietà in cui era incorso il Tribunale di Terni), di non aver rilevato che l'art. 19 del d.lgs. n. 286 del 1998, quando esclude l'espulsione dello straniero convivente con
coniuge italiano, riconosce il suo diritto al permesso di soggiorno, e di non aver esaminato la deduzione secondo cui il permesso medesimo non può essere negato sulla base di apprezzamenti inerenti all'invalidità od alla simulazione del matrimonio. Il Ministero dell'interno ha presentato controricorso, ed ha contestualmente proposto ricorso incidentale, deducendo "che la Corte d'appello era tenuta a dichiarare inammissibile il reclamo, sia sotto il profilo del difetto di giurisdizione sulle questioni afferenti il permesso di soggiorno (devolute al giudice amministrativo), sia sotto il profilo dell'inesistenza nell'ordinamento di un gravame contro le pronunce del tribunale sulla legittimità dell'ordine di espulsione". La Sezione prima civile, cui la causa è stata inizialmente assegnata, con ordinanza 14 novembre 2003-16 gennaio 2004 n. 657 ha rimesso gli atti al Primo presidente, sul rilievo che il ricorso incidentale ha posto questione di giurisdizione.
Per la decisione su tale questione sono state investite queste Sezioni unite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ.. In via pregiudiziale si osserva che la Corte d'appello di Perugia, nel risolvere positivamente il quesito della reclamabilità del decreto del Tribunale di Terni, ha considerato che la domanda della Oukhtina era diretta ad impugnare il provvedimento del Questore di diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari, richiesto secondo le previsioni dell'art. 30 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, e, in coerenza con tale individuazione dell'oggetto del dibattito, ha pronunciato sulla domanda medesima (confermandone il rigetto per carenza dei requisiti stabiliti da detta norma).
II Ministero dell'interno, con il ricorso incidentale, muove dalla premessa che la controversia investa anche un provvedimento di espulsione (circostanza contestata dalla Oukhtina, la quale ricorda che il Questore di Terni, negandole il permesso, si era limitato ad invitarla ad allontanarsi dal territorio nazionale), ma non formula alcuna censura avverso detta preliminare decisione della Corte d'appello, ne' comunque offre alcuna indicazione circa l'atto che conterrebbe l'ordine di espulsione (del resto di competenza del prefetto, non del questore) e le risultanze di causa che evidenzierebbero un dibattito più ampio di quello ritenuto dalla Corte di Perugia.
Ne consegue che il ricorso incidentale è pertinente ed esaminabile con esclusivo riferimento alla contestazione della giurisdizione del giudice ordinario sull'impugnazione del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari.
La contestazione è infondata.
La giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria su detta impugnazione è prevista dal sesto comma del citato art. 30 (sul punto non modificato dalla legge 30 luglio 2002 n. 189), il quale espressamente contempla la ricorribilità di quel diniego davanti al pretore del luogo di residenza, e, quindi, davanti al tribunale, dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51 sull'istituzione del giudice unico di primo grado (disposizione rimasta ferma anche dopo le innovazioni introdotte dall'art. 1 del d.l. 14 settembre 2004 n. 241, ai sensi del secondo comma bis dello
stesso art. 1, inserito dalla legge di conversione 12 novembre 2004 n. 271). Tale previsione, peraltro, si armonizza con i comuni canoni operanti in materia di riparto della giurisdizione.
A differenza del permesso di soggiorno disciplinato in generale dall'art. 5 del d.lgs. n. 286 del 1998, che è connotato da ampi spazi di discrezionalità della pubblica amministrazione, cui si correlano posizioni di mero interesse legittimo tutelabili dinanzi al giudice amministrativo (v. Cass. s.u. 5 agosto 2002 n. 11725, 27 gennaio 2004 n. 1417), il permesso di soggiorno per motivi familiari, contemplato dall'art. 30 dello stesso decreto legislativo, è atto dovuto, in presenza delle specifiche situazioni tassativamente elencate, e, dunque, integra oggetto di diritti soggettivi (cfr. Cass. 20 agosto 2003 n. 12223,1 ottobre 2003 n. 14541). In conclusione, con il rigetto del ricorso incidentale, si deve affermare la giurisdizione del giudice ordinario.
Per la decisione sul ricorso principale, e per le statuizioni conseguenziali all'esito finale del giudizio di Cassazione, gli atti vanno rimessi alla Sezione prima civile (art. 142 disp. att. cod. proc. civ.).