Cass. civ., SS.UU., sentenza 30/10/2019, n. 27842
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unciato la seguente SENTENZA sul ricorso 13685-2018 proposto da: ERA - ENERGIA RINNOVABILE AMBIENTALE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 32, presso lo studio dell'avvocato M L, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato S V;- ricorrente -contro REGIONE MOUSE, in persona del Presidente pro tempore, M P I B, LE ATTIVITA' CULTURALI ED IL TURISMO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;- controricorrenti - nonché contro SOPRINTENDENZA ARCHEOLOGICA BELLE ARTI E PAESAGGIO DEL MOUSE;- intimata - avverso la sentenza n. 13/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 22/12/2017. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/05/2019 dal Consigliere A P L;udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale M M, che ha concluso in via principale per l'inammissibilità del ricorso, in subordine per il rigetto;uditi gli avvocati M L ed A V per l'Avvocatura Generale dello Stato. FATTI DI CAUSA L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con l'impugnata sentenza n. 13 del 2017, ha affrontato la questione del regime applicabile alle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico avanzate prima del 2006 e, in particolare, se anche ad esse sia applicabile la norma generale sulla decadenza delle misure dì salvaguardia che, consentendo l'anticipata applicazione del vincolo culturale e paesaggistico, anche se non ancora approvato, Ric. 2018 n. 13685 sez. SU - ud. 07-05-2019 -2- comportano il divieto di apportare modificazioni al territorio oggetto della proposta, in difetto di autorizzazione delle autorità competenti. Il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 (art. 11), ha infatti introdotto nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, all'art. 141, comma 3, d. Igs. 22 gennaio 2004, n. 42 (nel testo poi modificato e trasferito nel comma 5, ad opera del d. Igs. 26 marzo 2008, n. 63, art. 2, comma 1, lett. m), una disposizione che ha previsto, in caso di mancata adozione del provvedimento finale di approvazione del vincolo, la decadenza delle misure di salvaguardia di cui all'art. 146, comma 1, connesse alla proposta di vincolo, nel caso di superamento del termine di 180 giorni desumibile dal combinato disposto degli artt. 139, commi 1 e 5, e 140, comma 1 (sostituiti dal d. Igs. n. 157 del 2006, artt. 9 e 10), a decorrere dalla pubblicazione della proposta. In particolare, la ERA Energia Rinnovabile Ambientale aveva presentato alla Regione Molise un'istanza diretta ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione unica per un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica nel Comune di Miranda. Dopo alcuni mesi, la Sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise aveva rilevato l'esistenza di due proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico sull'area interessata, risalenti al 12 novembre 2001 e al 20 giugno 2002 che, seppure non sfociate nell'adozione di un decreto finale di apposizione del vincolo paesaggistico, riteneva efficaci anche in relazione alle connesse misure di salvaguardia. La ERA aveva impugnato le suddette proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico, in quanto mai approvate e risalenti di molti anni, ritenendo le relative misure di salvaguardia ormai inefficaci e decadute. E ciò sul presupposto che il novellato art. 141, comma 5, d. Igs. n. 42 del 2004 - il quale aveva previsto la cessazione degli effetti delle misure di salvaguardia in caso di mancata adozione del provvedimento ministeriale di dichiarazione di notevole interesse pubblico nei termini di legge - fosse applicabile Ric. 2018 n. 13685 sez. SU - ud. 07-05-2019 -3- anche alle proposte di vincolo avanzate prima dell'entrata in vigore del Codice dei beni culturali, alla luce dell'art. 157, comma 2, d. Igs. n. 42 del 2004, che prevedeva che le disposizioni della parte III del Codice si applicassero anche ai beni per i quali la relativa proposta fosse stata formulata anteriormente. L'adito T M aveva rigettato il ricorso, rilevando la non applicabilità delle nuove norme sulla decadenza alle proposte di vincolo precedenti all'entrata in vigore del Codice (d. Igs. n. 42 del 2004), con la conseguenza che dette proposte conservavano efficacia anche in assenza di approvazione mediante adozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico. La società aveva proposto appello, evidenziando che, dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni (d.lgs. n. 157 del 2006 e n. 63 del 2008) che avevano introdotto la norma sulla decadenza, il termine ivi previsto aveva iniziato a decorrere integralmente anche per le proposte di vincolo già presentate;che esisteva una disposizione specifica (l'art. 157) che assoggettava alla regola introdotta dal d.lgs. n. 63 del 2008 le proposte di vincolo precedenti, mentre non esisteva alcuna norma in senso contrario;che l'esistenza di termini certi per la conclusione dei procedimenti era confermata in via generale dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. L'adita Sezione IV del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2838 pubblicata il 12 giugno 2017, ha investito l'Adunanza Plenaria del seguente quesito: «Se, a mente del combinato disposto degli articoli 140, 141 e 157, comma 2 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 - come modificati dapprima con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157, e poi, con il d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63 - le proposte di vincolo formulate prima dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, e per le quali non vi sia stata conclusione del relativo procedimento con l'adozione del decreto ministeriale recante la dichiarazione di notevole interesse pubblico, cessino di avere effetto». Ric. 2018 n. 13685 sez. SU - ud. 07-05-2019 -4- Nella giurisprudenza amministrativa si contrapponevano due diverse tesi. Secondo la tesi prevalente (cosiddetta della continuità), le proposte di vincolo avanzate prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 42 del 2004 conservavano efficacia, ancorché i relativi procedimenti non si fossero conclusi nel termine legale, in linea di continuità con la tradizionale interpretazione secondo la quale la tutela paesaggistica si esplicava fin dal momento in cui la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico era pubblicata nell'albo del Comune interessato e perdurava sine die, non essendo previsto un termine di efficacia della misura ovvero di consumazione del potere vincolistico, sicché l'adozione del provvedimento finale poteva intervenire anche a notevole distanza di tempo, senza che venisse meno l'effetto preliminare del vincolo. Una tesi minoritaria (cosiddetta della discontinuità) postulava invece la cessazione degli effetti delle antiche proposte, sulla base di un'interpretazione che conduceva ad escludere la possibilità di assicurare a tali proposte una sopravvivenza sine die, pur in assenza di una qualche prospettiva di conclusione del procedimento che con esse si era avviato. L'Adunanza Plenaria ha aderito a questo secondo indirizzo, in parte modificandone le argomentazioni, all'esito di un articolato e complesso iter motivazionale che non è necessario ripercorrere in questa sede nei dettagli, la cui prima conclusione è la seguente: «Il combinato disposto - nell'ordine logico - dell'art. 157, comma 2, dell'art. 141, comma 5, dell'art. 140, comma 1, e dell'art. 139, comma 5, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, deve interpretarsi nel senso che il vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dell'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo - come modificato con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e con il d.lgs. 26 Ric. 2018 n. 13685 sez. SU - ud. 07-05-2019 -5- marzo 2008, n. 63 - cessa qualora il relativo procedimento non si sia concluso entro 180 giorni». E pertanto, poiché la decadenza dell'effetto preliminare del vincolo non è immediata ma opera una volta decorso il termine (risultante dal combinato disposto degli artt. 139, commi 1 e 5, e 140, comma 1, del Codice) di 180 giorni dalla pubblicazione della proposta, l'effetto sarebbe che «per le proposte anteriori al Codice, il vincolo sarebbe decaduto decorsi 180 giorni dall'entrata in vigore - ad opera del d. Igs. 63/2008 - dell'attuale testo dell'art. 141, comma 5, che tale decadenza commina, ovvero, ancor prima, per effetto del d. Igs. 157/2006, che l'ha introdotta». E qui si innesta l'ulteriore principio enunciato dall'Adunanza Plenaria - che è investito dal ricorso in esame - secondo cui alle proposte di vincolo anteriori al Codice (come quelle riguardanti la società ERA), che sarebbero ormai decadute quanto all'effetto impositivo delle misure di salvaguardia, «il termine di efficacia di 180 giorni del vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 decorre dalla pubblicazione della presente sentenza». A questa conclusione l'Adunanza Plenaria è pervenuta, dopo avere affermato di poter «modulare la portata temporale delle proprie pronunce, in particolare limitandone gli effetti al futuro, al verificarsi delle seguenti condizioni: a) un'obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare;b) l'esistenza di un orientamento prevalente contrario all'interpretazione adottata;c) la necessità di tutelare uno o più principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche». Secondo l'Adunanza Plenaria questa conclusione sarebbe coerente con la giurisprudenza comunitaria, secondo la quale anche la Corte di giustizia UE ha il potere di precisare che l'annullamento degli atti delle Ric. 2018 n. 13685 sez. SU - ud. 07-05-2019 -6- istituzioni comunitarie potrebbe non incidere sugli effetti dell'atto annullato che, seppure in casi eccezionali, potrebbero considerarsi definitivi, e con la regola anche nazionale del prospective overruling, consistente «nella possibilità per il giudice di modificare un precedente, ritenuto inadeguato, per tutti i casi che si presenteranno in futuro, decidendo però il caso alla sua immediata cognizione in base alla regola superata» («il principio di diritto affermato, in contrasto con l'orientamento prevalente in passato, non verrà applicato L.] alle situazioni anteriori alla data della decisione»);dunque anche nell'ordinamento interno la portata retroattiva dell'annullamento, seppur costituente la regola, non avrebbe portata assoluta, ma potrebbe essere derogata;infatti anche il giudice amministrativo, sia pure in circostanze assolutamente eccezionali, potrebbe emettere sentenze interpretative che modulino l'efficacia delle decisioni di annullamento dell'atto amministrativo, mediante una parziale limitazione della retroattività degli effetti o la loro decorrenza ex nunc, così limitando la «possibilità per gli interessati di far valere la norma giuridica come interpretata». Avverso questa sentenza la società ERA propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria. Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 70, 73, comma 3, 75, 76 e 77, 101, comma 1, e 111, comma 2, Cost., nonché 10 e 11 delle disposizioni sulla legge in generale, per avere violato i limiti esterni della giurisdizione amministrativa ed invaso la sfera del potere legislativo: il Consiglio di Stato aveva spinto la propria attività esegetica sino al punto di creare un novum jus, cioè una disposizione nuova di diritto transitorio, avendo indicato una decorrenza della entrata in vigore della norma diversa e successiva rispetto a quella prevista dalla legge come interpretata, difformemente dalle norme in materia di produzione, pubblicazione ed entrata in vigore dei testi legislativi, per il dichiarato intento di sopperire alle possibili difficoltà Ric. 2018 n. 13685 sez. SU - ud. 07-05-2019 -7- in cui si sarebbe trovata la pubblica amministrazione nella gestione delle proposte di vincolo precedenti all'entrata in vigore del Codice dei beni culturali e, quindi, allo scopo di tutelare gli interessi dell'amministrazione, pur contrastanti con norme di legge e con le legittime aspettative dei privati. Ed infatti, dopo avere accertato che le norme sulla decadenza, correttamente interpretate, devono applicarsi anche alle proposte di vincolo avanzate prima dell'entrata in vigore del suddetto Codice, nell'anno 2006 ovvero, al più tardi, nell'anno 2008 (quando fu promulgato il decreto correttivo n. 63 del 2008), l'Adunanza Plenaria ha però ritenuto di poter stabilire una diversa data di entrata in vigore di quelle stesse norme, fissando arbitrariamente il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, con l'effetto di abrogare le disposizioni di legge vigenti in materia di decadenza e di disciplinare direttamente e autonomamente i rapporti coinvolti in quelle proposte. Con il secondo motivo la società ERA denuncia violazione degli artt. 24, 111 e 113 Cost., violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 99 c.p.a. ed eccesso di potere giurisdizionale, per avere interpretato la disciplina sostanziale (riguardante la questione se le norme sulla decadenza delle misure di salvaguardia connesse alle proposte di vincolo si applichino anche alle proposte formulate anteriormente al Codice dei beni culturali) in senso astrattamente favorevole alla ricorrente, enunciando un principio di cui, al contempo, aveva escluso l'applicazione al caso specifico, con l'effetto di impedire alla ricorrente di beneficiarne. L'Adunanza Plenaria aveva infatti disposto che gli effetti della sentenza si produrranno dopo il decorso di sei mesi dalla data di pubblicazione della stessa, con conseguente vanificazione dell'accesso alla tutela giurisdizionale che era finalizzato all'annullamento degli atti impugnati. Ad essere stato violato era il principio della natura Ric. 2018 n. 13685 sez. SU - ud. 07-05-2019 -8- dichiarativa dell'interpretazione giurisdizionale, di cui è corollario la necessaria applicazione ex tunc del principio di diritto enunciato, non solo ai rapporti futuri, ma anche a quelli passati che rientrino nell'ambito della portata applicativa delle norme oggetto di interpretazione. L'Adunanza Plenaria si era arrogata il potere, che non aveva, di modulare gli effetti delle decisioni di annullamento e, persino, dello stesso principio di diritto enunciato, il quale non era stato applicato nel giudizio sebbene favorevole all'istante. Il terzo motivo denuncia, in relazione agli artt. 24, 111 e 113 Cost., violazione ed erronea applicazione del principio di prospective rule, che consente al giudice di stabilire che il nuovo orientamento interpretativo si applichi soltanto per il futuro, ad un caso riguardante l'interpretazione di norme sostanziali, mentre, come pacifico anche nella giurisprudenza amministrativa (sono citate le decisioni dell'Adunanza Plenaria n. 9 del 2015 e n. 1 del 2018), esso si riferisce soltanto ai mutamenti interpretativi delle norme regolatrici del processo, al fine di evitare che un atto processuale compiuto da una parte, sebbene conforme al precedente orientamento, sia ritenuto irrituale in base alla nuova regola, con l'effetto di produrre effetti preclusivi incidenti negativamente sul diritto di azione. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 264 T.f.u.e., 34, comma 1, lett. a), 121 e 122 c.p.a., per avere addotto a sostegno del potere di modulazione degli effetti della sentenza l'analogo potere che alla Corte di giustizia è però conferito, in relazione agli atti delle istituzioni comunitarie, da una specifica norma del Trattato, mentre nessuna norma dell'ordinamento interno lo attribuisce al giudice amministrativo;analogamente, un potere generale di modulazione degli effetti della sentenza non è desumibile né dalle disposizioni sul rito degli appalti, che si limitano ad attribuire al giudice il potere di disciplinare gli effetti dell'inefficacia del contratto derivante dall'annullamento dell'aggiudicazione definitiva, Ric. 2018 n. 13685 sez. SU - ud. 07-05-2019 -9- né dalle norme che disciplinano il potere del giudice amministrativo di annullare «in tutto o in parte il provvedimento impugnato». Il Ministero per i Beni, le Attività Culturali e il Turismo ha resistito con controricorso.
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