Cass. civ., SS.UU., sentenza 14/01/2015, n. 477

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

In tema di previdenza complementare, l'art. 10 del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, nel consentire la portabilità della posizione individuale, ossia del trasferimento dei contributi maturati da un dipendente, cessato prima di aver conseguito il diritto alla pensione complementare, verso un fondo cui il medesimo acceda in relazione ad una nuova attività, si applica anche ai fondi pensionistici preesistenti all'entrata in vigore (15 novembre 1992) della legge (delega) 23 ottobre 1992, n. 421, indipendentemente dalle loro caratteristiche strutturali e, quindi, non solo ai fondi a capitalizzazione individuale, ma anche a quelli a ripartizione o a capitalizzazione collettiva, trattandosi di soluzione coerente non solo con il dato letterale della norma, per l'assenza di espressioni idonee a fondare una differenziazione di trattamento, ma anche con la "ratio" dell'intervento, inteso ad assicurare, in conformità ai principi della legge delega, "i più elevati livelli di copertura previdenziale".

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 14/01/2015, n. 477
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 477
Data del deposito : 14 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R F - Primo Presidente f.f. -
Dott. R R - Presidente Sezione -
Dott. D A S - Consigliere -
Dott. B G - Consigliere -
Dott. D C V - Consigliere -
Dott. N V - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. C P - rel. Consigliere -
Dott. D B A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 23535/2010 proposto da:
S C, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLÒ TARTAGLIA 21, presso lo studio dell'avvocato S E, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato G F, per delega in calce al ricorso e per procura speciale del notaio Dott. M M T di Rocca di Papa, rep. 765 del 27/11/2014, in atti;

- ricorrente -

contro
FONDO PENSIONE COMPLEMENTARE PER IL PERSONALE DEL BANCO DI NAPOLI, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell'avvocato DE LUCA T R, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato P T, per delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 7887/2008 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 06/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/12/2014 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

uditi gli avvocati Ettore SABETTA, Giuseppe FERRARO, Paolo TOSI, Mattia PERSIANI per delega dell'avvocato Raffaele De Luca Tamajo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Dott. S Carlo lavorò alle dipendenze della Banca Nazionale delle Comunicazioni spa dal 1 settembre 1995 al 30 settembre 1995 e dal 1 ottobre 1995 al 12 dicembre 1997 alle dipendenze del l'Istituto San Paolo di Torino spa, che aveva incorporato la Banca Nazionale delle Comunicazioni.

2. Quale dipendente di questi istituti bancari fu iscritto al Fondo di previdenza aggiuntiva per il personale della Banca Nazionale delle Comunicazioni e poi al Fondo pensione per il personale già dipendente della BNC presso l'Istituto bancario San Paolo di Torino. Il 12 dicembre 1997 si dimise e vennero meno i requisiti per riscrizione al Fondo.

3. Chiese che la sua posizione previdenziale venisse trasferita alla Cassa Interaziendale di previdenza del personale impiegatizio delle società del gruppo IMI (CASPIE). Il Fondo pensioni BNC trasferì i contributi versati dal lavoratore, ma non anche quelli versati dal datore di lavoro pari a 9/10 dell'intera contribuzione.

4. Il Dott. S convenne in giudizio il Fondo, chiedendo al giudice del lavoro del Tribunale di Roma di ordinare il trasferimento dei contributi versati dal datore di lavoro, maggiorati di interessi legali, al fine ricostituire l'intera posizione previdenziale individuale. Il giudice rigettò la domanda.

5. Il Dott. S propose appello, che venne respinto dalla Corte d'appello di Roma. La Corte ritenne che la domanda non potesse essere accolta, interpretando gli artt. 13 e 14 dello Statuto del Fondo nel senso che riconoscevano il diritto dell'iscritto che cessasse dal rapporto con l'Istituto di chiedete la restituzione dei contributi pagati dallo stesso maggiorati degli interessi oppure, in alternativa, il trasferimento presso altro regime previdenziale, ma non consentisse la restituzione o il trasferimento anche dei contributi versati dal datore di lavoro. La Corte dichiarò inammissibile l'eccezione relativa alla mancata approvazione dello Statuto sollevata dall'appellante, considerandola eccezione nuova proposta per la prima volta soltanto in appello. Rigettò comunque l'appello affermando che "i contributi in questione non avevano natura retributiva, ma previdenziale;
che il D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 10, non ha immediata efficacia precettiva;
che il Fondo
convenuto è un fondo chiuso, cioè non aperto all'adesione di nuovi iscritti dopo l'entrata in vigore dell'art. 10 cit. ed è un fondo a prestazioni definite non legate all'entità dei contributi versati, i quali non affluiscono su posizioni individuali, ma per mutualità generale". Richiamando Cass. 6043 e 7595 del 2008, la Corte d'appello concluse nel senso che a questo genere di fondi non si applica il D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 10, bensì le norme fissate dalle parti costituenti il Fondo ed entro il limiti previsti dal D.Lgs. n. 252 del 2005. 6. Il Dott. S ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Il Fondo pensione complementare per il personale del Banco di Napoli si è difeso con controricorso.

7. Con ordinanza interlocutoria del 28 gennaio 2014 la Sezione lavoro, rilevando che sulla questione oggetto della controversia sussistono all'interno della Corte di cassazione orientamenti diversi, ha rimesso la causa al Primo Presidente, che l'ha assegnata alle Sezioni unite.

8. All'udienza dinanzi alle Sezioni unite entrambe le parti hanno depositato memorie e discusso la controversia.

9. La questione su cui si è determinato il contrasto concerne la portabilità o meno della intera posizione previdenziale del dipendente, comprensiva non solo dei contributi versati dal lavoratore, ma anche di quelli versati dal datore di lavoro, in caso di cessazione dal servizio senza che il dipendente abbia maturato il diritto alla pensione complementare, quando il Fondo pensionistico non sia un fondo a capitalizzazione individuale.
10. Prima di esaminare le posizioni in dissenso e i relativi argomenti è opportuno ricostruire il quadro normativo. 11. Il sistema pensionistico, come è noto, si divide in due grandi settori: la previdenza obbligatoria e quella complementare. La previdenza integrativa o complementare si è progressivamente affiancata a quella obbligatoria. Un passaggio fondamentale è costituito dalla riforma pensionistica del 1992-1993, articolata in una legge delega e una pluralità di decreti legislativi. 12. La legge delega 23 ottobre 1992, n. 421 ristrutturò il sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti privati e pubblici allo scopo, espressamente enunciato, di stabilizzare il rapporto tra spesa previdenziale e prodotto interno lordo e di perseguire le finalità dell'art. 38 della Costituzione. Fissò una serie di principi e criteri direttivi per garantire "trattamenti pensionistici obbligatori omogenei" e "favorire la costituzione, su base volontaria, collettiva o individuale, di forme di previdenza per l'erogazione di trattamenti pensionistici complementari". 13. Con riferimento alla previdenza complementare, l'art. 3, comma 1, lett. v, delegò il governo alla previsione di "più elevati livelli di copertura previdenziale", disciplinando in costituzione, la gestione e la vigilanza di forme di previdenza per l'erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio pubblico.
14. Seguirono i decreti legislativi. Il D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, si occupò della previdenza complementare. Ribadita la finalità
di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale, disciplinò il campo di applicazione, i destinatati, le fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari, la natura giuridica dei Fondi pensione, la composizione dei relativi organi di gestione e di controllo, le prestazioni, i finanziamenti, il trattamento tributario di contributi e prestazioni, funzioni e compiti della commissione di vigilanza. L'art. 10, si occupò della situazione del lavoratore che avesse perso i requisiti per la partecipazione al fondo senza aver ancora maturato il diritto alla pensione complementare. La norma dispone quanto segue: "lo statuto del fondo pensione deve consentire le seguenti opzioni stabilendone misure, modalità e termini per l'esercizio: a) il trasferimento presso altro fondo pensione complementare, cui il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività;
b) il trasferimento ad uno dei fondi di cui all'art. 9 (fondi pensione aperti);
c) il riscatto della posizione individuale". Il secondo comma aggiunge: gli aderenti ai fondi pensione di cui all'art. 9 possono trasferire la posizione individuale corrispondente a quella indicata al comma 1, lett. a), presso il fondo cui il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività. Il comma 3, specifica: gli adempimenti a carico del fondo pensione conseguenti all'esercizio delle opzioni di cui ai commi 1 e 2, debbono essere effettuati entro il termine di sei mesi dall'esercizio dell'opzione.
15.La posizione del ricorrente rientra in questa norma: egli si è dimesso dalla Banca di cui era dipendente quando non aveva ancora maturato il diritto alla pensione complementare ed ha chiesto il trasferimento dei suoi contributi ad un altro fondo. Il fondo convenuto in giudizio ha trasferito i contributi versati dal dipendente, ma non quelli versati dal datore di lavoro, di qui la controversia.
16. Come si è visto, Tribunale e Corte d'appello di Roma hanno rigettato la domanda per quattro ragioni. La prima fa riferimento allo statuto del fondo, il quale, in caso di cessazione dal servizio senza aver maturato il diritto alla pensione, prevede all'art. 13 che il lavoratore "ha diritto ad una somma pari al totale dei contributi pagati dallo stesso" ed all'art. 14 aggiunge che il dipendente, "in alternativa alla percezione diretta del capitale", può chiedere "il trasferimento presso altro regime di previdenza complementare". La seconda è che i contributi non sono trasferibili perché non hanno natura retributiva, ma previdenziale. La terza è che l'art. 10 non avrebbe immediata efficacia precettiva. La quarta si appella alla tesi sostenuta da Cass. n. 6043 e 7595 del 2008 per cui la previsione dell'art. 10 non si applica quando il fondo preesistente sia un fondo a ripartizione.
17. Il ricorso, sebbene articolato in due motivi, censura tutte e quattro queste affermazioni.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi