Cass. civ., sez. II, sentenza 31/07/2020, n. 16515
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso 4504-2016 proposto da: P V, in proprio e in qualità di erede di V M, rappresentato e difeso dall'avvocato D C;
- ricorrente -
contro
PORCASI DOMENICO, PORCASI GASPARE, PORCASI ONOFRIO EGIDIO, EREDI V F M, P E, P M;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1752/2015 della CORTE D'APPELLO di P, depositata il 24/11/2015;.. udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2019 dal Consigliere GPE TEDESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C M che ha concluso per l'inammissibilità e in subordine il rigetto del primo, secondo, quinto e sesto motivo, per il rigetto del terzo e settimo motivo e per l'accoglimento del quarto e ottavo motivo del ricorso;
FATTI DI CAUSA
F M V chiamava in giudizio la sorella M V e i figli di lei V P e E P e con la citazione a comparire davanti al Tribunale di Palermo chiedeva: a) dichiararsi nullo o disporsi l'annullamento del testamento pubblico di O V, comune genitore delle sorelle V, perché era stato estorto con dolo o captazione;
b) dichiararsi di conseguenza aperta la successione legittima di O V in favore delle due figlie M V e F M V;
accertarsi che due atti di compravendita, intercorsi fra il defunto e il nipote E P, simulavano altrettante donazioni in favore del simulato acquirente. In via subordinata l'attrice chiedeva, nei confronti degli stessi convenuti, disporsi la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni in loro favore, essendo le stesse lesive della propria quota riservata. Il tribunale rigettava la domanda principale di nullità o di annullamento del testamento e accoglieva la domanda subordinata: quindi disponeva la riduzione delle disposizioni testamentarie nei confronti di V Maria e P Vno, condannando i convenuti al pagamento della somma di E 33.455,30. Contro la sentenza proponeva appello principale F M V, che censurava la sentenza là dove il primo giudice non aveva accolto la domanda di annullamento del testamento e conseguentemente aveva omesso di dichiarare l'indegnità a succedere di V Maria. Si costituivano M V e V P, proponendo appello incidentale, con il quale deducevano, fra gli altri motivi, la violazione dell'art. 50-bis n. 6 c.p.c. Il tribunale aveva deciso in composizione monocratica una causa di impugnazione di testamento e di riduzione per lesione di legittima, attribuita dalla norma al tribunale in composizione collegiale Eseguita una consulenza tecnica, la causa, interrotta per la V Maria, era riassunta dall'appellante principale nei confronti degli eredi. Quindi la corte d'appello, decidendo sulle reciproche impugnazioni, accoglieva il richiamato motivo dell'appello incidentale e dichiarava la nullità della sentenza di primo grado per l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del tribunale. La corte di merito, decidendo nel merito, rigettava la domanda principale di impugnativa del testamento e accoglieva la domanda subordinata di riduzione, essendo stato accertato, a seguito della indagine tecnica, che le disposizioni testamentarie a favore di M V e V P erano lesive della quota di riserva dell'attrice, determinata sull'intero asse alla luce della indagine tecnica svolta nel grado. Condannava quindi V P, in proprio e quale erede di M V, al pagamento della somma di E 64.0040,66, oltre interessi dalla data di apertura della successione al saldo. Per la cassazione della sentenza V P in proprio e nella qualità ha proposto ricorso sulla base di otto motivi. Il ricorso è stato notificato agli eredi di F M V, D P, G P e O E P, che sono rimasti intimati. Sono altresì rimasti intimati E P e M P, eredi di V Maria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 324, 329, 334, 343 e 346 c.p.c. La Corte d'appello, una volta riscontrato il vizio di costituzione del giudice, avrebbe dovuto esaurire il giudizio con la pronuncia di nullità della sentenza impugnata. Essa invece era andata oltre tale statuizione e aveva poi deciso la causa nel merito, accogliendo la domanda subordinata di riduzione, che non faceva parte della materia controversa in grado d'appello. F M V, infatti, aveva impugnato la decisione di primo grado limitatamente al rigetto della domanda di annullamento del testamento. Il motivo è infondato. «L'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall'art. 50-quater c.p.c. al successivo art. 161, comma 1, c.p.c., un'autonoma causa di nullità della decisione e non una forma di nullità relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza (e, perciò, soggetta al regime di sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione, senza determinare la nullità degli atti che hanno preceduto la sentenza nulla, né produrre l'effetto della rimessione degli atti al primo giudice ove il giudice dell'impugnazione sia anche giudice del merito» (Cass. n. 13907/2014;
n. 16186/2018). «In considerazione dell'effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d'appello e del principio secondo cui le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, con la conseguenza che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non può limitarsi a dichiarare la nullità ma deve decidere nel merito, non può essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d'appello» (Cass. n. 1323/2018;
n. 11537/1996). Discende da tali principi che la decisione della corte d'appello è immune da censure, essendo palesemente infondata la tesi del ricorrente secondo cui l'appello doveva esaurirsi con una pronuncia puramente rescindente (Cass.n. 10744/2019).
2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle stesse norme già denunciate con il primo motivo e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma primo, n. 3, n. 4, n. 5, c.p.c.). Il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la corte di merito ha condannato i convenuti, a titolo di reintegrazione della legittima lesa dalle disposizioni testamentarie in loro favore, al pagamento di una somma superiore a quella stabilita in primo grado, in assenza di impugnazione del relativo capo da parte dell'appellante principale F M V. Si pone in luce che la predetta F M V aveva impugnato solo il rigetto della domanda principale, senza impugnare la misura dell'accoglimento dell'azione di riduzione. La corte d'appello, quindi, non poteva determinare la lesione in misura superiore. Il motivo, coordinato al motivo precedente, è parimenti infondato. La censura sottintende la tesi che il giudice d'appello, una volta dichiarata la nullità della sentenza di primo grado, non
- ricorrente -
contro
PORCASI DOMENICO, PORCASI GASPARE, PORCASI ONOFRIO EGIDIO, EREDI V F M, P E, P M;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1752/2015 della CORTE D'APPELLO di P, depositata il 24/11/2015;.. udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2019 dal Consigliere GPE TEDESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C M che ha concluso per l'inammissibilità e in subordine il rigetto del primo, secondo, quinto e sesto motivo, per il rigetto del terzo e settimo motivo e per l'accoglimento del quarto e ottavo motivo del ricorso;
FATTI DI CAUSA
F M V chiamava in giudizio la sorella M V e i figli di lei V P e E P e con la citazione a comparire davanti al Tribunale di Palermo chiedeva: a) dichiararsi nullo o disporsi l'annullamento del testamento pubblico di O V, comune genitore delle sorelle V, perché era stato estorto con dolo o captazione;
b) dichiararsi di conseguenza aperta la successione legittima di O V in favore delle due figlie M V e F M V;
accertarsi che due atti di compravendita, intercorsi fra il defunto e il nipote E P, simulavano altrettante donazioni in favore del simulato acquirente. In via subordinata l'attrice chiedeva, nei confronti degli stessi convenuti, disporsi la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni in loro favore, essendo le stesse lesive della propria quota riservata. Il tribunale rigettava la domanda principale di nullità o di annullamento del testamento e accoglieva la domanda subordinata: quindi disponeva la riduzione delle disposizioni testamentarie nei confronti di V Maria e P Vno, condannando i convenuti al pagamento della somma di E 33.455,30. Contro la sentenza proponeva appello principale F M V, che censurava la sentenza là dove il primo giudice non aveva accolto la domanda di annullamento del testamento e conseguentemente aveva omesso di dichiarare l'indegnità a succedere di V Maria. Si costituivano M V e V P, proponendo appello incidentale, con il quale deducevano, fra gli altri motivi, la violazione dell'art. 50-bis n. 6 c.p.c. Il tribunale aveva deciso in composizione monocratica una causa di impugnazione di testamento e di riduzione per lesione di legittima, attribuita dalla norma al tribunale in composizione collegiale Eseguita una consulenza tecnica, la causa, interrotta per la V Maria, era riassunta dall'appellante principale nei confronti degli eredi. Quindi la corte d'appello, decidendo sulle reciproche impugnazioni, accoglieva il richiamato motivo dell'appello incidentale e dichiarava la nullità della sentenza di primo grado per l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del tribunale. La corte di merito, decidendo nel merito, rigettava la domanda principale di impugnativa del testamento e accoglieva la domanda subordinata di riduzione, essendo stato accertato, a seguito della indagine tecnica, che le disposizioni testamentarie a favore di M V e V P erano lesive della quota di riserva dell'attrice, determinata sull'intero asse alla luce della indagine tecnica svolta nel grado. Condannava quindi V P, in proprio e quale erede di M V, al pagamento della somma di E 64.0040,66, oltre interessi dalla data di apertura della successione al saldo. Per la cassazione della sentenza V P in proprio e nella qualità ha proposto ricorso sulla base di otto motivi. Il ricorso è stato notificato agli eredi di F M V, D P, G P e O E P, che sono rimasti intimati. Sono altresì rimasti intimati E P e M P, eredi di V Maria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 324, 329, 334, 343 e 346 c.p.c. La Corte d'appello, una volta riscontrato il vizio di costituzione del giudice, avrebbe dovuto esaurire il giudizio con la pronuncia di nullità della sentenza impugnata. Essa invece era andata oltre tale statuizione e aveva poi deciso la causa nel merito, accogliendo la domanda subordinata di riduzione, che non faceva parte della materia controversa in grado d'appello. F M V, infatti, aveva impugnato la decisione di primo grado limitatamente al rigetto della domanda di annullamento del testamento. Il motivo è infondato. «L'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall'art. 50-quater c.p.c. al successivo art. 161, comma 1, c.p.c., un'autonoma causa di nullità della decisione e non una forma di nullità relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza (e, perciò, soggetta al regime di sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione, senza determinare la nullità degli atti che hanno preceduto la sentenza nulla, né produrre l'effetto della rimessione degli atti al primo giudice ove il giudice dell'impugnazione sia anche giudice del merito» (Cass. n. 13907/2014;
n. 16186/2018). «In considerazione dell'effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d'appello e del principio secondo cui le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione, con la conseguenza che il giudice di secondo grado investito delle relative censure non può limitarsi a dichiarare la nullità ma deve decidere nel merito, non può essere denunciato in cassazione un vizio della sentenza di primo grado ritenuto insussistente dal giudice d'appello» (Cass. n. 1323/2018;
n. 11537/1996). Discende da tali principi che la decisione della corte d'appello è immune da censure, essendo palesemente infondata la tesi del ricorrente secondo cui l'appello doveva esaurirsi con una pronuncia puramente rescindente (Cass.n. 10744/2019).
2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle stesse norme già denunciate con il primo motivo e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma primo, n. 3, n. 4, n. 5, c.p.c.). Il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la corte di merito ha condannato i convenuti, a titolo di reintegrazione della legittima lesa dalle disposizioni testamentarie in loro favore, al pagamento di una somma superiore a quella stabilita in primo grado, in assenza di impugnazione del relativo capo da parte dell'appellante principale F M V. Si pone in luce che la predetta F M V aveva impugnato solo il rigetto della domanda principale, senza impugnare la misura dell'accoglimento dell'azione di riduzione. La corte d'appello, quindi, non poteva determinare la lesione in misura superiore. Il motivo, coordinato al motivo precedente, è parimenti infondato. La censura sottintende la tesi che il giudice d'appello, una volta dichiarata la nullità della sentenza di primo grado, non
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