Cass. civ., sez. I, ordinanza 05/09/2022, n. 26133

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, ordinanza 05/09/2022, n. 26133
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26133
Data del deposito : 5 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

di fatto;
giudicato interno;
novità della domanda in appello;
art. 112 cod. proc. civ.;
confessione;
spese Dott. A S Presidente Dott. L A Consigliere Dott. C C Consigliere Dott. Luigi D’Orazio Consigliere Ud. 13/7/2022CC Cron. R.G.N. 11368/2017 Dott. R A Consigliere - Rel. ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso n. 15842-2018 r.g. proposto da: CEGLIA GIANGRAZIO (cod. fisc. CGLGGR47P17A225G ), MANFREDI GIUSEPPE (cod. fisc. MNFGPP58H01A225W), LOPORCARO ROSA (cod. fisc. LPRRSO48A42A225N), M FRANCESCA (cod. fisc. MTR FNC62M70A225J), tuttirappresentatie difesi, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato P D , con cui elettivamente domicilia in Roma, Via Muzio Clementi n. 9 , presso lo studio dell’Avvocato G R.

- ricorrente -

contro

C M (cod. fisc. CMD MRC 59H16A225R ), e MERCADANTE MARIA GIUSEPPA (cod. fisc. MRCMGS58R58A225C), rappresentatie difesi, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dagli Avvocati P C e G G, con i quali elettivamente domiciliano in Roma, allaVia Scandriglia n. 7 , presso lo studio de i difensori.controricorrenti e ricorrenti incidentali -

contro

INCAMPO INNOCENZO e C R - intimat i - avverso la sentenza della Corte di appello di Bari , depositata in data 15.3.2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/7/2022 dal Consigliere dott. R A;

RILEVATO CHE

1.C M- assumendo di aver costituito , sin dal mese di gennaio del 1982, con i suoi colleghi I I, M G e C G, una società di fatto con pari partecipazione, convenzionalmente denominata “Impresa Edile I I” (apparendo, così, una ditta individuale) e che i soci avevano assunto la qualità fittizia di dipendenti della predetta ditta individuale - evocò in giudizio i soci per sentir dichiarare l’esistenza di una società di fatto tra gli stessi e per la determinazione giudiziale della sua quota pari al 25% dell’intera compagine societaria.

2. Il Tribunale di Bari, sez. di Altamura, con la sentenza depositata in data 17 marzo 2015, rigettò la domanda così proposta.

3. Proposto gravame da parte dei coniugi Comodo e Mercadante avverso la predetta sentenza di primo grado, la Corte di appello di Bari ha accolto l’appello così proposto e, in riforma della sentenza di primo grado , ha accertato l’esistenza di una società di fatto tra I I, Comodo Marco, C G e M G, tutti soci al 25% ciascuno del capitale sociale,e ha condannato I I, C G e M G in solido al pagamento in favore della controparte dell’importo di euro 58.696 a titolo diliquidazione della quota sociale. La corte del merito ha ritenuto che: a) la dichiarazione datata 16.1.1989, a firma I I- prodott a in primo grado dal Comodo e rivelat a si, dopo la consulenza grafologica , autentic a - avrebbe dovuto ritenersi elemento probatorio di per sé solo sufficiente a ritenere provata la dissimulazione della società, costituendo, peraltro, le dichiarazioni testimonialidel commercialista della società ulteriori elementi di riscontro in ordine all’esistenza del vincolo sociale;
b) il contenuto della predetta dichiarazione costituiva invero dichiarazione confessoria, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità (Cass. ss.uu. 7381/2013), risultando evidente che, nella fattispecie in esame, il Comodo, nel conferire sostanzialmente all’uso sociale la sua quota di un bene immobile e nell’accettare di intestare fittiziamente la società al solo Incampo, aveva preteso da quest’ultimo una controdichiarazione che era stata resa nel documento sopra ricordato e acquisito in giudizio;
c) la dichiarazione così rilasciata dall’Incampo consentiva di ravvedere sia l’elemento soggettivo del riconoscimento di un fatto a sé sfavorevole sia l’elemento oggettivo del concreto pregiudizio al dichiarante conseguente al contenuto della dichiarazione, compendiandosi quest’ultimanel riconoscere che il patrimonio sociale non era di esclusiva proprietà del dichiarante ma anche del Comodo e degli altri soci;
d) le dichiarazioni rilasciate dalle parti nonché quelle dei testi “clienti” dell’impresa non incidevano in modo significativo sul convincimento giudiziale;
e) maggior rilievo probatorio doveva invece essere riconosciuto alle dichiarazioni rese dal commercialista che aveva dichiarato di aver assistito agli accordi per la costituzione della società e di aver, in numerose occasioni , sentito i soci riconoscerne l’esistenza e peraltro di volerne condividere gli utili;
g) in termini squisitamente civilistici il riconoscimento della fittizietà dei rapporti di lavoro con i soci, già peraltro dichiarata dal primo giudice, costituiva ulteriore conferma del vincolo societario;
h) anche la disponibilità del terreno (cointestato tra soci e mogli) -fornita dai soci a titolo gratuito alla società - rappresentava ulteriore indice probatorio a conferma dell ’ esistenza della societàstessa;
i) al riconoscimento di quest’ultima conseguiva l’affermazione del diritto del socio attore ad ottenere la liquidazione del valore della quota pari al 25% del valore del capitale sociale.

2. La sentenza, pubblicata il 15. 3.2018 , è stata impugnata da CEGLIA GIANGRAZIO, MANFREDI GIUSEPPE, LOPORCARO ROSA, MFRANCESCA con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui C M e MERCADANTE MARIA GIUSEPPA hannoresistito con controricorso, con il quale hanno proposto anche ricorso incidentale. I controricorrenti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO CHE

1.Con il primo motivo i ricorrenti lamenta no , ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione alle preclusioni formatesi per il giudicato interno. Osservano i ricorrenti che il giudice di prima istanza aveva rigettato la domanda di accertamento della società di fatto, come proposta dal Comodo e articolata nel petitume non già -come capziosamente dedotto nell’atto di appello-in termini di “declaratoria di società occulta”. Si evidenzia che dal raffronto testuale tra la statuizione impugnata (che aveva risolto una questione avente una propria individualità ed autonomia) ed i proposti motivi di gravamesarebbe emerso che la sentenza di primo grado, sul punto deciso (inesistenzadella società di fatto), non sarebbe stata fatta oggetto di specifica impugnazione, avendo invece i motivi di gravame indirizzato l’indagine della Corte territoriale sulla pretesa esistenza di una società dissimulata ed occulta (domanda neanche proposta in via gradata in prime cure) e sulla richiesta, anch’essa nuova ed inammissibile, di declaratoria della “simulazione”di ciò che appariva (come ditta individuale) , come tale volta a mettere in luce il negozio dissimulato e societario, situazione quest’ultima sostanzialmente autonoma e diversa rispetto a quella azionata con la domanda in primo grado. Si osservaancora che in grado di appello si sarebbe introdotto un tema di indagine diverso dall’esteriorizzazione di un preteso rapporto sociale che investiva, invece , la pretesa simulazione del rapporto apparente e esteriorizzato (ditta individuale e rapporto di lavoro), dissimulante una società occulta nellaquale, invece, non vi sarebbe statospazio per una forma di esteriorizzazione del rapporto sociale che, per patto, avrebbe dovuto rimanere occulto e segreto (e dunque una questione relativa, in realtà, alla dissimulazione di una pretesa società occulta). Stante il difetto di equivalenza tra società di fatto e società occulta – aggiungono i ricorrenti – sarebbe, pertanto, risultataevidente, rispetto alla statuizione del giudice di prime cure, la formazione di un giudicato interno in relazione a quest’ultima statuizione giurisdizionale.
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