Cass. pen., sez. III, sentenza 09/09/2021, n. 33447
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da M M nata a Trento il 19/11/1979;
avverso la ordinanza del 27/08/2020 del tribunale di Trento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere G N;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale E P che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. lette le conclusioni del difensore della ricorrente, avv.to G S M, che ha insisitito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 27 agosto 2020, il Tribunale di Trento, adito quale giudice dell'esecuzione, ha respinto l'opposizione avverso il rigetto dell'istanza di revoca della confisca di un immobile, formulata da M M, consorte dell'imputato C N.
2. Avverso la predetta sentenza, M M, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo tre motivi di impugnazione.
3. Rappresenta, con il primo, la violazione dell'art.606 lett.b) c.p.p. per erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 240 c.p., 12 bis dlgs. n.74 del 2000 nonché artt. 25 comma 2, 27 e 117 Cost. con riferimento all'art. 7 CEDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU. Atteso che le predette disposizioni fanno salve le posizioni dei terzi di buona fede, il tribunale avrebbe dovuto limitare il valore della confisca salvando la porzione di immobile confiscato che, dall'origine, apparteneva alla ricorrente. Inoltre, il tribunale avrebbe interpretato in termini di presunzione assoluta la disponibilità del reo su beni di proprietà del coniuge. Si osserva altresì come in presenza di un terzo estraneo al reato, la confisca che lo coinvolga darebbe luogo alla violazione degli artt. 25 comma 2 e 117 Cost. con riferimento all'art. 7 della CEDU. Tanto premesso, si rappresenta come la ricorrente, in regime di separazione dei beni, sia divenuta, ricorrendo ad autonome risorse finanziarie specificamente illustrate e dimostrate, bancarie o di provenienza dai propri genitori, aggiudicataria dell'immobile confiscato, a seguito di procedura esecutiva civile già instauratasi nel 2015, allorquando il 14 marzo 2016 si dispose il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti del coniuge. Si osserva quindi, che diversamente da quanto sostenuto dal p.m. in sede di esecuzione, non vi sarebbero validi elementi per ritenere la ricorrete "non estranea" ai fatti ascritti all'imputato, per cui la stessa subirebbe gli effetti di una confisca in realtà operante contro un soggetto che non ha partecipato al reato di riferimento, non se ne è avvantaggiato e non ha realizzato alcuna operazione fittizia. E si osserva come la stessa Suprema Corte, con sentenza n. 37128 del 2017, ha rilevato la qualità di proprietaria dell'immobile in capo alla ricorrente e a seguito della citata aggiudicazione. Il tribunale avrebbe, in conclusione, trascurato le allegazioni dimostrative dell'autonomo acquisto, in via esecutiva, dell'immobile, a supporto della tesi della legittimità ed estraneità del bene rispetto alla disponibilità del reo. In ogni caso, la misura ablatoria avrebbe dovuto essere ridotta del 50% in favore della ricorrente, trattandosi di immobile che già all'epoca del sequestro preventivo era in comproprietà tra il reo e la ricorrente.
4. Con il secondo motivo deduce il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p. per carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, risultante da atti del processo, relativamente alla ritenuta presunzione assoluta d'interposizione fittizia del coniuge nel godimento di beni dell'altro coniuge nonché relativamente ai flussi economici utilizzati per l'acquisto del bene. L'intervenuto regime di separazione dei beni e la disponibilità di autonome risorse da parte della ricorrente connoterebbero significativamente l'aggiudicazione dell'immobile in favore della istante. Con superamento quindi della ritenuta disponibilità dell'immobile in capo al ricorrente. cosicchè sarebbe stata scardinata l'affermazione con cui era stata respinta la richiesta di restituzione in sede di esecuzione, secondo la quale parte delle somme utilizzate per l'aggiudicazione sarebbero riferibili all'imputato. E quindi tale tema sarebbe stato affrontato dal tribunale in modo avulso dai dati processuali, non presi in considerazione, e rispetto ai quali il giudice adito avrebbe in sostanza sostenuto la esistenza di una prova circa la provenienza delle somme utilizzate da parte dell'imputato, che invece sarebbe assente. E così anche con riferimento ad acrobazie finanziarie di cui pure non vi sarebbe traccia. In ultima analisi, si sarebbe perseguita una nozione di presunzione assoluta della disponibilità in capo all'imputato dei beni del coniuge, frutto di errata interpretazione della norma oltre che di una motivazione apparente.
5. Con il terzo motivo, rappresenta il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. per
avverso la ordinanza del 27/08/2020 del tribunale di Trento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere G N;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale E P che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. lette le conclusioni del difensore della ricorrente, avv.to G S M, che ha insisitito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 27 agosto 2020, il Tribunale di Trento, adito quale giudice dell'esecuzione, ha respinto l'opposizione avverso il rigetto dell'istanza di revoca della confisca di un immobile, formulata da M M, consorte dell'imputato C N.
2. Avverso la predetta sentenza, M M, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione deducendo tre motivi di impugnazione.
3. Rappresenta, con il primo, la violazione dell'art.606 lett.b) c.p.p. per erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 240 c.p., 12 bis dlgs. n.74 del 2000 nonché artt. 25 comma 2, 27 e 117 Cost. con riferimento all'art. 7 CEDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU. Atteso che le predette disposizioni fanno salve le posizioni dei terzi di buona fede, il tribunale avrebbe dovuto limitare il valore della confisca salvando la porzione di immobile confiscato che, dall'origine, apparteneva alla ricorrente. Inoltre, il tribunale avrebbe interpretato in termini di presunzione assoluta la disponibilità del reo su beni di proprietà del coniuge. Si osserva altresì come in presenza di un terzo estraneo al reato, la confisca che lo coinvolga darebbe luogo alla violazione degli artt. 25 comma 2 e 117 Cost. con riferimento all'art. 7 della CEDU. Tanto premesso, si rappresenta come la ricorrente, in regime di separazione dei beni, sia divenuta, ricorrendo ad autonome risorse finanziarie specificamente illustrate e dimostrate, bancarie o di provenienza dai propri genitori, aggiudicataria dell'immobile confiscato, a seguito di procedura esecutiva civile già instauratasi nel 2015, allorquando il 14 marzo 2016 si dispose il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti del coniuge. Si osserva quindi, che diversamente da quanto sostenuto dal p.m. in sede di esecuzione, non vi sarebbero validi elementi per ritenere la ricorrete "non estranea" ai fatti ascritti all'imputato, per cui la stessa subirebbe gli effetti di una confisca in realtà operante contro un soggetto che non ha partecipato al reato di riferimento, non se ne è avvantaggiato e non ha realizzato alcuna operazione fittizia. E si osserva come la stessa Suprema Corte, con sentenza n. 37128 del 2017, ha rilevato la qualità di proprietaria dell'immobile in capo alla ricorrente e a seguito della citata aggiudicazione. Il tribunale avrebbe, in conclusione, trascurato le allegazioni dimostrative dell'autonomo acquisto, in via esecutiva, dell'immobile, a supporto della tesi della legittimità ed estraneità del bene rispetto alla disponibilità del reo. In ogni caso, la misura ablatoria avrebbe dovuto essere ridotta del 50% in favore della ricorrente, trattandosi di immobile che già all'epoca del sequestro preventivo era in comproprietà tra il reo e la ricorrente.
4. Con il secondo motivo deduce il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p. per carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, risultante da atti del processo, relativamente alla ritenuta presunzione assoluta d'interposizione fittizia del coniuge nel godimento di beni dell'altro coniuge nonché relativamente ai flussi economici utilizzati per l'acquisto del bene. L'intervenuto regime di separazione dei beni e la disponibilità di autonome risorse da parte della ricorrente connoterebbero significativamente l'aggiudicazione dell'immobile in favore della istante. Con superamento quindi della ritenuta disponibilità dell'immobile in capo al ricorrente. cosicchè sarebbe stata scardinata l'affermazione con cui era stata respinta la richiesta di restituzione in sede di esecuzione, secondo la quale parte delle somme utilizzate per l'aggiudicazione sarebbero riferibili all'imputato. E quindi tale tema sarebbe stato affrontato dal tribunale in modo avulso dai dati processuali, non presi in considerazione, e rispetto ai quali il giudice adito avrebbe in sostanza sostenuto la esistenza di una prova circa la provenienza delle somme utilizzate da parte dell'imputato, che invece sarebbe assente. E così anche con riferimento ad acrobazie finanziarie di cui pure non vi sarebbe traccia. In ultima analisi, si sarebbe perseguita una nozione di presunzione assoluta della disponibilità in capo all'imputato dei beni del coniuge, frutto di errata interpretazione della norma oltre che di una motivazione apparente.
5. Con il terzo motivo, rappresenta il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. per
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