Cass. pen., sez. VI, sentenza 11/09/2024, n. 42941
Sentenza
11 settembre 2024
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11 settembre 2024
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Massime • 1
Non è configurabile il delitto di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, di cui all'art. 391-ter cod. pen., nel caso in cui sia introdotta in un istituto penitenziario, da parte di persona ammessa ai colloqui con un detenuto, una scheda SIM, non essendo consentita l'interpretazione analogica della norma incriminatrice, in ragione dei principi della riserva di legge e di determinatezza della fattispecie.
Sul provvedimento
Testo completo
42941-26 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE Composta da Sent. n. sez. 1099/2024 -Presidente - Gaetano De Amicis UP 11/09/2024- Massimo Ricciarelli R.G.N. 18154/2024 Angelo Capozzi Martino Rosati Debora Tripiccione Relatore - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: Procuratore Generale presso la Corte di appello di Campobasso nel procedimento a carico di NG SA nata a [...] il [...] avverso la sentenza emessa il 15 maggio 2023 dal Tribunale di Campobasso visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Consigliere Debora Tripiccione;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale SA Ceniccola, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
lette le richieste del difensore, Avv. Carmelo Scalfati, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Campobasso propone ricorso immediato per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso che ha assolto SA NG dal reato di cui all'art. 391-ter cod. pen. Con un unico motivo deduce il vizio di violazione di legge in relazione alla erronea esclusione della configurabilità del reato, nonostante l'imputata abbia introdotto in carcere, dove si era recata per effettuare un colloquio con il compagno ivi detenuto, una scheda SIM a lei intestata, occultata nel reggiseno. Sostiene il ricorrente che, sulla base di una interpretazione teleologica e logica dell'art. 391-ter cod. pen., introdotto dal legislatore per arginare il fenomeno dell'introduzione in carcere di apparecchi cellulari, deve ritenersi che nella nozione di "dispositivo idoneo alla comunicazione" rientra anche la scheda SIM senza la quale un dispositivo mobile non potrebbe funzionare. Si sostiene, inoltre, che una diversa interpretazione renderebbe prive di sanzione penale condotte consistenti nell'introduzione in carcere, in tempi diversi, di parti di dispositivi mobili che, una volta ricomposti dal detenuto, potrebbero essere impiegati per la comunicazione con l'esterno.
2. Il Procuratore Generale ha depositato una requisitoria scritta in cui, nel concludere per l'accoglimento del ricorso, ha evidenziato, tra l'altro, che la norma incriminatrice si riferisce ad apparecchi telefonici e altri dispositivi idonei a effettuare comunicazioni, senza precisare in alcun modo se tali strumenti debbano, di per sé soli, consentire la comunicazione o meno, nonché senza distinguere lo strumento, nella sua interezza, dalle sue parti. Sulla base di tali argomenti, si sostiene che anche la scheda SIM deve considerarsi un dispositivo idoneo a consentire la comunicazione. Si rileva, infine, che, ove si pervenisse a diversa conclusione, si escluderebbe la configurabilità del reato nel caso in cui venisse messo nella disponibilità di una persona detenuta un apparecchio telefonico privo di scheda SIM.
3. Il difensore dell'imputata, nel concludere per l'inammissibilità del ricorso, ha, in particolare, dedotto che il ricorso propone una suggestiva interpretazione della norma incriminatrice in aperta violazione del principio di tassatività e dei lavori preparatori, che così descrivono la condotta incriminata: «Per le ragioni esposte, con la presente proposta di legge si intende introdurre nel codice penale un reato specifico per punire le condotte illecite di introduzione, possesso e utilizzo di apparecchi radiomobili o altri apparati idonei per le comunicazioni con l'esterno 2 all'interno degli istituti penitenziari, al fine di prevenire e di contrastare tali condotte e, soprattutto, di garantire una maggiore sicurezza all'interno delle carceri, in modo da evitare che il loro dilagare possa arrecare pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico». CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito esposte.
2. Il reato di cui all'art. 391-ter cod. pen. (Accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti) è stato introdotto dall'art. 9 d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 173, nell'ambito dei delitti contro l'autorità delle decisioni giudiziarie. La norma prevede che, fuori dei casi disciplinati dall'art. 391-bis (Agevolazione delle comunicazioni dei detenuti sottoposti a regime detentivo differenziato ai sensi dell'art. 41-bis ord. pen. in elusione delle relative prescrizioni), chiunque indebitamente procura a un detenuto un apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo ad effettuare comunicazioni o comunque consente a costui l'uso indebito dei predetti strumenti o introduce in un istituto penitenziario uno dei predetti strumenti al fine di renderlo disponibile a una persona detenuta è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni (primo comma). Viene sanzionata nella medesima misura anche la condotta del detenuto che riceve o utilizza tale dispositivo, salvo che il fatto non costituisca un più grave reato (terzo comma). Il secondo comma contempla, infine, quale circostanza aggravante ad effetto speciale, l'ipotesi in cui il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense.
2.1. Secondo quanto emerge dai lavori preparatori, l'introduzione di tale fattispecie criminosa risponde all'esigenza di contrastare le comunicazioni con l'esterno, diverse da quelle specificamente autorizzate, da parte dei detenuti sottoposti a regime detentivo ordinario. Da un primo esame della disposizione emerge che l'intervento penalistico è stato interpretato come risposta all'endemico fenomeno dell'introduzione in carcere di apparecchi cellulari, essendo risultata non praticabile, sia da un punto di vista tecnico che economico, l'alternativa soluzione di attuare una "schermatura" degli istituti penitenziari. 3 A fronte di tale ratio dell'intervento normativo, in dottrina si è sostenuto che il bene giuridico tutelato dalla