Cass. pen., sez. II, sentenza 22/05/2023, n. 22027

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 22/05/2023, n. 22027
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22027
Data del deposito : 22 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: DE MAGISTRIS ROBERTO nato a VERBANIA il 17/06/1953 TIRAMANI PAOLO nato a BORGOSESIA il 25/04/1983 MONTARULI AUGUSTA nato a TORINO il 14/09/1983 VALLE ROSANNA nato a TORINO il 09/04/1954 CANTORE DANIELE nato a TORINO il 12/01/1954 COTA ROBERTO nato a NOVARA il 13/07/1968 avverso la sentenza del 14/12/2021 della Corte d'appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere S D P;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale A C, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso proposto nell'interesse di C D e rigettarsi i restanti ricorsi;
udita l'Avv. F R, in sostituzione degli Avv. C G e G L, nell'interesse di D M R, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
udito l'Avv. S D, nell'interesse di T P, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
udito l'Avv. G C A, nell'interesse di M A, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
udita l'Avv. M L, nell'interesse di V R, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
udito l'Avv. A C, nell'interesse di C D, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso;
uditi gli Avv. G C A e D A, nell'interesse di C R, che hanno concluso chiedendo accogliersi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Torino, con la sentenza impugnata in questa sede, decidendo all'esito del giudizio di rinvio disposto con la sentenza di annullamento della Corte di Cassazione del 18 novembre 2019, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino in data 7 ottobre 2016, nei confronti di D M R, T P, M A, V Roberta e C R, affermando la responsabilità dei predetti in accoglimento dell'appello della parte pubblica, nonché nei confronti di C D, confermando il giudizio di responsabilità in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti nella qualità di consiglieri regionali della Regione Piemonte per aver concorso, unitamente ai rispettivi capi gruppo consiliari, nei fatti di peculato riguardanti il rimborso di spese non inerenti le attività del rispettivo gruppo consiliare, determinando il relativo trattamento sanzionatorio.

2. Per quanto rileva in questa sede, la Corte d'appello di Torino con la sentenza in data 24 luglio 2018 - a fronte della pronuncia di assoluzione da parte del giudice di primo grado degli imputati D M R, T P, M A, V Roberta e C R in relazione alle imputazioni loro ascritte di peculato - aveva riconosciuto la responsabilità dei predetti imputati ravvisando nelle condotte dei singoli consiglieri regionali gli estremi del contestato delitto, sulla scorta della ricostruzione del sistema dei rimborsi e della natura delle spese indebitamente sostenute. Proposto ricorso in sede di legittimità, la ricordata sentenza della Corte di Cassazione aveva annullato le statuizioni di condanna unicamente in relazione al profilo riguardante la prova, negli episodi contestati ai singoli consiglieri, del concorso dei rispettivi capigruppo così come indicato nelle imputazioni, nonché del corrispondente elemento soggettivo, rigettando o dichiarando inammissibili gli stessi ricorsi in ordine alle altre questioni poste a base delle impugnazioni. In particolare, la sentenza rescindente aveva rilevato che i dati utilizzati dalla Corte territoriale - il regolamento di cui si era dotato il gruppo consiliare;
l'assenza di meccanismi di verifica delle richieste di rimborso;
l'ampiezza dei rimborsi consentiti;
la responsabilità del capogruppo desumibile dalla sentenza di patteggiamento con cui aveva definito la propria posizione - non fossero sicuramente idonei a sostenere il giudizio sulla sussistenza della prova del concorso, in quanto compatibili anche con scenari differenti (attestanti, al più, un difetto di diligenza da parte del capogruppo nel non aver predisposto i necessari controlli, senza alcuna volontà di favorire i singoli consiglieri). Aveva, quindi, affidato al giudice del rinvio il nuovo esame di tale profilo, richiamando altresì l'obbligo di adottare la necessaria motivazione rafforzata atteso il ribaltamento del verdetto assolutorio di primo grado.

3. Hanno proposto ricorso per cassazione le difese degli imputati deducendo i motivi di ricorso così riassunti.

4. I difensori di D M R hanno dedotto, con il primo motivo, violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione all' art. 627, comma 3, cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, in riferimento all'affermata sussistenza del concorso nel contestato reato di peculato del ricorrente e del capogruppo consiliare del gruppo Lega Nord M C. La Corte territoriale aveva replicato il percorso motivazionale già censurato dalla Corte di Cassazione, poiché il riferimento alla condotta attribuibile a ciascuno dei concorrenti (il capogruppo consiliare e l'odierno ricorrente), da collocare nell'ambito di un accordo condiviso, avrebbe imposto l'accertamento del relativo dolo diretto sulla base di elementi diversi da quelli già indicati nella sentenza annullata (e ritenuti inidonei per la dimostrazione dell'elemento soggettivo, come specificato nella sentenza rescindente). In particolare, la Corte d'appello aveva fatto leva sul contenuto della sentenza di patteggiamento del C, sulla formazione collegiale del regolamento interno sui rimborsi, in termini generici ed ampi, sulla sistematicità dei rimborsi richiesti, sull'inadeguatezza dei controlli, elementi tutti già valutati dalla sentenza di annullamento come inidonei e insufficienti per dimostrare il dolo del concorrente. Inoltre, anche l'opzione riguardante la possibilità di accertare in capo al capogruppo consiliare un atteggiamento riconducibile alla categoria del dolo eventuale era stata valutata in modo errato, in ragione del contenuto dell'esame reso dal coimputato patteggiante da cui emergeva un quadro di negligenza e leggerezza, del tutto incompatibile con la prospettazione del dolo eventuale (semmai, al contrario, coerente con l'apprezzamento di una condotta colposa, pur se aggravata dalla previsione dell'evento).

4.1. Con il secondo motivo i difensori deducono violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in riferimento all' art. 627, comma 2 e 3, in relazione all'art. 603, comma 3 bis, cod. proc. pen.;
la Corte territoriale, pur valutando le dichiarazioni delle testimoni Verganno e M, e ritenendole inattendibili, non aveva proceduto alla rinnovazione della prova dichiarativa richiesta da altro difensore, trattandosi di prova decisiva per apprezzare l'elemento soggettivo dei consiglieri in termini di colpa e non di atteggiamento doloso.

4.2. Con il terzo motivo si segnala l'errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata in cui mancava l'indicazione dell'avvenuta concessione dei doppi benefici di legge, come indicato nel dispositivo letto in udienza.

5. Il difensore di V R ha dedotto, con il primo motivo, violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione all' art. 627, comma 3, cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, mancante del carattere "rafforzato" richiesto in ragione del contenuto della sentenza di annullamento della Corte di Cassazione. La sentenza impugnata, pur a fronte di autonome e distinte imputazioni (capi 52 e 54), aveva adottato i medesimi argomenti a sostegno della propria motivazione così mancando di specificare gli elementi di prova del concorso nei singoli reati di peculato;
aveva fatto richiamo alla portata probatoria della sentenza di patteggiamento con cui i capigruppo avevano definito le rispettive posizioni (elemento non dirimente quanto alla prova del dolo, attesa la pluralità di contestazioni comprese nell'accusa oggetto di accordo con la parte pubblica), così come alla loro valenza confessoria, già smentita dalla sentenza rescindente (oltre che dal dato fattuale riguardante la sentenza emessa nei confronti del capogruppo B, relativa a fatti avvenuti nella precedente consiliatura);
era stata richiamata la "formulazione collegiale del regolamento", strumento generico e privo di specifici controlli, che avrebbe reso possibile la prassi dei rimborsi richiesti in assenza di qualsivoglia controllo, unitamente al dato della sistematicità delle spese sostenute e richieste a rimborso, fattore che era già stato valutato come inidoneo a dimostrare, oltre che il dolo del soggetto richiedente, anche quello del capogruppo;
del tutto pretermessa risultava l'analisi dell'elemento soggettivo, alla luce dei plurimi elementi dichiarativi che consentivano di apprezzare un mero difetto di diligenza da parte del capogruppo, che pur si era attivato per affidare i controlli alla segreteria del gruppo consiliare;
anche per l'imputazione relativa ai fatti contestati in concorso con il capogruppo B, la motivazione era carente poiché dai risultati dell'istruttoria risultava smentita l'ipotesi dell'assenza di controlli disposti dal capogruppo sulle richieste inoltrate dai consiglieri, di cui avevano invece riferito testimoni indicati nella sentenza di primo grado (teste Bosco).

5.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione agli artt. 603, comma 3 bis, 627, comma 2 e 3 cod. proc. pen.;
la sentenza impugnata, per quanto concerne l'imputazione di cui al capo 54), pur in difetto dell'esito della rinnovazione istruttoria (essendosi avvalsi l'imputata V ed il coimputato B della facoltà di non sottoporsi all'esame) aveva motivato il giudizio di responsabilità in modo illogico, facendo leva sui dati di prova acquisiti attraverso l'esame del coimputato P (non conferenti, poiché relativi alla diversa imputazione del capo 52) e omettendo di procedere alla rinnovazione istruttoria attraverso l'esame della teste Bosco, che aveva reso dichiarazioni suscettibili di sostenere la tesi difensiva (perché riguardanti i controlli eseguiti su disposizioni del capogruppo B).

6. Il difensore di T P ha dedotto, con il primo motivo, violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione all' art. 627, comma 3, cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, in ordine al tema della prova del concorso doloso nel delitto di peculato.
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