Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 21/06/2018, n. 16429
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Testo completo
ORDINANZA sul ricorso 23018-2016 proposto da: G G, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DELLE MEDAGLIE D'ORO 7, presso lo studio dell'avvocato A F, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
CASA DI CURA TRICARTCO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata 862 in ROMA,
VIALE GIULIO CESARE
23, presso lo studio dell'avvocato A A, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato S R C, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 205/2016 della CORTE D'APPELLO di C, depositata il 05/04/2016 R.G.N. 1181/2014;
il P.M. ha depositato conclusioni scritte. / R.G. n. 23018/2016 Rilevato:
1. che con sentenza n. 205 pubblicata il 5.4.2016, la Corte d'appello di Catanzaro ha respinto l'impugnazione avverso la pronuncia di primo grado che, dichiarato illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore il 2.12.2011 e determinato il risarcimento in misura pari alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento fino alla reintegra, aveva detratto l'aliunde perceptum derivato dall'attività libero professionale svolta nel periodo successivo al recesso;
2. che la Corte territoriale ha ritenuto deducibile, dal risarcimento spettante al lavoratore, il compenso per l'attività professionale svolta, sul presupposto che la stessa fosse giuridicamente incompatibile con il lavoro subordinato, trattandosi della medesima attività qualificata da parte datoriale come di concorrenza sleale e indicata quale giusta causa di licenziamento;
3. che la sentenza impugnata ha considerato pacifico lo svolgimento dell'attività libero professionale da parte del lavoratore, al di fuori del luogo di lavoro e con utilizzo di attrezzature di proprietà della società datoriale;
4. che ha ritenuto tale attività posta in essere in violazione dell'obbligo di fedeltà di cui all'art. 2105 c.c. e non riconducibile alla previsione dell'art. 14, lett. b), CCNL per il personale medico dipendente da Case di Cura, non essendo stata neanche allegata la "previa valutazione di situazioni di conflitto di interessi", richiesta dalla disposizione citata;
5. che ha considerato irrilevante il fatto che la medesima attività libero professionale fosse svolta anche prima del licenziamento, in mancanza di prova che la società ne fosse a conoscenza ed avesse acconsentito allo svolgimento;
6. che avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso la società datoriale;
7. che il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ai sensi dell'art. 380 bis.
1. c.p.c.;
Considerato:
8. che col primo motivo di ricorso, il lavoratore ha dedotto, ai sensi dell'art.360, comma 1, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per error in procedendo per violazione dell'art. 324 c.p.c. in relazione alla formazione del giudicato interno;
i R.G. n. 23018/2016 9. che ha premesso come il primo giudice avesse dichiarato illegittimo il licenziamento perché intimato senza il rispetto delle garanzie di cui all'art. 7, L. n. 300 del 1970, ritenendo assorbite le ulteriori censure mosse nell'impugnativa;
10. che, in particolare, il Tribunale non si è
- ricorrente -
contro
CASA DI CURA TRICARTCO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata 862 in ROMA,
VIALE GIULIO CESARE
23, presso lo studio dell'avvocato A A, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato S R C, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 205/2016 della CORTE D'APPELLO di C, depositata il 05/04/2016 R.G.N. 1181/2014;
il P.M. ha depositato conclusioni scritte. / R.G. n. 23018/2016 Rilevato:
1. che con sentenza n. 205 pubblicata il 5.4.2016, la Corte d'appello di Catanzaro ha respinto l'impugnazione avverso la pronuncia di primo grado che, dichiarato illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore il 2.12.2011 e determinato il risarcimento in misura pari alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento fino alla reintegra, aveva detratto l'aliunde perceptum derivato dall'attività libero professionale svolta nel periodo successivo al recesso;
2. che la Corte territoriale ha ritenuto deducibile, dal risarcimento spettante al lavoratore, il compenso per l'attività professionale svolta, sul presupposto che la stessa fosse giuridicamente incompatibile con il lavoro subordinato, trattandosi della medesima attività qualificata da parte datoriale come di concorrenza sleale e indicata quale giusta causa di licenziamento;
3. che la sentenza impugnata ha considerato pacifico lo svolgimento dell'attività libero professionale da parte del lavoratore, al di fuori del luogo di lavoro e con utilizzo di attrezzature di proprietà della società datoriale;
4. che ha ritenuto tale attività posta in essere in violazione dell'obbligo di fedeltà di cui all'art. 2105 c.c. e non riconducibile alla previsione dell'art. 14, lett. b), CCNL per il personale medico dipendente da Case di Cura, non essendo stata neanche allegata la "previa valutazione di situazioni di conflitto di interessi", richiesta dalla disposizione citata;
5. che ha considerato irrilevante il fatto che la medesima attività libero professionale fosse svolta anche prima del licenziamento, in mancanza di prova che la società ne fosse a conoscenza ed avesse acconsentito allo svolgimento;
6. che avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso la società datoriale;
7. che il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ai sensi dell'art. 380 bis.
1. c.p.c.;
Considerato:
8. che col primo motivo di ricorso, il lavoratore ha dedotto, ai sensi dell'art.360, comma 1, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per error in procedendo per violazione dell'art. 324 c.p.c. in relazione alla formazione del giudicato interno;
i R.G. n. 23018/2016 9. che ha premesso come il primo giudice avesse dichiarato illegittimo il licenziamento perché intimato senza il rispetto delle garanzie di cui all'art. 7, L. n. 300 del 1970, ritenendo assorbite le ulteriori censure mosse nell'impugnativa;
10. che, in particolare, il Tribunale non si è
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