Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/09/2008, n. 23385

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Massime1

In tema di azione d'indebito arricchimento nei confronti della P.A., conseguente all'assenza di un valido contratto di appalto di opere (nella specie perché annullato dal Giudice Amministrativo), tra la P.A. (nella specie un Comune) ed un privato (nella specie un consorzio di cooperative), l'indennità prevista dall'art. 2041 cod. civ. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall'esecutore della prestazione resa in virtù del contratto invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace; pertanto, ai fini della determinazione dell'indennizzo dovuto, non può farsi ricorso alla revisione prezzi, tendente ad assicurare al richiedente quanto si riprometteva di ricavare dall'esecuzione del contratto, la quale, non può costituire neppure un mero parametro di riferimento, trattandosi di meccanismo sottoposto dalla legge a precisi limiti e condizioni, pur sempre a fronte di un valido contratto di appalto (Principio enunciato dalle Sezioni Unite, in fattispecie antecedente alla legge 24 aprile 1989, n. 144, risolvendo un contrasto in riferimento ai criteri di calcolo dell'indennizzo ex art. 2041 cod. civ.).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/09/2008, n. 23385
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23385
Data del deposito : 11 settembre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

b 23385/08 REPUBBLICA ITALIANA I . 6 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Oggetto INDEBITO ARRICCHIMENTO SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: R.G.N. 11460/03 CARBONE Primo Presidente Dott. Vincenzo Cron.23385 Presidente di sezione Dott. Enrico PAPA - Presidente di sezione Rep. 5890 PREDEN Dott. Roberto Ud. 08/07/08Dott. Roberto Michele TRIOLA Consigliere Dott. Guido VIDIRI Consigliere Consigliere -Dott. Michele D'ALONZO Dott. Salvatore SALVAGO Rel. Consigliere Dott. Giacomo TRAVAGLINO Consigliere Dott. Francesco TIRELLI Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: COMUNE DI ACIREALE, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 12, presso lo studio dell'avvocato FRANCO DI LORENZO, rappresentato e difeso dall'avvocato NUNZIO MANCIAGLI, giusta delega a margine del ricorso;
ricorrente contro 2008 CONSORZIO RAVENNATE DELLE COOPERATIVE DI PRODUZIONE E 756 mandatario del R.T.I., LAVORO, quale capogruppo constituito con la cooperativa Ravennate Costruttori CRC A R.L., in persona del Presidente pro tempore, Y elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e dall'avvocato ARTURO MERLO, giusta delega adifeso margine del controricorso;
- controricorrente 1 avverso la sentenza n. 203/03 della Corte d'Appello di CATANIA, depositata il 21/02/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/07/08 dal Consigliere Dott. Salvatore SALVAGO;
uditi gli avvocati Nunzio MANCIAGLI, Arturo MERLO;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. Domenico IANNELLI che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo 1. Il Tribunale di Catania con sentenza del 31 mar- 2000 condannava il comune di Acireale al pagamento ZO in favore del Consorzio Ravennate delle Cooperative di produzione e lavoro, quale capogruppo mandatario del R.T. I. costituito con la Soc. Cooperativa Ravennate Co- struttori C.R.C., a r.1., a titolo di arricchimento senza causa, la complessiva somma di L. 992.363.470, corrispondente alla differenza tra quanto il Comune, con 2 delibera di Giunta 22 marzo 1989 n. 505, aveva ricono- sciuto a titolo di indennizzo (L. 2.962.621.111) ed il valore effettivo delle opere realizzate nell'ambito di un contratto di appalto, annullato dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana quando i lavori erano stati parzialmente eseguiti e positiva- mente collaudati in data 14 aprile 1991. In accoglimento dell'appello incidentale del Con- L sorzio, la Corte di appello di Catania con sentenza del 21 febbraio 2003, dopo aver confermato la giurisdizione del giudice ordinario, ha elevato l'importo dell'inden- nizzo ad € 571.136,00, e respinto l'appello principale del comune. Ha osservato al riguardo, per quanto ancora qui interessa: 1) 1'ammontare dell'indennizzo non può essere limitato con riferimento al corrispettivo con- trattualmente determinato ed al relativo impegno di spesa, trattandosi di obbligazione rispetto alla quale non rileva il titolo negoziale annullato e la pubblica amministrazione si trova nella stessa situazione di un privato;
2) l'indennizzo deve tenere conto, nella deter- minazione del costo delle opere, sia del loro valore effettivo sia del mancato guadagno dell'impresa;
per- tanto, indipendentemente dalla sussistenza dei relativi presupposti (domanda dell'appaltatore e delibera del- l'ente pubblico), poteva farsi ricorso alla procedura 3 revisionale, le cui risultanze non erano state specifi- camente contestate, come criterio per accertare l'ef- fettiva entità della diminuzione patrimoniale subita dal Consorzio;
3) la stazione appaltante è altresì tenu- ta al pagamento dell'IVA (£. 124.881.139) sull'importo corrisposto in quanto a seguito del riconoscimento del- l'utilità delle opere, queste erano state acquisite dal Comune di Acireale e si era, quindi, verificato uno spostamento patrimoniale ricadente nella generica no- zione di cessione di beni a titolo oneroso, compiuta nell'esercizio di impresa, assoggettabile ad IVA. Per la cassazione della sentenza l'amministrazione comunale ha proposto ricorso per 4 motivi, cui resiste il Consorzio ravennate con controricorso illustrato da memoria. La 1 sezione della Corte, con ordinanza interlocu- toria 19944 del 26 settembre 2007, ha trasmesso la con- troversia al Primo presidente per l'eventuale assegna- zione alle Sezioni Unite, rilevando che sussiste un con- trasto nelle sezioni semplici circa i criteri di calco- lo dell'indennizzo ex art.2041 cod. civ.;e considerando di particolare importanza la questione della utilizza- bilità della revisione prezzi quale criterio per la de- terminazione del valore dell'indennizzo al momento del verificarsi dell'arricchimento. 4 Motivi della decisione 2. Con il primo motivo del ricorso, il Comune, dedu- cendo violazione dell'art. 2041 cod. civ. e vizi di mo- tivazione, addebita alla sentenza impugnata di avere erroneamente attribuito alla controparte una somma su- periore a quella contrattualmente dovuta;
di avere ap- plicato la revisione prezzi calcolata dal direttore dei lavori, malgrado la stessa fosse stata immediatamente contestata dall'amministrazione con il richiamo dei, criteri dettati dall'art. 2041 cod. civ.: peraltro a partire dal 29 ottobre 1986, data della gara d'appalto, e perciò da epoca addirittura anteriore alla sottoscri- # zione del contratto, e di avere ritenuto irrilevante il regolamento contrattuale che, invece, doveva rappresen- tare l'indice di riferimento al fine di stabilire non l'impoverimento, ma l'arricchimento delle parti;
di avere, infine, ricompreso nell'impoverimento il lucro cessante, operando una sorta di restitutio in integrum, mentre l'arricchimento, nella disciplina dell'art. 2041 cod. civ. non rappresenta il quantum della pretesa del- l'impoverito, ma il suo limite massimo, nel senso che 1'indennità dovuta dell'arricchito trova un secondo punto di riferimento nell'ammontare del danno. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell'art. 2041 cod. civ. ed il vizio di motivazione, lamentando che la 5 1 Corte territoriale, abbia dapprima affermato l'inesi- stenza di un contratto di appalto, e, poi, contradditto- riamente l'esistenza di una cessione a titolo oneroso, che invece era da escludere poiché il diritto all'in- dennità nasce da uno spostamento patrimoniale privo di una causa che lo giustifichi;
che 1'IVA comunque non era dovuta sull'importo revisionale, punto sul quale la sentenza aveva contraddittoriamente taciuto;e che in ogni caso era ingiustificata la condanna alla rivaluta- zione di una somma, quella relativa all'IVA, che il Consorzio non risultava avere versato. Con il terzo motivo, deducendo violazione dell'art. 2041 cod. civ., dell'art. 103 del regolamento n. 350/1895, della L. n. 2248 del 1965, art. 344 ess. del D.Lgs. n. 1501 del 1947, art. 1, si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto ammissibile l'azione di ar- ricchimento senza causa nei confronti di un comune, malgrado non si possa dare luogo a spese pubbliche se non in conformità a deliberazioni degli organi compe- tenti, sottoposte al controllo di legge;
ed abbia rico- nosciuto al Consorzio una revisione prezzi, che invece è espressione di un potere discrezionale dell'Ammini- strazione. Con il quarto motivo, deducendo violazione del- l'art. 33 legge 41 del 1986, art. 33, censura nuovamente la sentenza impugnata per avere riconosciuto il diritto ad un compenso revisionale in assenza dei presupposti di legge.

3. Il ricorso è fondato. Fin dalle prime applicazioni dell'art. 2041 cod. - h civ., che ha introdotto l'azione generale di arricchi- mento, dottrina e giurisprudenza non ebbero dubbi nel ravvisarne i presupposti: a) nell'arricchimento senza causa di un soggetto;
b) nell'ingiustificato depaupera- mento di un altro;
c) nel rapporto di causalità diretta ed immediata tra le due situazioni, di modo che lo spo- stamento risulti determinato da un unico fatto costitu- tivo;
d) nella sussidiarietà dell'azione (art. 2042 cod. civ.), nel senso che essa può avere ingresso solo quando nessun'altra azione sussista ovvero se questa, pur esistente in astratto, non possa essere esperita per carenza ab origine di taluno dei suoi requisiti. Si ritenne, poi, del tutto pacifico che l'arricchi- mento debba consistere in un'effettiva attribuzione pa- trimoniale: configurabile tuttavia con il conseguimento di qualunque utilità economica, e quindi non soltanto quando vi sia stato un incremento patrimoniale, ma anche se la prestazione eseguita da altri con diminuzione del proprio patrimonio abbia fatto risparmiare una spesa abbia evitato il verificarsi di una perdita (Cass. 7 178/1970 e da ultimo, Cass. 10884/2007), ricevendo an- che in questi casi un'utilità per la quale, il soggetto beneficiato, ove non avesse potuto disporne, avrebbe do- vuto effettuare un esborso o subire una diversa diminu- zione patrimoniale. Mentre, per quanto riguarda la perdita correlativa all'arricchimento altrui, le prime interpretazioni della giurisprudenza, legate alla lettera della norma, consi- derarono ai fini dell'indennizzo dovuto, soltanto la effettiva diminuzione patrimoniale subita dal depaupe- rato. La questione acquistò tuttavia rilevanza nel corso degli anni 70', allorchè la giurisprudenza cominciò ad ammettere la proponibilità dell'azione anche nei con- fronti della Pubblica Amministrazione ove questa abbia riconosciuto sia pure implicitamente l'utilità derivata dall'opera o dalla prestazione altrui;
e ritenne che detto riconoscimento ben potesse risultare per implici- to dal fatto che l'ente sia addivenuto alla sua utiliz- zazione: posto che l'oggetto era costituito quasi sem- N pre da prestazioni di privati in dipendenza di contrat - ti irregolari, nulli o addirittura inesistenti coinvol- genti in genere, appaltatori, fornitori o professionisti. E quindi situazioni caratterizzate dal fatto che l'ope- ra svolta dall'impoverito ha

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