Cass. pen., sez. VII, sentenza 18/10/2018, n. 47328

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, sentenza 18/10/2018, n. 47328
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 47328
Data del deposito : 18 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DI L GRO nato a AVELLINO il 29/12/1965 avverso la sentenza del 19/12/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLIdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere P M D'AOSTINI;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 19/12/2016 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza in data 13/5/2015 con la quale il Tribunale di Nola aveva condannato G D L alla pena ritenuta di giustizia per i reati di tentata truffa e falsità materiale in un titolo di credito.

2. Propone ricorso G D L, a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata per vizio motivazionale e mancata assunzione di una prova decisiva in relazione all'affermazione di responsabilità e, in particolare, alla individuazione del ricorrente quale autore dei fatti contestati.

3. Il motivo di ricorso è reiterativo di quello proposto in appello, già disatteso con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito. La Corte, con adeguata e logica motivazione, ha evidenziato che l'uomo che cercò di incassare all'ufficio postale l'assegno contraffatto esibì il documento d'identità dell'imputato, il cui smarrimento o furto non era mai stato denunciato. Detto documento fu consegnato alla P.G. dall'impiegata delle Poste, la quale lo recuperò dopo che l'uomo si allontanò precipitosamente dall'ufficio, una volta avvedutosi che si sarebbe proceduto ad un controllo circa la genuinità del titolo. Con fondamento la Corte territoriale ha disatteso la richiesta presentata ex art. 603 cod. proc. pen., dovendosi ribadire che la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale può essere censurata soltanto qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014, dep. 2015, PR, Rv. 261799;
Sez. 2, n. 48630 del 15/09/2015, Pircher, Rv. 265323;
Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261556;
Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, dep. 2014, Cozzetto, Rv. 258236).
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi