Cass. civ., sez. I, sentenza 29/05/2003, n. 8591

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 29/05/2003, n. 8591
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 8591
Data del deposito : 29 maggio 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

REPUBBLICA08 5 9 1 /03 IN

NOME DEL POPOLO ITALIANO E N IO Z A

184 R T. IST R 'A G L N EL E 4-5-1983 R D SI A SEN D E E

SUPREMA DI CASSAZIONE I T A N E O SE L LEGG L E O B SEZIONE PRIMA CIVILE E

82 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. G O Presidente R.G.N.25761/02 Dott. D P Consigliere 18510 Dott. M R MI Consigliere Cron. Dott. G M B Consigliere Rep. Dott. L M Cons. Rel. Ud. 08/05/03 ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Milano, domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione

- ricorrente -

contro I A A, elettivamente domiciliato in Roma, via Barberini 47 , presso gli avv.ti G I e Michele Toniatti, che la rappresentano e difendono giusta delega in atti;

- controricorrente -

- e contro curatore del minore avv. D D tutore del minore nella persona del Sindaco di Milano 5 20 1 3 1 0 0 2

- intimati -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano n. 1785 del 28.06.02. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'8.05.03 dal Relatore Cons. L M. Udito l'avv. G.Izzi per la controricorrente, che ha chiesto rigettarsi il ricorso. Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale V G che ha concluso per Dott. l'inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto 10.6.2000 il Tribunale per i Minorenni di Milano dichiarava lo stato di adottabilità del minore M IVANOV n. il 6-7-98 e figlio di Assia IVANOVA, disponendone l'affidamento al Comune di Milano il cui Sindaco era nominato tutore provvisorio e, conseguentemente, il collocamento in famiglia. Avverso il decreto proponeva opposizione la I sottolineando la sussistenza di una reale relazione affettiva con il bimbo e la sua disponibilità agli interventi di comune interesse (in una prima fase da lei non prontamente recepiti per il timore di perdere il lavoro appena trovato). Con sentenza 27.12.2000 il T.M. di Milano respingeva il ricorso sottolineando i consapevoli rifiuti che la giovane aveva frapposto agli aiuti offertile. 2 La sentenza era appellata dalla I e, con l'intervento del curatore speciale del minore, del tutore e del P.G. presso la - con sentenza 28.6.2002 revocava il decreto C.d'A., la Corte sullo stato di adottabilità condizionando l'efficacia della pronuncia all'inserimento della madre, e poi del minore, in una comunità educativa idonea a conciliare la prosecuzione del lavoro della madre e la ricostruzione del rapporto con il figlio. Nella motivazione della sentenza, la Corte precisava che: . Dalla ricostruzione della peculiare vicenda della I risultava, all'esito delle svolte osservazioni specialistiche, una positiva relazione madre-figlio ed una progressiva maturazione della giovane. Il rifiuto della I di accedere al progetto di inserimento comunitario assieme al bimbo era spiegabile per la di lei cura nel conservare il lavoro di colf appena reperito; La giovane non aveva mai negato di non essere ancora • pronta per ricevere il bambino ed aveva con il rifiuto dell'immediato inserimento comunitario - solo chiesto tempo: • D'altronde, era comprovata la sua maturazione con la svolta attività lavorativa di colf e di altre ad integrazione ed era certo l'allontanamento da pericolose frequentazioni, così emergendo un quadro di forte 3 volontà di raggiungere autonomia (significativo della volontà di garantire al figlio condizioni di vita sane). In questo quadro, non erano condivisibili (valutazioni negative espresse dalla consulente sulla precarietà lavorativa e sulla fragilità emotiva della I (la prima esclusa dalle nuove acquisizioni di prova e la seconda frutto di congetture affatto gratuite). Decisive apparivano, poi, le considerazioni sulla piena . comprensibilità delle sue esitazioni e, di contro, sulla ineluttabilità del duplice trauma di abbandono da far subire al minore (rimuovendolo dalla famiglia temporaneamente affidataria), quest'ultimo inevitabile alla luce dei tempi del vigente processo e comunque afferente interessi recessivi rispetto a quelli primari ве della madre naturale. Per la cassazione di tale sentenza il P.G. presso la C.d'A. di Milano ha notificato ricorso alla I (12.9.02), al curatore speciale (13.9.02) ed al tutore (11.9.02) articolando quattro motivi. La I ha notificato controricorso il 19 ed il 21.10.02. Gli altri intimati non hanno svolto difese. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso del P.G. presso la Corte milanese deve essere dichiarato inammissibile. Rileva il Collegio che le censure esposte nei quattro motivi o 4 attengono, dichiaratamente (secondo e terzo motivo), alla completezza e logicità della motivazione, o si richiamano in rubrica (primo e quarto motivo) a pretese violazioni disapplicazioni di norme di diritto che nella stessa prospettazione delle censure si risolvono poi nella critica alle motivazioni della sentenza impugnata o addirittura nella esposizione della propria personale ricostruzione dei fatti. Orbene, se per tal ultimo profilo le doglianze sono estranee oggettivamente dall'ambito del sindacato proponibile alla Corte di legittimità, per ogni altro aspetto osta alla loro cognizione il dato normativo (apprezzabilmente non ignorato dalla difesa della controricorrente, che lo invoca nel proprio atto difensivo). Ed invero, come questa Corte ha già avuto modo di rammentare (Cass. 7065/01 e 18132/02), l'estensione al vizio di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. della ricorribilità per cassazione in subjecta materia è stata esclusa dal testo dell'art. 17 u.c. L. 184/83 (che consente il ricorso per la sola violazione di legge) ed è stata introdotta dall'art. 16 della legge 149/01 (entrata in vigore il 27.4.01), con previsione applicabile anche ai procedimenti in corso Ma l'applicazione di tale previsione è • stata differita prima al 30.6.02 con la legge 240/01 di conversione del D.L. 150/01 e poi, con la legge 2.8.2002 n. 175 (di conversione del D.L. 126/02), sino alla emanazione della nuova disciplina della difesa di ufficio nei procedimenti sullo stato di adottabilità e sulle relative opposizioni e comunque non oltre il 30.6.2003. Da tanto consegue, non essendo stata introdotta la menzionata disciplina sulla difesa di ufficio e venendo il ricorso in decisione prima della data ricordata, che nella sottoposta vicenda processuale la motivazione della sentenza 28.6.2002 della Corte milanese potrà essere sindacata solo in termini di sua esistenza e di intelligibilità grafica e logica e cioè come requisito dell'atto processuale e non già, e non certo, per la sua completezza e congruità logica alla stregua della formula di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. Venendo, quindi, all'esame analitico delle censure si osserva che con il primo motivo si denunzia bensì violazione degli artt. 8 e 21 della L. 184/83, 61,62,112,191,194 c.p.c. e omessa o contraddittoria motivazione ma subito si chiarisce che nessuna effettiva violazione delle norme del processo e nessun errore nella disapplicazione o falsa applicazione delle norme della legge sull'adozione vengono in realtà censurati, essendo invece affermato che l'intero percorso valutativo seguito dalla Corte di merito per negare lo stato di abbandono e per sottolineare la positiva evoluzione della disposizione materna sarebbero frutto della fiducia gratuita nelle dichiarazioni della I, della correlata svalutazione dei profili negativi emergenti dalle stesse, della deliberata ignoranza dei ripetuti rifiuti a ricevere l'assistenza offerta dalla istituzioni, della 6 precisa ed inaccettabile scelta di privilegiare i diritti della maternità biologica rispetto a quelli del minore ad una sana ed equilibrata crescita psicofisica. Il motivo, che pervero rivela scarsa attenzione per le articolate argomentazioni della sentenza impugnata (che, con chiaro ed adeguato succedersi di periodi, ha sottoposto a disamina l'evoluzione nel decorso biennio del rapporto della giovane madre con il piccolo M), difetta anche della analitica esposizione dei vizi logici che pur nell'irricevibile ottica del - sindacato di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. avrebbero potuto inficiare quelle argomentazioni. La censura in sostanza si risolve nella ferma, insistita e ве convinta esposizione del profondo dissenso dell'Ufficio del P.M. rispetto alla scelta della Corte milanese di negare la condizione di abbandono e di dare fiducia alla emersa e conclamata idoneità della giovane madre, un dissenso frutto della valutazione evidente della preferibilità nell'interesse del minore di una sua definitiva ricollocazione familiare, un - ―pare appena il caso di ricordarlo non ha dissenso che alcun rilievo presso questa Corte di legittimità, esso attestandosi sul terreno (addirittura precedente quello della denunzia dei vizi logici della motivazione) del tentativo di indurre una inammissibile rivalutazione dei fatti. Con il secondo ed il terzo motivo è invece sin dalla rubrica conclamato l'appuntarsi delle censure sulla completezza e logicità della motivazione sia con riguardo alla affermata acquisizione da parte della I, dopo la pretesa "maturazione", della necessaria capacità genitoriale (secondo motivo) sia in relazione alla totale disattenzione mostrata dalla Corte per la richiesta delle parti di disporre supplemento di CTU (terzo motivo). E di qui sulla base delle vigenti - disposizioni rammentate in premessa - la indiscutibile inammissibilità di entrambi i motivi, avendo la Corte, sotto entrambi i profili, dato alle questioni qui riproposte ampia e comprensibile propria risposta. Con il quarto motivo, infine, sotto la rubrica della denunciata violazione dell'art. 2730 c.c. si pretende di ascrivere a violazione del criterio della rilevanza della confessione quelle che, a semplice lettura della pronunzia della Corte territoriale, sono state soltanto valutazioni che quei giudici hanno formulato con riguardo alle dichiarazioni della I. In nessun luogo della impugnata sentenza, infatti, si scorgono affermazioni per le quali quanto dichiarato (in proprio favore) dalla giovane madre sarebbe stato acquisito come "prova legale” e quanto ammesso (a proprio sfavore) dalla medesima sarebbe stato indebitamente negletto. La Corte non ha in alcun modo preteso di fondare meccanicamente la propria decisione sulla sola verità di quanto dalla I dichiarato (quasi che si vertesse in materia di obbligazioni contrattuali!) ha solo adeguatamente illustrato come il proprioma 8 convincimento si fosse fondato anche sulla valutazione (insindacabile) di alcune affermazioni della giovane in quanto sintomatiche dell'acquisizione di una adeguataritenute capacità genitoriale. E pertanto, anche tale motivo, che pur pretende di individuare un error in judicando denunziabile a questa Corte di legittimità, propone censure che si collocano sul terreno del dissenso rispetto alle valutazioni del giudice del merito e che, come tali, vanno dichiarate affatto irricevibili. Dichiarato inammissibile il ricorso, non è luogo a provvedere sulle spese secondo il criterio della soccombenza essendo stato il ricorso proposto dal Pubblico Ministero.

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