Cass. pen., sez. I, sentenza 17/06/2021, n. 23843
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: PIETROBURGO FABIO nato a MESSINA il 13/05/1971 GIACONIA FELICE nato a MESSINA il 10/09/1972 avverso la sentenza del 08/07/2020 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO A;
udito il Pubblico Ministero, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi con condanna alle spese. udito il difensore, avvocato C ALO, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 8 luglio 2020 la Corte militare di appello, investita dell'impugnazione della Procura generale militare e degli imputati P F e G F, in parziale riforma della pronuncia, in data 4 luglio 2019, del Tribunale militare di Napoli: - dichiarava il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria militare in relazione a tutte le ipotesi di falso in fogli di licenza, di via e simili di cui all'art.220 cod. pen. mil. pace, per le quali era intervenuta condanna in primo grado e, per l'effetto, disponeva ,la trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica del Tribunale di Messina: - riduceva a mesi 9 di reclusione la pena inflitta a ciascuno dei due imputati per i rimanenti reati oggetto di gravame.
1.1. Secondo la conforme ricostruzione dei giudici di merito, il Pburgo ed il G/ si erano resi responsabili dei reati di truffa militare pluriaggravata, tentata e consumata, contestati al Pburgo nei capi d) ed e) ed al G nei capi a) e b) della rubrica. Agendo il Pburgo, maresciallo capo in servizio presso il Nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale dei Carabinieri di Messina, nella qualità di delegato dall'organismo di rappresentanza Cobar Sicilia nonché componente del comitato di presidenza, ed il G, appuntato scelto in servizio presso il medesimo reparto, nella qualità di delegato dell'organismo di rappresentanza Cobar Sicilia, avevano, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, posto in essere artifici e raggiri, mediante l'inserimento di dati e circostanze non veridiche in dichiarazioni e documenti variamente denominati, così da indurre in errore l'amministrazione militare che provvedeva, tra i mesi di giugno 2012 ed aprile 2013, alla liquidazione, sulla scorta degli orari segnalati e degli altri dati contenuti nei fogli di via, di somme di denaro senza titolo, costituenti, pertanto, profitto ingiusto per i beneficiari e danno per l'amministrazione.
1.2. A ragione del parziale accoglimento dell'eccezione di difetto di giurisdizione a favore del giudice ordinario, sollevata dalla difesa degli imputati con riferimento alle condotte di falso, la Corte Militare di appello osservava che il contestato inserimento nei documenti, destinati a spiegare efficacia anche all'esterno dell'amministrazione, di circostanze non veritiere, perché non rispondenti agli accadimenti fattuali di cui gli imputati erano a conoscenza per essere stati protagonisti, integrava gli estremi del reato di falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in certificati ed autorizzazioni amministrative di cui all'art. 480 cod. pen. non già del reato di cui all'art. 220 cod. pen. mil . pace, fattispecie che punisce esclusivamente condotte integrati falsità materiali. Doveva, invece, escludersi la devoluzione al giudice orinario, ai sensi e per gli effetti di cui gli artt. 12 e 13 cod. proc. pen., anche delle ipotesi di truffa militare. Non era, infatti, configurabile l'unica ipotesi di falso ideologico (quella prevista dall'art. 479 cod. pen.) che, in ragione della pena edittale, maggiore di quella prevista dall'art. 234, commi 1 e 2, cod. pen. mil . pace. per le truffe militari aggravate, avrebbe determinato lo spostamento della giurisdizione per attrazione.
2. Ricorrono per cassazione, con un unico atto di impugnazione a firma del comune difensore di fiducia avv. A C, il Pburgo ed il G, chiedendo l'annullamento della sentenza sulla base di tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.. 2.1. Con il primo denunciano, ai sensi dell'art. 606, comma 1 lett. d), cod. proc. pen., la mancata assunzione di una prova decisiva pur richiesta nel corso dell'istruzione dibattimentale in conformità alla previsione di cui all'art. 495, comma 2, cod. proc. pen. La Corte militare, oltre a rigettare ingiustificatamente la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale con l'esame del consulente tecnico della difesa sull'effettivo danno patito dall'amministrazione e sul correlato vantaggio conseguito dai due imputati, alla luce del pacifico diritto di entrambi di optare per il regime ordinario, in luogo di quello forfettario, ottenendo comunque la liquidazione dell'indennità, sia pure su base oraria, ed il rimborso delle spese vive ed alloggio, non ha, più in radice, fornito risposta alla censura, espressamente sollevata con l'atto di appello, relativa al denegato diritto di sentire nel giudizio di primo grado un testimone qualificato a prova contraria rispetto al consulente del pubblico ministero e non ha, infine, accolto la richiesta di perizia sul medesimo oggetto, ritenendo superfluo il pur necessario approfondimento probatorio.
2.2. Con il secondo motivo denunciano violazione di legge con
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO A;
udito il Pubblico Ministero, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi con condanna alle spese. udito il difensore, avvocato C ALO, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 8 luglio 2020 la Corte militare di appello, investita dell'impugnazione della Procura generale militare e degli imputati P F e G F, in parziale riforma della pronuncia, in data 4 luglio 2019, del Tribunale militare di Napoli: - dichiarava il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria militare in relazione a tutte le ipotesi di falso in fogli di licenza, di via e simili di cui all'art.220 cod. pen. mil. pace, per le quali era intervenuta condanna in primo grado e, per l'effetto, disponeva ,la trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica del Tribunale di Messina: - riduceva a mesi 9 di reclusione la pena inflitta a ciascuno dei due imputati per i rimanenti reati oggetto di gravame.
1.1. Secondo la conforme ricostruzione dei giudici di merito, il Pburgo ed il G/ si erano resi responsabili dei reati di truffa militare pluriaggravata, tentata e consumata, contestati al Pburgo nei capi d) ed e) ed al G nei capi a) e b) della rubrica. Agendo il Pburgo, maresciallo capo in servizio presso il Nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale dei Carabinieri di Messina, nella qualità di delegato dall'organismo di rappresentanza Cobar Sicilia nonché componente del comitato di presidenza, ed il G, appuntato scelto in servizio presso il medesimo reparto, nella qualità di delegato dell'organismo di rappresentanza Cobar Sicilia, avevano, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, posto in essere artifici e raggiri, mediante l'inserimento di dati e circostanze non veridiche in dichiarazioni e documenti variamente denominati, così da indurre in errore l'amministrazione militare che provvedeva, tra i mesi di giugno 2012 ed aprile 2013, alla liquidazione, sulla scorta degli orari segnalati e degli altri dati contenuti nei fogli di via, di somme di denaro senza titolo, costituenti, pertanto, profitto ingiusto per i beneficiari e danno per l'amministrazione.
1.2. A ragione del parziale accoglimento dell'eccezione di difetto di giurisdizione a favore del giudice ordinario, sollevata dalla difesa degli imputati con riferimento alle condotte di falso, la Corte Militare di appello osservava che il contestato inserimento nei documenti, destinati a spiegare efficacia anche all'esterno dell'amministrazione, di circostanze non veritiere, perché non rispondenti agli accadimenti fattuali di cui gli imputati erano a conoscenza per essere stati protagonisti, integrava gli estremi del reato di falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in certificati ed autorizzazioni amministrative di cui all'art. 480 cod. pen. non già del reato di cui all'art. 220 cod. pen. mil . pace, fattispecie che punisce esclusivamente condotte integrati falsità materiali. Doveva, invece, escludersi la devoluzione al giudice orinario, ai sensi e per gli effetti di cui gli artt. 12 e 13 cod. proc. pen., anche delle ipotesi di truffa militare. Non era, infatti, configurabile l'unica ipotesi di falso ideologico (quella prevista dall'art. 479 cod. pen.) che, in ragione della pena edittale, maggiore di quella prevista dall'art. 234, commi 1 e 2, cod. pen. mil . pace. per le truffe militari aggravate, avrebbe determinato lo spostamento della giurisdizione per attrazione.
2. Ricorrono per cassazione, con un unico atto di impugnazione a firma del comune difensore di fiducia avv. A C, il Pburgo ed il G, chiedendo l'annullamento della sentenza sulla base di tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.. 2.1. Con il primo denunciano, ai sensi dell'art. 606, comma 1 lett. d), cod. proc. pen., la mancata assunzione di una prova decisiva pur richiesta nel corso dell'istruzione dibattimentale in conformità alla previsione di cui all'art. 495, comma 2, cod. proc. pen. La Corte militare, oltre a rigettare ingiustificatamente la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale con l'esame del consulente tecnico della difesa sull'effettivo danno patito dall'amministrazione e sul correlato vantaggio conseguito dai due imputati, alla luce del pacifico diritto di entrambi di optare per il regime ordinario, in luogo di quello forfettario, ottenendo comunque la liquidazione dell'indennità, sia pure su base oraria, ed il rimborso delle spese vive ed alloggio, non ha, più in radice, fornito risposta alla censura, espressamente sollevata con l'atto di appello, relativa al denegato diritto di sentire nel giudizio di primo grado un testimone qualificato a prova contraria rispetto al consulente del pubblico ministero e non ha, infine, accolto la richiesta di perizia sul medesimo oggetto, ritenendo superfluo il pur necessario approfondimento probatorio.
2.2. Con il secondo motivo denunciano violazione di legge con
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