Cass. civ., SS.UU., sentenza 17/02/2009, n. 3759

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Massime1

Ai fini della sussistenza della responsabilità disciplinare a carico di magistrato che sia riferibile ad addebiti riconducibili alla sua attività provvedimentale, non va valutata la correttezza in sé di un determinato provvedimento che sia stato redatto dallo stesso incolpato, bensì la condotta del magistrato medesimo, cioè il suo impegno intellettuale e morale, congiuntamente alla sua dedizione alla funzione, che deve essere sempre esercitata rispettando i doveri d'ufficio. L'insindacabilità in ambito disciplinare dei provvedimenti giurisdizionali e delle interpretazioni adottate esclude, infatti, che la loro inesattezza tecnico-giuridica possa di per sé sola configurare l'illecito disciplinare del magistrato, ma non quando essa sia conseguenza di scarso impegno e ponderazione o di approssimazione e limitata diligenza, ovvero sia indice di un comportamento del tutto arbitrario, e rischi perciò di compromettere il prestigio dell'ordine giudiziario. (Affermando tale principio, le S.U. hanno confermato la sentenza della Sezione disciplinare del Cons. Sup. Magistratura che aveva inflitto la sanzione dell'ammonimento a due magistrati - rispettivamente presidente e componente relatore del tribunale di sorveglianza - responsabili di aver concesso il regime della semilibertà ad un detenuto, trascurando una serie di elementi importanti che avrebbero potuto indurre ad una diversa valutazione dell'istanza).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 17/02/2009, n. 3759
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 3759
Data del deposito : 17 febbraio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P G - Primo Presidente f.f. -
Dott. P E - Presidente di sezione -
Dott. E A - Presidente di sezione -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. P P - rel. Consigliere -
Dott. B M - Consigliere -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. G U - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME1, NOME2, elettivamente domiciliati
in LOCALITA1, presso lo studio dell'avvocato
N, che li rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 21/2008 della CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 02/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/12/2008 dal Consigliere Dott. P P;

udito l'Avvocato N;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. N V, che ha concluso per l'inammissibilità, in subordine per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Si domanda la cassazione della sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, sopra specificata, che, in relazione al procedimento disciplinare promosso dal Ministro della giustizia in data 27.7.2005, infligge la sanzione disciplinare dell'ammonimento ai magistrati NOME1 e NOME2
per avere il primo nello svolgimento della funzione di presidente del Tribunale di sorveglianza di LOCALITA2 e la seconda di componente relatore disposto in data 9.11.2004 la misura alternativa della semilibertà in favore del detenuto NOME4, trascurando di esaminare elementi importanti che avrebbero potuto indurre ad una diversa valutazione dell'istanza.

2. La responsabilità degli incolpati è affermata sul rilievo che il fascicolo del detenuto, che anche il presidente del collegio aveva il dovere di conoscere, indicava una serie di circostanze negative totalmente ignorate nella motivazione del provvedimento e ciò palesava, sul piano deontologico scarsa diligenza e caduta di professionalità.

3. Il ricorso dei due magistrati sanzionati si articola in quattro motivi non svolgono attività di resistenza le parti intimate. CONSIDERATO IN DIRITTO
l.

1. Si premette che, nella controversia in esame, deve aversi riguardo all'epoca di "promozione del procedimento disciplinare" con la conseguente inapplicabilità (a procedimento promosso anteriormente al 19 giugno 2006) del regime giuridico dell'impugnazione di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 24, e ciò ai sensi del disposto dell'art. 32 bis dello stesso testo normativo (aggiunto dalla L. n. 269 del 2001. Non sussistono, pertanto, profili, di inammissibilità del ricorso proposto nei termini e nelle forme del codice di procedura civile secondo la disciplina previgente.

2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell'art.111 Cost., comma 7, art. 666 c.p.p., comma 5 e art. 678 c.p.p., comma 1, in relazione alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 70, per avere la
sentenza impugnata travalicato i limiti del potere giurisdizionale attribuito alla Sezione disciplinare, esercitando un inammissibile sindacato sull'esercizio del potere discrezionale del giudice, in sostanza rilevando e qualificando come illecito disciplinare un vizio di motivazione del provvedimento, vizio che l'ordinamento giuridico prevede che sia esclusivamente emendabile sul piano dei previsti rimedi processuali.

2.1. Il motivo è privo di fondamento giuridico.
La giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte ha da tempo enunciato, sulla questione dedotta con il motivo di ricorso in esame, principi consolidati. A norma della R.D.L. 31 maggio 1946, n. 551, art. 18, il potere disciplinare del CSM può avere ad oggetto non
solo i comportamenti tenuti dal magistrato fuori dell'ufficio, ma altresì il modo in cui egli abbia svolto la propria funzione, con possibilità pertanto, in relazione all'esigenza di salvaguardia del prestigio dell'ordine giudiziario, di esaminare e valutare gli atti da lui compiuti nel relativo esercizio. Si, pone, di conseguenza il delicatissimo problema dei limiti di un tale sindacato. Si deve, infatti, tener presente al riguardo il fondamentale principio di indipendenza del giudice di cui all'art. 101 Cost., comma 2, e art.104 Cost., comma 1, il quale si integra con quello secondo cui
l'attività di giudizio può essere censurata unicamente in sede d'impugnazione.
O - a parte la considerazione che vi sono determinati provvedimenti (non decisori e non attinenti alla libertà personale) per i quali non è dato direttamente esperire un mezzo d'impugnazione - va rilevato che il suddetto principio d'indipendenza non comporta davvero l'insussistenza di limiti e ciò in relazione all'esigenza di tutela di altri diritti e valori parimenti protetti sul piano costituzionale. Ne segue che il principio di legalità, che dev'essere rigorosamente osservato nell'esercizio di ogni

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