Cass. civ., SS.UU., sentenza 01/02/1999, n. 17

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Il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, sancito in via generale dall'art. 112 cod. proc. civ., trova applicazione anche nei procedimenti in materia disciplinare innanzi al Consiglio Nazionale Forense. Sicché, la decisione del menzionato Consiglio che si fondi, sia pure in misura non prevalente, su un comportamento del professionista neppure implicitamente contenuto nel capo di incolpazione (dando così rilievo, per la prima volta, a fatti mai contestati) comporta la violazione delle norme del procedimento che, intese a tutelare il diritto della difesa, attengono all'essenza del giudizio disciplinare e, come tali, devono ritenersi prescritte a pena di nullità.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 01/02/1999, n. 17
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17
Data del deposito : 1 febbraio 1999
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Antonio IANNOTTA - Presidente di Sezione -
Dott. Francesco AMIRANTE - Presidente di Sezione -
Dott. Massimo GENGHINI - Consigliere -
Dott. Vincenzo CARBONE - Consigliere -
Dott. Antonio VELLA - Consigliere -
Dott. Erminio RAVAGNANI - Consigliere -
Dott. Giovanni PAOLINI - rel. Consigliere -
Dott. Ettore GIANNANTONIO - Consigliere -
Dott. Roberto Michele TRIOLA - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
CO RO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TRITONE 169, presso lo studio dell'avvocato ALESSANDRO D'AVACK, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE;

- intimati -

avverso la decisione n. 68/97 del Consigliere nazionale forense di ROMA, depositata il 27705/97;

udito l'Avvocato Alessandro D'AVACK, per il ricorrente;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/98 dal Consigliere Dott. Erminio RAVAGNANI.
Svolgimento del processo
A seguito di un esposto presentato il giorno 11 luglio 1990 dalle sorelle ID e AR ET AP, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Roma apriva un procedimento disciplinare nei confronti dell'avvocato Giampiero Colla e del collega di studio avv. Stefano De Carolis Villars, ma, ravvisando nella specie non questioni di deontologia bensì di compensi e di onorari dei professionisti, lo concludeva il 27 gennaio 1994 con provvedimento di archiviazione.
A seguito di un nuovo esposto presentato dalle sorelle AP, venute a conoscenza di fatti nuovi e rilevanti, il medesimo Consiglio riapriva il procedimento a carico dell'avv. De Carolis Villars, al quale infliggeva la sanzione disciplinare della cancellazione dagli albi professionali. Apriva inoltre d'ufficio procedimento disciplinare a carico dell'avv. Colla, sulla base del seguente capo di imputazione: "quale legale da molti anni delle signore AR ET e ID AP, unitamente al collega di studio avv. Stefano De Carolis Villars, insieme col quale aveva ricevuto anche procura ad amministrare le quote della società di cui le clienti erano titolari, pur essendo venuto a conoscenza che l'avv. De Carolis era socio della società Chili Immobiliare, che il medesimo assisteva la signora RA SS, anch'essa con interessi in detta società;
avendo inoltre appreso che l'avv. De Carolis aveva indotto le clienti a sottoscrivere un contratto di mutuo per L. 300.000.000.= a favore di detta società, senza richiedere alcuna idonea garanzia anche in considerazione dell'entità del mutuo;
che aveva inoltre indotto la signora AR ET AP, nel medesimo contesto contrattuale, ad accollarsi un mutuo di L. 150.000.000.= concesso da terzi con interessi passivi più sfavorevoli rispetto a quelli attivi previsti a carico della società Chili Immobiliare, non interveniva in alcun modo, ne' presso il collega, ne' presso le clienti, per tutelare i loro interessi, in particolare quelli della signora AR ET AP, concorrendo a determinare così, con tale comportamento omissivo, un ingente danno alla propria assistita, in Roma, dal 3 ottobre 1989;

venendo così meno ai doveri di lealtà e correttezza, compromettendo la dignità professionale propria e dell'intera categoria forense". In esito alla compiuta istruttoria il Consiglio dell'Ordine infliggeva all'avv. Colla la sanzione della sospensione dall'esercizio professionale per mesi sei.
Avverso la decisione di detto Consiglio egli proponeva appello. Il Consiglio Nazionale Forense, in parziale accoglimento del gravame per non essere risultato l'avv. Colla il regista delle operazioni risoltesi in danno delle clienti, riduceva il periodo di sospensione dall'esercizio dell'attività professionale a mesi due, ma confermava la dichiarazione di responsabilità dell'incolpato, ritenendo che le infrazioni alle regole deontologiche fossero ravvisabili nell'assistenza alle sorelle AP portatrici di

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