Cass. civ., SS.UU., sentenza 18/06/2020, n. 11866
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La preclusione di cui all'art. 38, comma 3, c.p.c. (il quale dispone che l'incompetenza per materia, per valore e per territorio inderogabile sono eccepite o rilevate entro l'udienza di trattazione) trova applicazione anche nelle ipotesi di regolamento di competenza d'ufficio proposto dal giudice di secondo grado ai sensi dell'art.45 c.p.c., con la conseguenza che detto regolamento, dovendo immediatamente seguire al rilievo dell'incompetenza, deve essere richiesto entro il termine di esaurimento delle attività di trattazione contemplate dall'art.350 c.p.c., ossia prima che il giudice del gravame provveda all'eventuale ammissione delle prove a norma dell'art.356 c.p.c., ovvero - in caso di non espletamento di attività istruttoria - prima che proceda ad invitare le parti alla precisazione delle conclusioni e a dare ingresso alla fase propriamente decisoria.
Sul provvedimento
Testo completo
1 1866-20 1 E ร T REPUBBLICA ITALIANA N E IN NOME DEL POPOLO ITALIANO S E LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: SANZIONI VINCENZO DI CERBO -· Primo Presidente f.f. - AMMINISTRATIVE CONFLITTO DI COMPETENZA IN - Presidente di Sezione - BIAGIO IO APPELLO Ud. 11/02/2020 - AMELIA TORRICE -Consigliere - PU R.G.N. 28997/2018 - Consigliere - GIUSEPPE LOCATELLI Go 11866 Rep. ADRIANA DORONZO - Consigliere - ANTONIO VALITUTTI - Consigliere - MARIA ACIERNO Consigliere - ENRICO SCODITTI - Consigliere - ALDO CARRATO Rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 28997-2018 per regolamento di competenza proposto d'ufficio dal: TRIBUNALE DI BARI, con ordinanza emessa il 13/09/2018 (r.g. n. 9052/2010) nella causa tra: EQUITALIA ETR S.P.A.;
- ricorrente non costituitasi in questa fase -
contro
DE IO GIUSEPPE;
58 Ric. 2018 n. 28997 sez SU- ud. 11-02-2020 2020 2 - resistente non costituitosi in questa fase - Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'11/2/2020 dal Consigliere ALDO CARRATO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale ALBERTO CELESTE, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 212 del 20 maggio 2008 il Giudice di Pace di Molfetta accoglieva l'opposizione ex artt. 22 e ss. della legge n. 689 del 1981 proposta da PE De IO e, per l'effetto, revocava una cartella esattoriale, allo stesso notificata, relativa al pagamento di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada. L'opponente aveva dedotto di non avere mai ricevuto la notifica dei verbali di accertamento presupposti dell'infrazione né di una successiva ordinanza- ingiunzione. -Proposto appello da parte dell'Equitalia E.T.R. s.p.a., il Tribunale di Trani sezione distaccata di Molfetta, dichiarava, in via pregiudiziale, con sentenza del 27 aprile 2010, la propria incompetenza in favore del Tribunale di Bari ai sensi dell'art. 6 del R.D. 1033 del 1931, quale giudice del luogo ove aveva sede l'Avvocatura distrettuale dello Stato, essendo parte del giudizio anche l'Ufficio territoriale del Governo di Bari. Nel giudizio tempestivamente riassunto dall'Equitalia E.T.R. s.p.a.., PE De IO contestava l'applicabilità del foro erariale, rinunciando successivamente all'eccezione di incompetenza con memoria del 7 maggio 2018. All'esito, il Tribunale di Bari, in funzione di giudice d'appello, con ordinanza del 13 settembre 2018, emessa in fase di decisione (ovvero successivamente alla trattazione della causa e allo svolgimento dell'udienza di precisazione delle conclusioni), rimetteva la causa sul ruolo e, applicato l'art. 47, comma 4, c.p.c., richiedeva d'ufficio a questa Corte regolamento di competenza affinché fosse dichiarata la competenza del Tribunale di Trani, in funzione di giudice di secondo grado, ritenendo che in ipotesi di giudizio di appello avverso sentenza del Giudice di pace adottata con riferimento all'opposizione formulata ai sensi Ric. 2018 n. 28997 sez SU - ud. 11-02-2020 3 dell'art. 22 della legge n. 689 del 1981 ("ratione temporis" applicabile), non potesse trovare applicazione la regola del foro erariale bensì il criterio ordinario previsto dall'art. 341 c.p.c. .
2. Radicatosi il giudizio dinanzi a questa Corte, la Sesta Sezione civile (sottosezione-2), all'esito dell'adunanza camerale del 1° marzo 2019, tenuto conto dell'evoluzione interpretativa registratasi in punto di applicabilità al giudizio di appello delle disposizioni generali del codice di rito e della tendenziale assimilazione della competenza funzionale alla competenza per materia, con ordinanza interlocutoria del 28 giugno 2016, ha chiesto l'intervento chiarificatore di queste Sezioni unite in ordine alle seguenti questioni di massima di particolare importanza: a) se il conflitto di competenza ai sensi dell'art. 45 c.p.c. debba essere sollevato anche dal giudice di appello (al pari di quello di primo grado) in limine litis a pena di preclusione;
b) se, ed eventualmente con quali adattamenti, sia applicabile in tal caso o, più in generale, con riferimento all'art. 341 c.p.c., l'art. 38, comma primo, c.p.c. (attualmente art. 38, comma terzo, c.p.c.), alla luce delle specificità del giudizio di impugnazione ed alla stregua del giudizio di compatibilità richiesto dall'art. 359 c.p.c.. In particolare, il collegio ha ritenuto che ai fini della pronuncia sul conflitto di competenza sia decisivo stabilire se il giudice (di appello) ad quem avesse il potere di sollevare il conflitto direttamente al momento della decisione o se, invece, tale potere si fosse già consumato in difetto di un rilievo tempestivo nella fase di riassunzione (avuto riguardo alla disciplina di cui al citato art. 38 c.p.c.), atteso che la possibilità di regolare la competenza presuppone che la questione sia stata tempestivamente eccepita dalla parte interessata o rilevata d'ufficio dal giudice. Ha osservato inoltre che, discutendosi della competenza territoriale del giudice d'appello ai sensi dell'art. 341 c.p.c., non poteva considerarsi decisivo che l'appellato avesse proposto l'eccezione di incompetenza in fase di riassunzione, poiché questi aveva l'onere di impugnare la decisione ai sensi dell'art. 42 c.p.c. mentre l'eccezione di incompetenza era priva di effetto. Ric. 2018 n. 28997 sez SU- ud. 11-02-2020 4 Ha rilevato, altresì, il collegio che l'attuale codice di rito non contiene una previsione specificamente diretta a disciplinare il rilievo dell'incompetenza del giudice dell'impugnazione ex art. 341 c.p.c. limitandosi l'articolo 38, comma primo c.p.c., vigente ratione temporis (ora trasfuso nel terzo comma della stessa disposizione normativa per effetto della sua complessiva sostituzione intervenuta con l'art. 45, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69), a statuire che l'incompetenza per materia, per valore o per territorio inderogabile sono eccepite dalla parte o rilevate d'ufficio non oltre la prima udienza di trattazione. Ha aggiunto, peraltro, che la giurisprudenza prevalente di questa Corte ha ritenuto configurabile con riferimento all'art. 341 c.p.c. una questione di competenza solo quando la parte esperisca lo specifico rimedio previsto dal sistema delle impugnazioni. Quindi, solo nel caso di appello rivolto ad un organo della giurisdizione ordinaria diverso da quello che sarebbe stato competente per legge, si è attribuito all'impugnazione un effetto conservativo (con conseguente translatio iudicii in virtù dell'art. 50 c.p.c.), alla condizione che l'organo adito, benché territorialmente incompetente, sia ugualmente giudicante in secondo grado. Nel caso, invece, di impugnazione proposta davanti allo stesso giudice che abbia emesso la sentenza o davanti ad altro giudice di primo grado, la violazione del criterio della competenza per grado porrebbe un problema di ammissibilità dell'impugnazione. Il collegio ha, altresì, sottolineato che, secondo un indirizzo parzialmente difforme (si richiama Cass. 2709/2005), nei giudizi di appello non verrebbe in nessun caso in considerazione la nozione di competenza di cui al cap. I, titolo I, libro I del codice di rito, poiché l'erronea individuazione del giudice legittimato a decidere sull'impugnazione (anche nel caso di mera incompetenza territoriale) riguarda le condizioni di proponibilità o ammissibilità del gravame. Secondo tale orientamento richiamandosi la sentenza delle Sezioni unite n. - non23594/2010 ed esclusa l'applicabilità dell'art. 50 e dell'art. 38 c.p.c. sussisterebbe alcun limite al potere del giudice di rilevare la violazione dell'art. 341 c.p.c.. Ric. 2018 n. 28997 sez SU-ud. 11-02-2020 5 Ha evidenziato, inoltre, il collegio nell'ordinanza interlocutoria che, invece, con la successiva sentenza delle stesse Sezioni unite n. 18121/2016, questa Corte ha ritenuto che l'art. 341 c.p.c. preveda, comunque, un'ipotesi di competenza intesa come frazione dell'intero esercizio della funzione giurisdizionale e che non vi sarebbe ragione per non ritenere che la rilevabilità del difetto di competenza territoriale sia preclusa anche d'ufficio oltre la prima udienza.
3. Da qui la rimessione degli atti al Primo Presidente della Corte per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c., dovendo ritenersi le questioni prospettate come di massima di particolare importanza. Il Primo Presidente ha provveduto in conformità. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. La competenza: nozione e sua evoluzione. Prima di esaminare le questioni specificamente oggetto dell'ordinanza interlocutoria appare opportuno svolgere una breve disamina della nozione di competenza e della sua evoluzione. La competenza è comunemente definita come quella frazione di giurisdizione spettante in concreto ad un determinato giudice rispetto ad una determinata causa. Il problema ad essa inerente attiene alla distribuzione del potere di decidere tra i diversi giudici ordinari. Con il codice di rito del 1940, una volta introdotto il principio della cosiddetta "translatio iudicii", si comincia ad affermare una concezione della competenza quale attitudine del processo a pervenire alla pronuncia sul merito ovvero, in termini più generali, a ritenere la competenza un mero presupposto processuale per l'emanazione del provvedimento finale. Rispetto a tale concezione si è venuta a realizzare un'ulteriore evoluzione iniziata con la riforma del 1973 relativa al rito del lavoro, e certamente concretizzatasi completamente nel 1990, quando sono state introdotte preclusioni temporali alla rilevabilità di parte 0 d'ufficio del vizio di incompetenza del giudice adito. Ric. 2018 n. 28997 sez SU - ud. 11-02-2020 In particolare, il legislatore, sostituendo con l'art. 4 della legge novellatrice 26 novembre 1990, n. 353 l'originario art. 38 c.p.c., aveva esteso il regime delle preclusioni anche alle questioni di competenza. Ciò ha costituito una novità rilevante rispetto alla disciplina previgente che