Cass. civ., sez. III, sentenza 03/10/2005, n. 19323

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Massime1

Dopo il pignoramento di un immobile che era stato già dato in locazione, il locatore - proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni sia ad accettarli, spettando tale legittimazione in via esclusiva al custode, fino al decreto di trasferimento del bene, per effetto del quale la proprietà del bene e dei frutti si trasferisce all'aggiudicatario. Pertanto qualora il locatore venga nominato custode dell'immobile pignorato, mutando il titolo del possesso del bene, può richiedere il pagamento dei canoni solo nell'esercizio del potere di amministrazione e gestione del bene. A tal fine, intrapresa dal locatore, dopo il pignoramento, azione per il pagamento dei canoni, per economia dei giudizi e in forza del principio di conservazione degli atti processuali, gli è consentito dichiarare in sede di appello, modificando la veste assunta, di agire in qualità di custode, ufficio comunicato al conduttore all'atto della notifica del pignoramento contenente la relativa nomina. Per l'esercizio di tale potere processuale non è necessaria l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, trattandosi di esplicazione di compiti di ordinaria amministrazione nella gestione dell'immobile pignorato, ai cui frutti si estende il pignoramento.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 03/10/2005, n. 19323
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19323
Data del deposito : 3 ottobre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F G - Presidente -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. P I - Consigliere -
Dott. C M M - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.R.M. RENATO MAGNANI DI MAGNANI ANTONIO &
C. S.N.C., in persona del legale rappresentante sig. M A, elettivamente domiciliata in ROMA VIA A.

BALDOVINETTI

15, presso lo studio dell'avvocato M G, che la difende unitamente all'avvocato M G O, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
D GEL DI SCARLATTI SIMONE, in persona del legale rappresentante S S, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA ZENODOSSIO

258, presso lo studio dell'avvocato P C, che la difende unitamente all'avvocato B M, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 1444/01 della Corte d'Appello di FIRENZE, seconda sezione civile, emessa il 13703/01, depositata il 14/08/01, R.G. 188/99;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 11/07/05 dal Consigliere Dott. M M C;

udito l'Avvocato G M;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO

Federico che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 17 ottobre 1994 la soc. A.R.M. Renato Magnani di M A e &. s.n.c. conveniva dinanzi al Tribunale di Pisa la ditta G di S S deducendo: 1) aveva concesso in locazione alla convenuta, in data 1 gennaio 1989, un fondo ad uso commerciale per il canone annuale di L. 9.000.000, oltre IVA;
2) in data 2 luglio 1994 le aveva inoltrato la fattura per la rata semestrale 1 luglio - 31 dicembre 1994, pari a L. 6.400.000, compreso IVA, che non era stata pagata. Pertanto concludeva per la condanna della G al pagamento del predetto canone.
La convenuta contestava la domanda sia perché in data 14 giugno 1994 era divenuta aggiudicataria dell'immobile sottoposto a pignoramento, sì a perché l'attrice, mero custode del bene pignorato fino all'aggiudicazione di esso e carente di legittimazione ad agire in difetto di autorizzazione del G.E., aveva indebitamente trattenuto la cauzione, pari a L. 4.500.000, di cui in via riconvenzionale chiedeva la restituzione.
L'attrice replicava che la convenuta era divenuta proprietaria del bene soltanto dopo il decreto di trasferimento, emesso dal giudice dell'esecuzione il 17 agosto 1995, e quindi sussisteva l'obbligo di pagare il canone fino a tale data. Rilevava poi che il deposito cauzionale era a garanzia dell'adempimento degli obblighi del conduttore e perciò aveva trattenuto la corrispondente somma. Con sentenza del 7 ottobre 1998 il Tribunale di Pisa dichiarava la carenza di legittimazione attiva dell'attrice e la condannava a restituire il deposito cauzionale alla convenuta perché, dopo il pignoramento dell'immobile, la medesima, in qualità di locatore, aveva perso il diritto alla riscossione del canone, ai sensi dell'art. 2912 cod. civ.. Sussisteva poi, dalla data del decreto di trasferimento dell'immobile alla convenuta, il diritto della stessa alla restituzione del deposito e perciò la sua domanda doveva esser accolta, con decorrenza degli interessi dal decreto di trasferimento. Interponeva gravame la soccombente, che era rigettato dalla Corte di Appello di Firenze sulle seguenti considerazioni: 1) l'art. 2912 cod. civ. escludeva il diritto del locatore a percepire il canone, anch'
esso oggetto del pignoramento;
2) la circostanza che il locatore - proprietario fosse anche custode del bene pignorato era irrilevante perché la soc. A.R.M, non aveva agito in tale qualità e dunque la domanda in appello era nuova;
peraltro su di essa l'appellata aveva accettato il contraddittorio;
3) tuttavia, per l'acquisizione dei canoni alla procedura esecutiva, era necessario che il custode fosse autorizzato ad agire dal G.E.;
4) dunque, non avendo la società A.R.M. diritto ai canoni, doveva restituire la cauzione. Avverso questa sentenza ricorre per Cassazione la soc. A.R.M. di A M e &, cui resiste la soc. G. La soc. A.R.M. ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce: "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2912 cod. civ. (art. 360 n. 3 c.p.c.) nonché omessa e/o insufficiente motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.)". L'art. 2912 cod. civ. non può esser fatto valere a vantaggio di un soggetto estraneo alla procedura esecutiva qual è il conduttore del bene pignorato, non creditore. La pronuncia sul punto è anche viziata per difetto e/o insufficiente motivazione. 2.- Con il secondo motivo deduce: "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2912 cod. civ. in relazione agli artt. 65, 559 e 560 c.p.c. nonché violazione e/o falsa applicazione degli artt. 183, 100 e 101 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.), oltre che omessa e/o insufficiente
motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.)". La qualità di custode della soc. A.R.M. del bene pignorato, ammessa dalla soc. G, determina ulteriormente l'erronea applicazione dell'art. 2912 cod. civ. Infatti come custode la società A.R.M. ha il dove-re di ottenere la condanna del conduttore al pagamento dei canoni e di rendere il conto. Nè l'esonero dal pagamento dei canoni per il conduttore è derivabile dagli artt. 560 c.p.c. o 2912 c.c. Il custode è legittimato in quanto tale ad agire e non ha bisogno di alcuna autorizzazione ad hoc per riscuotere i canoni. Inoltre la conduttrice non aveva interesse a sollevare l'eccezione perché la locazione è indifferente all'azione esecutiva ed infatti nessuna richiesta da parte di altri soggetti le è pervenuta di pagare il canone. Anche se il contratto di locazione non fosse stato autorizzato, sarebbe relativamente inefficace nei confronti dei creditori e poi dell'acquirente dell'immobile locato, ma non nei confronti del conduttore. Peraltro il contratto è stato stipulato prima del pignoramento ed è quindi soggetto alla disciplina dell'art. 2923 c.c.. Infine ogni questione di legittimazione ad agire della soc. A.R.M. è superata perché il 18 maggio 2001 la procedura esecutiva si è chiusa con l'approvazione del piano di riparto. 3.- Con il terzo motivo deduce: "Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2912 c.c. in relazione agli artt. 11 e 41 legge 392/1978 (art. 360 n. 3 c.p.c.), nonché omessa e/o insufficiente motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.)". Dal diritto della locatrice a riscuotere i canoni deriva il diritto a trattenere la cauzione a garanzia dell'adempimento di detto obbligo. Inoltre la motivazione dei giudici di merito è contraddittoria perché da un lato ha negato il diritto della soc. A.R.M. ad ottenere i canoni di locazione fin dal pignoramento del bene;
dall'altro ha riconosciuto gli interessi sul deposito cauzionale dal decreto di trasferimento, con ciò implicitamente riconoscendo che da tale momento soltanto non era più dovuto il canone. Alla somma inizialmente richiesta a titolo di canone per il secondo semestre del 1994 si aggiunge quella dovuta per l'anno 1995, pari a L. 12.800.000, ovvero per il periodo primo gennaio - 17 agosto 1995, pari a L. 8.533.328, oltre agli interessi.
I motivi, che possono trattarsi congiuntamente perché involgono questioni strettamente connesse, sono fondati nei limiti di seguito esposti.
A norma dell'art. 2912 cod. civ. il vincolo del pignoramento si estende anche ai frutti del bene pignorato, se non assoggettati a separato pignoramento (presso terzi: art. 553 cod. proc. civ.). Pertanto, poiché la maturazione dei frutti civili, quali i canoni dovuti dal conduttore di un bene immobile, avviene giorno per giorno, ai sensi dell'art. 821, ultimo comma, cod. civ., il relativo ammontare, dopo il pignoramento - alla cui comunicazione il conduttore ha interesse (come il debitore ceduto ha interesse ad avere notizia della cessione del credito) perché, per effetto dell'art. 2917 cod. civ., il pagamento al debitore-locatore, dopo vincolo di indisponibilità del bene, è inefficace in pregiudizio del creditore pignorante e di quelli intervenuti, e dunque sussiste l'onere, per il custode, di comunicare al conduttore l'investitura del relativo ufficio - deve esser acquisito alla procedura esecutiva perché destinato alla soddisfazione dei creditori intervenuti (art. 509 cod. proc. civ.). Ne consegue altresì che dopo il pignoramento
il locatore - proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni, sia ad accettarli, e che tale legittimazione spetta, in via esclusiva, al custode, fino al decreto di trasferimento del bene (art. 586 cod. proc. civ.), per effetto del quale la proprietà di esso e dei frutti passa al patrimonio dell'aggiudicatario (ed infatti con detto provvedimento è ingiunto al custode il rilascio del bene: art. 586, secondo comma, cod. proc. civ.). Ne consegue ulteriormente che, se il proprietario
locatore è custode del bene pignorato - il che avviene ope legis se il bene è immobile: art. 559 cod. proc. civ. - pur permanendo l'identità del soggetto, muta il titolo, e dunque la veste, sia del possesso del bene, sia della richiesta di pagamento dei canoni, costituendo esercizio del potere di amministrazione e gestione del bene ( art. 65 cod. proc. civ.). Tuttavia, premesso che il mutamento del titolo alla legittimazione ad causarti per la domanda di pagamento dei canoni non comporta modifica degli elementi costitutivi di essa perché sia il petitum - pagamento dei canoni - sia la causa petendi - contratto di locazione - restano i medesimi, bensì attiene alle condizioni dell'azione - sì che è irrilevante che sulla dichiarata esistenza di tale presupposto processuale non vi sia stata contestazione - e riaffermato il principio secondo il quale la legitimatio ad causam deve esistere sin dal momento della proposizione della domanda, per economia dei giudizi e conservazione degli atti processuali è ammissibile, nel corso del giudizio ed anche in appello, fino al momento della decisione, la modifica della veste in cui un soggetto agisce, come nella fattispecie, in cui la soc. A.R.M. ha dichiarato, con l'atto di appello, di agire in qualità di custode, ufficio comunicato alla ditta G all'atto della notifica del pignoramento contenente la relativa nomina.
Quanto poi alla legitimatio ad processum del custode, e cioè all'autorizzazione del giudice dell'esecuzione (art. 171 disp. att. cod. proc. civ.) ad agire in giudizio per ottenere il pagamento dei
canoni dell'immobile pignorato, tale provvedimento non è necessario perché il relativo potere processuale è correlato a quello sostanziale innanzi indicato, esplicazione dei compiti di ordinaria amministrazione nella gestione dell'immobile pignorato, ai cui frutti si estende il pignoramento (artt. 2912 cod. civ. e 521, 553 e 559 cod. proc. civ.). Pertanto nei suesposti limiti vanno accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso - mentre il terzo motivo è assorbito anche in relazione alla domanda, se è stata tempestivamente formulata, degli ulteriori canoni maturati - e la sentenza impugnata deve esser cassata e rinviata al giudice di merito per nuovo esame della causa, alla luce dei surrichiamati principi.
Il giudice del rinvio provvederà altresì a liquidare le spese, anche del giudizio di Cassazione.

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