Cass. civ., sez. V trib., sentenza 19/01/2023, n. 1699

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 19/01/2023, n. 1699
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 1699
Data del deposito : 19 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo



1. A.A. presentò richiesta di accesso alla procedura di voluntary disclosure di cui alla L. 15 dicembre 2014, n. 186 , portando a conoscenza dell'amministrazione finanziaria i redditi che egli deteneva sotto forma di depositi in conto corrente e conto titoli presso due istituti di credito svizzeri - in violazione delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale e dei corrispondenti obblighi di dichiarazione - per i quali aveva ricevuto quattro inviti a comparire riferiti alle annualità comprese fra il (---).

Dopo la definizione della procedura, il contribuente inviò all'Amministrazione - Ufficio territoriale di Orvieto - un'istanza di rimborso delle cd. Euroritenute subite sui redditi connessi ai depositi e titoli detenuti in Svizzera, per un complessivo importo di Euro 16.707,42, assumendo che le stesse duplicavano il prelievo eseguito dallo Stato italiano per effetto del suo accesso alla voluntary disclosure.



2. Il silenzio-rifiuto dell'Amministrazione fu impugnato dal contribuente innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Terni, che ne riconobbe le ragioni.

Il successivo appello, proposto dall'Agenzia delle entrate innanzi alla Commissione tributaria regionale dell'Umbria, fu respinto.

I giudici del gravame ritennero, per quanto ancora di interesse in questa sede, che la disciplina del credito d'imposta per redditi prodotti all'estero, recata dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 165 (d'innanzi: t.u.i.r.), non fosse applicabile alla ritenuta in questione, essendo riferita solo ai redditi che concorrono a formare la base imponibile Irpef e non anche a quelli da capitale detenuto all'estero;
pertanto, ritennero ancora, nel caso di specie la ritenuta alla fonte operata dall'agente pagatore, che ne avrebbe riversato il 75% al Fisco italiano, costituiva ad ogni effetto una doppia imposizione.

Osservarono, inoltre, che la procedura di voluntary disclosure non era assimilabile all'accertamento con adesione, quanto egli effetti di cristallizzazione del debito tributario, avendo finalità diverse, assimilabili a quelle del ravvedimento operoso.



3. Avverso detta sentenza l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Resiste l'intimato con controricorso, illustrato da successiva memoria.

Motivi della decisione



1. Con l'unico motivo di ricorso l'amministrazione finanziaria denunzia violazione e falsa applicazione del D.L. 1 giugno 1990, n. 127, art.

5-quater conv. in L. n. 227 del 1990, dell'art. 14 della Direttiva n. 48/2003/CE , del D.Lgs. 18 aprile 2005, n. 84, art. 10 e dell' art. 165, comma 8 t.u.i.r.

La ricorrente, dopo aver ripercorso la disciplina della

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