Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 07/07/2005, n. 14284

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 07/07/2005, n. 14284
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14284
Data del deposito : 7 luglio 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S G - Presidente -
Dott. S A - rel. Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. P P - Consigliere -
Dott. C G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
L F, elettivamente domiciliato in Roma, via dell'Oceano Atlantico 25, studio avv. M G L, presso l'avv. R D che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
Regione Molise in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ex lege;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 181/2002, decisa il 18 settembre 2002 e pubblicata il 24 settembre 2002, resa dalla Corte d'Appello di Campobasso nel procedimento n. 252/2001 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 4 maggio 2005 dal relatore Cons. Dott. A S;

udito il P.M. che, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P M, ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in data 26 luglio 2000 L F ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Campobasso in funzione di Giudice del Lavoro la Regione Molise al fine di ottenere il computo dell'assegno a lui spettante, siccome occupato in lavori socialmente utili presso detto Ente, con riferimento alla retribuzione percepita da dipendente di egual livello al lordo anziché al netto delle ritenute previdenziali.
Con sentenza n. 238/2001 in data 10 maggio 2001 il Giudice adito ha respinto la domanda.
Interponeva appello il Laudadio e in esito il gravame è stato rigettato con sentenza n. 252/2001, emessa in data 18 - 24 settembre 2001 dalla Corte d'Appello di Campobasso. La decisione viene così motivata.
Osservava la Corte territoriale che al rapporto de quo deve applicarsi, ratione temporis, non già la disciplina introdotta con il Decreto Legislativo 1 dicembre 1997 n. 468 ma quella dettata all'art. 1 bis del Decreto legge 28 maggio 1981 n. 244. Osserva ancora che il parametro di riferimento deve essere quanto il lavoratore di egual livello effettivamente percepisce e non già quanto risulta prima delle detrazioni previdenziali ed assistenziali. Avverso la sentenza, che dalla copia autentica versata in atti da parte ricorrente risulta notificata in data 30 ottobre 2002, propone ricorso per Cassazione L F con atto notificato in data 15 novembre 2002, sulla base di due motivi.
La Regione Molise resiste con controricorso notificato in data 23 dicembre 2002.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si premette che la causa già è stata trattata in pubblica udienza. La Corte ha dato atto che nel procedimento n. 24603/2002 + 27361/2002, trattato alla stessa udienza e relativo ad altra sentenza della Corte d'Appello di Campobasso avente contenuto identico a quella oggetto del presente giudizio di legittimità, avverso la quale sono state sollevate da parte ricorrente questioni identiche a quelle proposte in questa sede, la Regione Molise ha rilevato con ricorso incidentale il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario rispetto al rapporto tra i lavoratori socialmente utili occupati in progetti elaborati dalla Regione Molise e l'ERSAM, Ente di Sviluppo agricolo, Ente Pubblico non economico, beneficiario dell'attività svolta dal ricorrente. Ha ancora dato atto che per detto ricorso gli atti sono stati trasmessi al sig. Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni unite, dovendosi decidere in ordine a questione di giurisdizione. Atteso che la domanda del lavoratore è stata rigettata in primo come in secondo grado e pertanto non vi è stata implicita pronuncia in ordine a tale questione, ha ritenuto indispensabile rimettere la presente causa al Primo Presidente, dovendosi decidere di ufficio in ordine alla questione di giurisdizione ed ha provveduto in tal senso con ordinanza 8 ottobre 2003. Le Sezioni Unite, con la sentenza 3509/2005, decisa il 3 febbraio 2005, hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario e rimesso gli atti a questa Sezione Lavoro per l'ulteriore corso. Col primo motivo si denuncia, con riferimento al n. 3 dell'art. 360 epe, la violazione o falsa applicazione dell'art. 1 bis del DL 244/81. Si osserva che la retribuzione da prendersi in considerazione è appunto quella al lordo delle ritenute previdenziali, contrattata con le rappresentanze sindacali. Si osserva ancora che la decurtazione in misura uguale alle ritenute previdenziali porterebbe ad una ingiustificata decurtazione delle spettanze del lavoratore socialmente utile il quale non può fruire di trattamento previdenziale di sorta.
La censura non appare fondata.
La norma invocata dal ricorrente (comma secondo del cennato art. 1 bis) così testualmente dispone:
"Ai lavoratori di cui al precedente comma è dovuta, a carico delle Amministrazioni pubbliche interessate, una somma pari alla differenza tra la somma corrisposta dall'INPS a titolo di integrazione salariale e il salario o stipendio che sarebbe stato percepito in costanza del rapporto di lavoro e, comunque, non superiore a quello dei lavoratori che nell'amministrazione pubblica interessata svolgono pari mansioni".
Il salario o stipendio è dunque assunto come un mero parametro di riferimento, sia che si tratti di quello che sarebbe stato percepito in costanza di lavoro, sia quello, eventualmente inferiore, percepito dai dipendenti dell'Amministrazione interessata di egual livello. Non vi è quindi ragione di sorta per affermare che proprio in questa seconda ipotesi il parametro di riferimento deve essere lo stipendio al lordo delle ritenute previdenziali, atteso che trattasi non già di un salario contrattato ma solamente di un mero dato contabile, richiamato al fine di stabilire la remunerazione per il lavoro socialmente utile in misura tale da non creare una situazione di vantaggio nei riguardi di coloro che svolgono la stessa attività in forza di un diverso titolo.
E non ha pregio l'argomentazione fondata sul rilievo che i lavoratori socialmente utili verrebbero così a subire una trattenuta previdenziale dalla quale non possono trarre beneficio di sorta, posto che nessuna trattenuta viene effettuata ma solamente si determina la spettanza in base a un dato di fatto.
È il caso di ricordare che questa Corte già si è pronunciata sull'argomento e, con sentenza sez. lav., 1 settembre 2004, n. 17593, ha appunto affermato che "l'art. 1 bis d.l. 28 maggio 1981 n. 244, convertito in l. n. 390 del 1981, nel testo sostituito quanto al 2 comma dell'art. 8 l. 28 febbraio 1986 n. 41, là dove prevede che ai
lavoratori utilizzati in lavori socialmente utili è dovuta, a carico delle p.a. beneficiarle delle relative prestazioni, una somma pari alla differenza tra quella corrisposta dall'Inps a titolo di integrazione salariale ed il salario o lo stipendio che sarebbe stato percepito in costanza di rapporto di lavoro e, comunque, non superiore a quello dei lavoratori che nella p.a. interessata svolgono pari mansioni, dev'essere interpretato nel senso che il riferimento è da intendersi alla retribuzione di detti lavoratori al netto delle ritenute previdenziali, dovendosi escludere - anche alla luce di quanto poi espressamente disposto dall'art. 8 d.leg. n. 468 del 1997, che ha esplicitato il principio in tal senso già desumibile in precedenza - che il legislatore avesse voluto monetizzare gli oneri previdenziali quale ulteriore trattamento di favore per detti lavoratori".
Col secondo motivo si denuncia la violazione falsa applicazione del DL 31/95 e successivi DL di reiterazione, non convertiti. La censura non coglie l'effettivo contenuto della decisione impugnata che richiama tali decreti solo per far notare che essi prevedevano l'applicazione al caso in esame appunto dell'art. 1 bis del DL 244/1981 e pertanto la disciplina applicabile, pur in presenza di mancata conversione in legge, rimane comunque quella previgente, di cui fra l'altro il ricorrente invoca appunto l'applicazione. Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Attesa la natura previdenziale della controversia, nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui all'art. 42,
comma 11, del DL n. 269 del 30 settembre 2003, nella specie inapplicabile ratione temporis.

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