Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 12/05/2021, n. 12642

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Le Università statali non devono esplicitare le ragioni per le quali ritengono opportuno avvalersi del "patrocinio autorizzato" ex art. 43 del r.d. n. 1611 del 1933, spettante per legge all'Avvocatura dello Stato, ove si siano dotate di un'avvocatura interna, perché anche in tal caso non vengono meno gli interessi pubblici che il legislatore ha apprezzato nel dettare la disciplina del predetto patrocinio, con la conseguenza che una delibera motivata è richiesta solo qualora l'ente ritenga di dover derogare al regime ordinario stabilito dalla disciplina in questione.

In tema di dirigenza nelle Università statali, la scelta del direttore generale - al quale non possono essere estesi, attesa la sussistenza di una normativa speciale in materia, i principi che valgono, quanto all'instaurazione del rapporto, per l'impiego pubblico a tempo determinato o indeterminato - non deve avvenire, in mancanza di apposita previsione statutaria, all'esito di una procedura selettiva, non richiesta dalla normativa in questione, con la conseguenza che il contratto stipulato tra le parti non preceduto dalla predetta procedura non è affetto da nullità, stante l'assenza di una norma imperativa che fissi, quale condizione per la stipula del negozio di diritto privato, la previa procedimentalizzazione della scelta.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 12/05/2021, n. 12642
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12642
Data del deposito : 12 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

T IT IR D E T N E S E 12 MAG. 2021 S E T N E S 12642/21 E AULA'B' N O I Z A R T S I G E R E T Oggetto N REPUBBLICA ITALIAA E S E Direttore IN NOME DEL POPOLO ITALIAO generale università CASSAZIONE LA CORTE SUPREMA DI Modalità di scelta SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: R.G.N. 25505/2018 12642 Dott. LUCIA TIA Presidente Cron. Dott. A TCE - Consigliere Rep. Dott. ANALISA DI PNIO Rel. Consigliere Ud. 28/01/2021 Consigliere Pij Dott. CINA MAROTTA · Consigliere Dott. FRACESCA SA ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 25505-2018 proposto da: M L, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, 19, presso lo studio Toffoletto De Luca Tamajo e Soci, rappresentato e difeso dagli avvocati RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, VINCENZO LUCIAI ricorrente дея e CONCETTO FERRAROTTO;
2021 contro 382 UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CATAIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
- controricorrente avversO la sentenza n. 601/2018 della CORTE D'APPELLO di CATAIA, depositata il 27/06/2018 R.G.N. 423/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/01/2021 dal Consigliere Dott. ANALISA DI PNIO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Dott. ROBERTO MUCCI visto l'art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 137, n. convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte. Ally RG 25505/2018 FATTI DI CAUSA 1. La Corte d' Appello di Catania ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso proposto da Lucio M nei confronti dell'Università degli Studi di Catania ed aveva dichiarato illegittima la revoca dell'incarico di direttore generale, condannando l'Ateneo a ripristinare il rapporto fino alla sua naturale scadenza, a corrispondere le retribuzioni maturate sino alla data dell'effettiva riammissione in servizio, al risarcimento del danno non patrimoniale patito dal ricorrente, quantificato in complessivi € 113.479,26. 2. La Corte territoriale, respinta l'eccezione di rito relativa alla nullità o improcedibilità dell'appello dell'Università per difetto di procura, ha ritenuto assorbente e fondato il motivo di gravame con il quale l'appellante aveva riproposto la questione della nullità del contratto stipulato in difetto della necessaria selezione pubblica.

3. Il giudice d'appello ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte in tema di conferimento degli incarichi dirigenziali, i principi affermati dalla Corte costituzionale sugli obblighi che l'art. 97 Cost. impone alle pubbliche amministrazioni nonché gli arresti della giurisprudenza amministrativa e contabile, alla luce dei quali ha interpretato l'art. 2 della legge n. 240/2010, pervenendo alla conclusione che la norma, nella parte in cui impone di scegliere il direttore generale tra personalità di elevata qualificazione e comprovata esperienza pluriennale in funzioni dirigenziali, presuppone che la scelta stessa avvenga all'esito di procedura, se non concorsuale almeno selettiva, che consenta di individuare il soggetto cui conferire l'incarico fra una pluralità di aspiranti, nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento, nonché di correttezza e buona fede.

4. Ne ha desunto la contrarietà a norma imperativa di legge del contratto individuale, stipulato il 20 agosto 2012 in difetto di procedura di selezione, e ha ritenuto infondata sia la domanda di accertamento dell'illegittimità della revoca, sia quella di risarcimento del danno patrimoniale e del danno alla professionalità, evidenziando che il lavoratore non può pretendere che la Pubblica Amministrazione dia esecuzione ad un negozio invalido.

5. Quanto al danno all'immagine il giudice d'appello, pur dando atto della risarcibilità dello stesso a prescindere dalla validità del rapporto contrattuale, ha sottolineato che il risarcimento presuppone la prova della diminuita considerazione del preteso danneggiato nell'ambiente universitario o nell'ambiente sociale in genere, perché il danno non è mai in re ipsa e non è sufficiente a fini probatori la mera potenzialità lesiva della condotta sicché, qualora si solleciti il ricorso alla prova presuntiva, occorre che siano allegate circostanze concrete dalle quali desumere il pregiudizio subito. der 1 RG 25505/2018 6. Infine la Corte territoriale ha rilevato che non sussiste responsabilità del datore di lavoro nel caso in cui i fatti materiali addebitati siano sussistenti e la contestazione avvenga con modalità non ingiuriose e nel rispetto delle garanzie difensive del dipendente.

7. Sulla base di considerazioni analoghe il giudice d'appello ha ritenuto infondata anche la domanda di risarcimento del danno all'immagine proposta dall'Università, perché non era stata offerta prova del discredito subito né di un comportamento colposo del dirigente, e pertanto, in considerazione della parziale reciproca soccombenza, ha compensato per un quarto le spese di lite, ponendo a carico del M la quota residua.

8. Per la cassazione della sentenza Lucio M ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi ai quali l'Università degli Studi di Catania ha replicato con controricorso.

9. La causa, dapprima avviata alla trattazione camerale, è stata poi fissata in pubblica udienza in ragione dell'importanza delle questioni giuridiche coinvolte. 10. La Procura Generale ha concluso ex art. 23, comma 8 bis del d.l. n. 137/2020, convertito in legge n. 176/2020, per il rigetto del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione «del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, lett. o, L. 240/2010 e 16, comma 1, lett. f, d.lgs. 165/2001, a sua volta recepito nel vigente statuto di Ateneo, art. 11, comma 2, lett. f) nonché nel regolamento di Ateneo, D.R. 3387 dell'8/10/2015, art. 13, comma 3, in relazione agli artt. 75 e 83 c.p.c.;
violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 45 R.D. n. 1611 del 1933;
degli artt. 163, 164, 414 e 434 c.p.c. » e sostiene, in sintesi, che dall'incontestata esistenza di un'Avvocatura di Ateneo, strutturalmente e normalmente incaricata della difesa in giudizio dell'Università, discendeva l'obbligo per il Direttore Generale di indicare le ragioni per le quali il patrocinio veniva conferito all'Avvocatura dello Stato anziché a quella interna e pertanto, in mancanza della necessaria previa determinazione, l'appello doveva essere ritenuto nullo per difetto di procura ad agire o di capacità ad agire.

2. La seconda censura, ricondotta al vizio di cui all'art. 360 n. 3