Cass. pen., sez. V, sentenza 25/05/2023, n. 23003
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Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: DI S G nato a PALERMO il 27/10/1957 DI S A nato a PALERMO il 31/03/1963 DI S F nato a PALERMO il 26/08/1970 DI S G nato a PALERMO il 12/07/1960 avverso la sentenza del 03/06/2021 della CORTE APPELLO di PALERMOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere P B;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L G che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi. udito il difensore Avvocato M C A, sostituto processuale dell'avvocato F V, per i ricorrenti, che si è riportato ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 3 giugno 2021 dalla Corte di appello di Palermo, che ha riformato parzialmente la dec sione del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Palermo che, all'esito di rito abbreviato, aveva condannato — escludendo la circostanza aggravante di cui all'art. 219, comma 1, legge fall. — i fratelli G, A, F e G D S per bancarotta fraudolenta distrattiva (tutti), bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta semplice da ritardata richiesta di fallimento (solo i primi due);
i reati si collocano nell'ambito del fallimento della società "F.11i D S s.r.l.", dichiarato dal Tribunale di Palermo il 20 dicembre 2013, società di cui i primi due erano legali rappresentanti (oltre che soci) e gli altri due soci. All'esito della sentenza di appello: - i soci F e G D S sono stati assolti dall'addebito relativo ad una parte delle condotte distrattive, mentre ne è stata confermata la penale responsabilità quanto alla distrazione di euro 481.785,29 (per i soli prelevamenti eseguiti dai soci), con riduzione della pena ad anni due e mesi quattro di reclusione;
- la sentenza di condanna è stata confermata quanto agli amministratori G e A D S, con riduzione della pena ad anni tre di reclusione e revoca della pena accessoria dell'interdizione dai PPUU;
- per tutti le pene accessorie di cui all'art. 216, ultimo comma, legge fall. sono state ridotte ad anni quattro.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per c:assazione tutti gli imputati, a mezzo del sostituto del difensore di fiducia, che non era cassazionista, che ha redatto due distinti atti, uno per G e A D S e l'altro per F e G D S.
3. I ricorsi per G e A di Stefano si compongono di sei motivi.
3.1. Il primo motivo di ricorso — concernente la bancarotta fraudolenta distrattiva di cui al capo A) — lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 216, comma 1 n. 1) e 223 legge fall. e 110 cod. pen. e vizio di motivazione. Osservano i ricorrenti, quanto alla distrazione di euro 464,50 per differenza di cassa non consegnata, che, in sede di interrogatorio dinanzi al curatore, essi avevano consegnato il residuo cassa che ricordavano — pari ad 80 euro — riservandosi di consegnare l'eventuale differenza che fosse emersa dalla chiusura della contabilità. Ciò — assumono i ricorrenti — denoterebbe l'assenza dell'elemento psicologico. Riguardo alla distrazione di 93.145,80 euro, l'annotazione contabile concerne un pagamento erogato a favore dei dipendenti poco prima della dichiarazione di fallimento e — sostengono i ricorrenti — sarebbe illogica e contraddittoria la motivazione della Corte di appello allorché ha escluso che la fuoriuscita di tale somma dalla casse sociali potesse essere effettivamente avvenuta, in contanti, per detto scopo. Ciò contrasterebbe con quanto riferito dal consulente di ufficio dott. Lo F, il quale aveva riferito che molti pagamenti, anche di importo elevato, erano effettuati in contanti. In ordine ai prelevamenti dei soci per euro 481.785,29, i ricorrenti sostengono che essi avevano due differenti causali: quello di euro 232.143,91 era imputabile a restituzioni di finanziamenti dei soci e quello di euro 249.631,38 era imputabile al pagamento degli stipendi dei soci/lavoratori. L'assunto della Corte di merito secondo cui mancava il benché minimo dato di conferma circa la destinazione delle somme sarebbe in contrasto con la relazione del dr. Lo F. Il consulente aveva altresì indicato la periodicità della corresponsione degli stipendi, dato ignorato dalla Corte di appello quando ha ritenuto che la somma era stata percepita dai beneficiari tutta in un'unica soluzione e solo quando la società era prossima alla decozione. Secondo i ricorrenti, inoltre, vi sarebbe una contraddizione nel percorso motivazionale, laddove la Corte territoriale ha prima escluso che vi fosse prova della destinazione retributiva dell'ammanco e poi ha affermato che era pacifico che i soci avessero svolto attività lavorativa "in nero". Il rapporto di lavoro esisteva e la somma prelevata costituisce la retribuzione per il lavoro svolto, il che ne escluderebbe la natura distrattiva, perché i soci lavoravano per molte ore al giorno, sette giorni su sette e percepivano 1500 euro mensili. Con riferimento alla distrazione di euro 232.143,91, il costrutto della Corte distrettuale — secondo cui non era provata la destinazione alla restituzione di finanziamenti dei soci — si scontrerebbe, ancora una volta, con la consulenza del dott. Lo F. Il vizio motivazionale sarebbe evidente perché il curatore non aveva richiesto la restituzione della somma, come pure evincibile dalla medesima consulenza. La sentenza impugnata, inoltre, sarebbe "elusiva" in punto di coefficiente soggettivo perché non avrebbe valutato che la difesa aveva rappresentato che il curatore aveva rinvenuto beni strumentali per 40.000 euro, che ingiustificatamente la Corte di merito ha reputato difficilmente negoziabili.
3.2. Il secondo motivo di ricorso — sempre concernente il reato di cui al capo A) — lamenta violazione dell'art. 216, comma 1, n. 1) e comma 3, legge fall. e mancanza di motivazione in ordine alla domandata riqualificazione della bancarotta fraudolenta distrattiva in bancarotta preferenziale. L'argomento sarebbe stato liquidato con un mero rinvio alla motivazione destinata alla conferma del verdetto di condanna per la bancarotta fraudolenta distrattiva. Di contro, si sarebbe imposta la riqualificazione in bancarotta preferenziale dal momento che sia le restituzioni delle anticipazioni in precedenza erogate nei confronti della società che gli emolumenti percepiti costituiscono crediti vantati nei confronti della società. A seguire, il ricorso cita a sostegno delle proprie ragioni alcuni precedenti di legittimità, segnalando che la restituzione riguardava somme erogate dai soci alla società come finanziamento e non in conto capitale.
3.3. Il terzo motivo di ricorso — concernente il reato di cui al capo B) — lamenta violazione di legge quanto agli artt. 216, comma 1 n. 2, 223, 217, comma 2 e 224 legge fall. e vizio di motivazione. Quest'ultima sarebbe contraddittoria laddove la Corte di appello, da una parte, ha escluso che gli amministratori fossero inesperti e, dall'altra, ha negato la derubricazione in bancarotta documentale semplice, erroneamente giustificanco tale conclusione con l'impossibilità di ritenere la condotta meramente colposa;
così dimenticando, però, che la bancarotta semplice è punita anche a titolo di dolo. Gli imputati erano inesperti e ciò sarebbe dimostrato dalla loro audizione davanti al curatore e dalle stesse anomalie contabili, che non avevano procurato loro alcun profitto. Inoltre — si legge ancora nel ricorso — la Corte di merito avrebbe trascurato le argomentazioni difensive secondo cui l'imponente giacenza di cassa serviva per pagamenti per cui non potevano essere utilizzati strumenti diversi. Se vi fosse stata una volontà decettiva — concludono i ricorrenti — questi ultimi non sarebbero stati tanto collaborativi con la curatela.
3.4. Il quarto motivo di ricorso — relativo alla bancarotta semplice di cui al capo C) — denunzia violazione degli artt. 217, comma 1, n. 4) e 224 legge fall. nonché vizio di motivazione. La sentenza impugnata sarebbe illogica già prima facie, giacché, nella motivazione, aveva discorso di inammissibilità degli appelli e poi, nel dispositivo, aveva scritto di "parziale riforma" e di "conferma" della sentenza di primo grado. Dopodiché il ricorso riporta un passaggio della decisione avversata, per poi contrastarlo affermando che la Corte di merito avrebbe posto a carico della difesa l'onere della prova della tesi assolutoria e il consulente dr. Lo F non aveva affermato quello che la Corte sosteneva, essendosi pronunciato solo sulla violazione dell'art. 2482-ter cod. civ. La sentenza impugnata, infine, avrebbe omesso di motivare circa il coefficiente soggettivo del reato, ad onta della censura che si legge nell'appello.
3.5. Il quinto motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio perché la Corte di appello — motivando con mere formule di stile — è partita dalla pena di anni sei e mesi nove di reclusione, che è eccessiva considerato che si tratta di soggetti incensurati, collaborativi e protagonisti di una realtà imprenditoriale di piccolo calibro (un bar).
3.6. Il sesto motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla durata — così come rideterminata dalla Corte di appello — delle pene accessorie di cui all'art. 216, ultimo comma, legge fall., per cui non era stata offerta alcuna motivazione;
inoltre la quantificazione in
udita la relazione svolta dal Consigliere P B;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L G che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi. udito il difensore Avvocato M C A, sostituto processuale dell'avvocato F V, per i ricorrenti, che si è riportato ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 3 giugno 2021 dalla Corte di appello di Palermo, che ha riformato parzialmente la dec sione del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Palermo che, all'esito di rito abbreviato, aveva condannato — escludendo la circostanza aggravante di cui all'art. 219, comma 1, legge fall. — i fratelli G, A, F e G D S per bancarotta fraudolenta distrattiva (tutti), bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta semplice da ritardata richiesta di fallimento (solo i primi due);
i reati si collocano nell'ambito del fallimento della società "F.11i D S s.r.l.", dichiarato dal Tribunale di Palermo il 20 dicembre 2013, società di cui i primi due erano legali rappresentanti (oltre che soci) e gli altri due soci. All'esito della sentenza di appello: - i soci F e G D S sono stati assolti dall'addebito relativo ad una parte delle condotte distrattive, mentre ne è stata confermata la penale responsabilità quanto alla distrazione di euro 481.785,29 (per i soli prelevamenti eseguiti dai soci), con riduzione della pena ad anni due e mesi quattro di reclusione;
- la sentenza di condanna è stata confermata quanto agli amministratori G e A D S, con riduzione della pena ad anni tre di reclusione e revoca della pena accessoria dell'interdizione dai PPUU;
- per tutti le pene accessorie di cui all'art. 216, ultimo comma, legge fall. sono state ridotte ad anni quattro.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per c:assazione tutti gli imputati, a mezzo del sostituto del difensore di fiducia, che non era cassazionista, che ha redatto due distinti atti, uno per G e A D S e l'altro per F e G D S.
3. I ricorsi per G e A di Stefano si compongono di sei motivi.
3.1. Il primo motivo di ricorso — concernente la bancarotta fraudolenta distrattiva di cui al capo A) — lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 216, comma 1 n. 1) e 223 legge fall. e 110 cod. pen. e vizio di motivazione. Osservano i ricorrenti, quanto alla distrazione di euro 464,50 per differenza di cassa non consegnata, che, in sede di interrogatorio dinanzi al curatore, essi avevano consegnato il residuo cassa che ricordavano — pari ad 80 euro — riservandosi di consegnare l'eventuale differenza che fosse emersa dalla chiusura della contabilità. Ciò — assumono i ricorrenti — denoterebbe l'assenza dell'elemento psicologico. Riguardo alla distrazione di 93.145,80 euro, l'annotazione contabile concerne un pagamento erogato a favore dei dipendenti poco prima della dichiarazione di fallimento e — sostengono i ricorrenti — sarebbe illogica e contraddittoria la motivazione della Corte di appello allorché ha escluso che la fuoriuscita di tale somma dalla casse sociali potesse essere effettivamente avvenuta, in contanti, per detto scopo. Ciò contrasterebbe con quanto riferito dal consulente di ufficio dott. Lo F, il quale aveva riferito che molti pagamenti, anche di importo elevato, erano effettuati in contanti. In ordine ai prelevamenti dei soci per euro 481.785,29, i ricorrenti sostengono che essi avevano due differenti causali: quello di euro 232.143,91 era imputabile a restituzioni di finanziamenti dei soci e quello di euro 249.631,38 era imputabile al pagamento degli stipendi dei soci/lavoratori. L'assunto della Corte di merito secondo cui mancava il benché minimo dato di conferma circa la destinazione delle somme sarebbe in contrasto con la relazione del dr. Lo F. Il consulente aveva altresì indicato la periodicità della corresponsione degli stipendi, dato ignorato dalla Corte di appello quando ha ritenuto che la somma era stata percepita dai beneficiari tutta in un'unica soluzione e solo quando la società era prossima alla decozione. Secondo i ricorrenti, inoltre, vi sarebbe una contraddizione nel percorso motivazionale, laddove la Corte territoriale ha prima escluso che vi fosse prova della destinazione retributiva dell'ammanco e poi ha affermato che era pacifico che i soci avessero svolto attività lavorativa "in nero". Il rapporto di lavoro esisteva e la somma prelevata costituisce la retribuzione per il lavoro svolto, il che ne escluderebbe la natura distrattiva, perché i soci lavoravano per molte ore al giorno, sette giorni su sette e percepivano 1500 euro mensili. Con riferimento alla distrazione di euro 232.143,91, il costrutto della Corte distrettuale — secondo cui non era provata la destinazione alla restituzione di finanziamenti dei soci — si scontrerebbe, ancora una volta, con la consulenza del dott. Lo F. Il vizio motivazionale sarebbe evidente perché il curatore non aveva richiesto la restituzione della somma, come pure evincibile dalla medesima consulenza. La sentenza impugnata, inoltre, sarebbe "elusiva" in punto di coefficiente soggettivo perché non avrebbe valutato che la difesa aveva rappresentato che il curatore aveva rinvenuto beni strumentali per 40.000 euro, che ingiustificatamente la Corte di merito ha reputato difficilmente negoziabili.
3.2. Il secondo motivo di ricorso — sempre concernente il reato di cui al capo A) — lamenta violazione dell'art. 216, comma 1, n. 1) e comma 3, legge fall. e mancanza di motivazione in ordine alla domandata riqualificazione della bancarotta fraudolenta distrattiva in bancarotta preferenziale. L'argomento sarebbe stato liquidato con un mero rinvio alla motivazione destinata alla conferma del verdetto di condanna per la bancarotta fraudolenta distrattiva. Di contro, si sarebbe imposta la riqualificazione in bancarotta preferenziale dal momento che sia le restituzioni delle anticipazioni in precedenza erogate nei confronti della società che gli emolumenti percepiti costituiscono crediti vantati nei confronti della società. A seguire, il ricorso cita a sostegno delle proprie ragioni alcuni precedenti di legittimità, segnalando che la restituzione riguardava somme erogate dai soci alla società come finanziamento e non in conto capitale.
3.3. Il terzo motivo di ricorso — concernente il reato di cui al capo B) — lamenta violazione di legge quanto agli artt. 216, comma 1 n. 2, 223, 217, comma 2 e 224 legge fall. e vizio di motivazione. Quest'ultima sarebbe contraddittoria laddove la Corte di appello, da una parte, ha escluso che gli amministratori fossero inesperti e, dall'altra, ha negato la derubricazione in bancarotta documentale semplice, erroneamente giustificanco tale conclusione con l'impossibilità di ritenere la condotta meramente colposa;
così dimenticando, però, che la bancarotta semplice è punita anche a titolo di dolo. Gli imputati erano inesperti e ciò sarebbe dimostrato dalla loro audizione davanti al curatore e dalle stesse anomalie contabili, che non avevano procurato loro alcun profitto. Inoltre — si legge ancora nel ricorso — la Corte di merito avrebbe trascurato le argomentazioni difensive secondo cui l'imponente giacenza di cassa serviva per pagamenti per cui non potevano essere utilizzati strumenti diversi. Se vi fosse stata una volontà decettiva — concludono i ricorrenti — questi ultimi non sarebbero stati tanto collaborativi con la curatela.
3.4. Il quarto motivo di ricorso — relativo alla bancarotta semplice di cui al capo C) — denunzia violazione degli artt. 217, comma 1, n. 4) e 224 legge fall. nonché vizio di motivazione. La sentenza impugnata sarebbe illogica già prima facie, giacché, nella motivazione, aveva discorso di inammissibilità degli appelli e poi, nel dispositivo, aveva scritto di "parziale riforma" e di "conferma" della sentenza di primo grado. Dopodiché il ricorso riporta un passaggio della decisione avversata, per poi contrastarlo affermando che la Corte di merito avrebbe posto a carico della difesa l'onere della prova della tesi assolutoria e il consulente dr. Lo F non aveva affermato quello che la Corte sosteneva, essendosi pronunciato solo sulla violazione dell'art. 2482-ter cod. civ. La sentenza impugnata, infine, avrebbe omesso di motivare circa il coefficiente soggettivo del reato, ad onta della censura che si legge nell'appello.
3.5. Il quinto motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio perché la Corte di appello — motivando con mere formule di stile — è partita dalla pena di anni sei e mesi nove di reclusione, che è eccessiva considerato che si tratta di soggetti incensurati, collaborativi e protagonisti di una realtà imprenditoriale di piccolo calibro (un bar).
3.6. Il sesto motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla durata — così come rideterminata dalla Corte di appello — delle pene accessorie di cui all'art. 216, ultimo comma, legge fall., per cui non era stata offerta alcuna motivazione;
inoltre la quantificazione in
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