Cass. pen., sez. VI, sentenza 02/12/2022, n. 45873
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Testo completo
seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da B R, nato a Milano il 20 ottobre 1966 avverso l'ordinanza del 23 giugno 2022 del Tribunale di Pavia;
visti gli atti e l'ordinanza impugnata;
esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere E G;
lette le conclusioni del PG, in persona della dottoressa S S, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. il Tribunale del riesame di Pavia con ordinanza del 23 giugno 2022 ha respinto l'impugnazione proposta ex art. 324 c.p.p. da R B avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca in via diretta o per equivalente emesso dal locale G.i.p. il precedente 24 febbraio 2022 in relazione a procedimento per il delitto di cui all'art. 314 c.p. All'indagato si contesta di essersi appropriato, nella sua qualità di direttore pro tempore dell'ufficio postale di Zibido San Giacomo (PV), di complessivi euro 34.100 della società Poste italiane SPA, di cui aveva la disponibilità per ragione del suo ufficio.
2. Il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistente il fumus commissi delicti e la riconducibilità dell'appropriazione al B (anche perché lo stesso indagato aveva ammesso il fatto), rigettando altresì il motivo difensivo incentrato sulla non configurabilità, nella specie, del delitto di peculato, in considerazione dell'assenza della necessaria qualità soggettiva di pubblico ufficiale in capo al B. Secondo la deduzione difensiva, il fatto doveva invece essere riqualificato quale appropriazione indebita aggravata, improcedibile per mancanza della necessaria condizione di procedibilità.
3. Nell'ordinanza di riesame il Tribunale pavese, richiamando alcune pronunce della Cassazione, ha precisato che la condotta dell'indagato - che si era appropriato di somme di denaro presenti nella cassa dell'ufficio postale da lui diretto (gli ammanchi riscontrati erano di euro 550 dalla cassa principale DUP e 33.550 dall'ATM) - integra pacificamente la fattispecie di peculato in quanto secondo la più recente giurisprudenza di legittimità il direttore dell'ufficio postale, che si appropri di denaro prelevato direttamente dalla cassa ove confluiscono gli introiti delle operazioni inerenti i servizi postali, riveste la qualifica di pubblico ufficiale avuto riguardo ai poteri di certificazione dallo stesso esercitati per le consegne e i versamenti di somme di denaro effettuati dagli utenti.
4. B, a mezzo del proprio difensore, ha proposto nei confronti dell'indicata ordinanza ricorso per cassazione, nel quale deduce un unico, articolato, motivo inerente la inosservanza o erronea applicazione di legge ex articoli 357 o 358 c.p. e 314 c.p. Eccepisce l'assenza in capo al direttore di ufficio postale della qualità di pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357 o comunque di incaricato di pubblico servizio ai sensi dell'art. 358 c.p. Conseguentemente deduce l'erronea qualificazione dell'appropriazione del denaro dalla cassa ATM e cassa DUP di Poste Italiane quale delitto di peculato ex art. 314 c.p. e non invece quale reato di appropriazione indebita ai sensi dell'art. 646 c.p. con conseguente annullamento del sequestro per irritualità della denuncia-querela ai sensi
visti gli atti e l'ordinanza impugnata;
esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere E G;
lette le conclusioni del PG, in persona della dottoressa S S, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. il Tribunale del riesame di Pavia con ordinanza del 23 giugno 2022 ha respinto l'impugnazione proposta ex art. 324 c.p.p. da R B avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca in via diretta o per equivalente emesso dal locale G.i.p. il precedente 24 febbraio 2022 in relazione a procedimento per il delitto di cui all'art. 314 c.p. All'indagato si contesta di essersi appropriato, nella sua qualità di direttore pro tempore dell'ufficio postale di Zibido San Giacomo (PV), di complessivi euro 34.100 della società Poste italiane SPA, di cui aveva la disponibilità per ragione del suo ufficio.
2. Il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistente il fumus commissi delicti e la riconducibilità dell'appropriazione al B (anche perché lo stesso indagato aveva ammesso il fatto), rigettando altresì il motivo difensivo incentrato sulla non configurabilità, nella specie, del delitto di peculato, in considerazione dell'assenza della necessaria qualità soggettiva di pubblico ufficiale in capo al B. Secondo la deduzione difensiva, il fatto doveva invece essere riqualificato quale appropriazione indebita aggravata, improcedibile per mancanza della necessaria condizione di procedibilità.
3. Nell'ordinanza di riesame il Tribunale pavese, richiamando alcune pronunce della Cassazione, ha precisato che la condotta dell'indagato - che si era appropriato di somme di denaro presenti nella cassa dell'ufficio postale da lui diretto (gli ammanchi riscontrati erano di euro 550 dalla cassa principale DUP e 33.550 dall'ATM) - integra pacificamente la fattispecie di peculato in quanto secondo la più recente giurisprudenza di legittimità il direttore dell'ufficio postale, che si appropri di denaro prelevato direttamente dalla cassa ove confluiscono gli introiti delle operazioni inerenti i servizi postali, riveste la qualifica di pubblico ufficiale avuto riguardo ai poteri di certificazione dallo stesso esercitati per le consegne e i versamenti di somme di denaro effettuati dagli utenti.
4. B, a mezzo del proprio difensore, ha proposto nei confronti dell'indicata ordinanza ricorso per cassazione, nel quale deduce un unico, articolato, motivo inerente la inosservanza o erronea applicazione di legge ex articoli 357 o 358 c.p. e 314 c.p. Eccepisce l'assenza in capo al direttore di ufficio postale della qualità di pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357 o comunque di incaricato di pubblico servizio ai sensi dell'art. 358 c.p. Conseguentemente deduce l'erronea qualificazione dell'appropriazione del denaro dalla cassa ATM e cassa DUP di Poste Italiane quale delitto di peculato ex art. 314 c.p. e non invece quale reato di appropriazione indebita ai sensi dell'art. 646 c.p. con conseguente annullamento del sequestro per irritualità della denuncia-querela ai sensi
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