Cass. pen., sez. VI, sentenza 17/07/2018, n. 33029

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 17/07/2018, n. 33029
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 33029
Data del deposito : 17 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da R C, nato il 22/03/1952 a Sarno avverso la sentenza del 20/06/2017 della Corte di appello di Salerno visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M R;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L T, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. F G, in sost. dell'Avv. C G, per la parte civile, che ha chiesto il rigetto del ricorso e depositato la nota spese;
udito il difensore, Avv. G M B, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20/6/2017 la Corte di appello di Salerno in parziale riforma di quella del Tribunale di Salerno del 17/4/2014, ha assolto R S e A F dai reati di concorso in abuso di ufficio loro rispettivamente ascritti ai capi A) e B), mentre ha confermato anche agli effetti civili la condanna di R C in relazione ad entrambe le ipotesi di abuso di ufficio di cui ai medesimi capi, riguardanti l'assunzione presso il Collegio dei geometri di Salerno, di cui il R era presidente, della figlia R S e di G S 2. Ha proposto ricorso il R, tramite il suo difensore, sulla base di un motivo che si articola su otto punti, preceduti da un'ampia premessa.

2.1. Al primo punto deduce violazione di legge in ragione della prospettata insussistenza di violazioni di disposizioni di legge e in particolare dell'art. 35 lett. a) e b) d.lgs. 165 del 2001, nel procedere ad assunzioni presso il Collegio dei geometri. Si contesta l'inclusione di ordini e collegi professionali nell'ambito degli enti pubblici non economici, segnalandosi comunque come l'art. 1 comma 2 d.lgs. 165 del 2001 non consenta di ricomprendere gli ordini professionali nella nozione di pubblica amministrazione e come siano sopravvenute norme che valgono a suffragare tale esclusione. A tale fine si richiama il d.lgs. 163 del 2006 in materia di appalti pubblici e si sottolinea come gli ordini e collegi professionali non possano farsi rientrare tra gli organismi di diritto pubblico. Inoltre si invoca l'art. 2, comma 2-bis d.l. 101 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 125 del 2013, alla cui stregua gli ordini e collegi professionali si adeguano ai principi del decreto legislativo 165 del 2001, con talune eccezioni.

2.2. Al secondo punto si deduce l'omessa motivazione in ordine al disposto del richiamato art. 2, comma 2-bis, essendo mancata una adeguata spiegazione delle ragioni per cui non si sia ritenuto che la norma valga ad esonerare ordini e collegi professionali da una rigida applicazione del d.lgs. 165, in assenza di qualsivoglia analisi della differenza tra applicazione delle norme e adeguamento ai principi.

2.3. Al terzo punto si rimarca l'erroneità del riferimento fatto dalla Corte territoriale alla norma dettata dall'art. 7, comma 5-bis d.lgs. 165 del 2001, che risulta in realtà vigente solo a partire dal gennaio 2018. 2.4. Al quarto punto si prospetta violazione di legge nella parte in cui è stata ignorata la valenza del richiamo al principio di buon andamento, tale da far emergere la piena rispondenza dell'operato del ricorrente a tale canone, atteso che il predetto si trovò a fronteggiare l'improvviso venir meno di un impiegato, cui sopperì con l'assunzione della figlia, onde prevenire la paralisi dell'attività del sodalizio.

2.5. Al quinto punto si segnala il travisamento dei fatti emersi dall'istruttoria dibattimentale nella parte in cui si afferma che le mansioni della R corrispondevano a quelle di una comune segretaria, che potevano essere svolte da qualsiasi altra persona, selezionata con bandi pubblici. Peraltro l'assunzione della R come segretaria e non come impiegata di concetto era dipesa dall'esigenza di gravare meno sulle finanze dell'organismo, fermo restando che le mansioni in concreto svolte erano state assai più vaste e complesse e che il ricorrente aveva agito nella situazione di emergenza imposta dal venir meno di un impiegato a causa del suo prepensionamento. Ed ancora avrebbe dovuto considerarsi che da anni tale impiegato era stato affiancato dalla R, in varia guisa impegnata all'interno del sodalizio, e che per questo si era resa necessaria l'assunzione di due unità invece di una sola, fermo restando che la seconda assunzione era avvenuta sulla base di una selezione in nuce, confermata da un teste escusso.

2.6. Al sesto punto si deduce un vizio di motivazione relativo alla congetturale ricostruzione dell'asserito proposito del R di far lavorare la figlia per il collegio professionale al solo scopo di inserirla poi alle dipendenze del sodalizio, ciò che fra l'altro contrastava con il fatto che la R negli ultimi due anni aveva lavorato per un'agenzia di lavoro interinale e il padre avrebbe solo voluto trasformare il rapporto da part-time in full-time presso la stessa agenzia.

2.7. Al settimo punto si segnala la piena attuazione da parte del R del canone del buon andamento, che imponeva di agire in tempi ristretti e si deduce dunque il vizio derivante dall'aver ritenuto primario il dovere di astensione a fronte dell'assunzione di un prossimo congiunto.

2.8. All'ottavo punto si fa valere il vizio della motivazione derivante dalla mancanza di prova del dolo intenzionale. L'indicazione dell'assunzione proveniva da G titolare dell'agenzia di lavoro;
il R avrebbe voluto solo la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno presso l'agenzia;
l'assunzione era stata qualificata come legittima anche dallo studio Ungaro, particolarmente accreditato;
anche il direttore del Collegio, tale Iacobelli, aveva segnalato la legittimità dell'operazione;
sia Farella sia il direttore Iacobelli erano stati assunti a chiamata diretta;
il fatto di agire in un periodo in cui il R era esposto a denunce ed azioni al TAR e ricorsi al Consiglio di Stato da parte di De Conciliis, avrebbe dovuto spingere il R a rifugiarsi nell'astensione, per far prendere ad altri la decisione.Di qui la conclusione che il ricorrente ebbe ad agire non per un fine di profitto ingiusto conseguito dalle due persone assunte, ma in ossequio al canone del buon andamento.

2.9. Si chiede che sulla questione della coesistenza dell'interesse primario pubblico con quello di un prossimo congiunto la causa venga rimessa alle Sezioni unite.

2.10. Si chiede inoltre che dopo la piena assoluzione del ricorrente venga pronunciata condanna della parte civile alla rifusione delle spese dei tre gradi di giudizio in favore del difensore che si dichiara antistatario.

2.11. Con successiva memoria il difensore del ricorrente ha nuovamente illustrato gli argomenti addotti nel ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente. Gli stessi risultano infondati.

1.1. Ed invero va rimarcato come sia radicato nella tradizione giuridica l'inquadramento di ordini e collegi professionali nella
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