Cass. pen., sez. VI, sentenza 22/09/2022, n. 35639
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SENTENZA
Sui ricorsi proposti da IL AN, nata a [...] il [...] CA OR, nato a [...] il [...] avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 06/10/2021 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Stefania Riccio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha confermato quella con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in data 27 ottobre 2017, aveva condannato a pena di giustizia AN IL e OR CA per il reato di cui all'art. 316-ter cod. pen. - in esso assorbito quello di cui all'art. 483 cod. pen. - con il beneficio della sospensione condizionale ex art.163 cod. pen. e disposto la confisca della somma di danaro di euro 29.792,43, di pertinenza di IL, e di 37.102,37, di pertinenza di CA. Gli imputati sono stati ritenuti responsabili di avere conseguito i suindicati importi mediante la presentazione all'INPS di domanda per l'ottenimento dell'assegno sociale ai sensi dell'art. 3, legge 8 agosto 1995, n. 335, cui allegavano false attestazioni di residenza nel territorio dello Si:ato.
2. Propongono ricorso gli imputati, con atto unico del comune difensore, avv. Rosa Tagliaferri, in cui si articolano i motivi di seguito riportati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Il primo motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione dell'art.159 cod. pen. Il reato si è prescritto prima della sentenza impugnata. Il Tribunale non ha indicato con sufficiente precisione la data del commesso reato (limitandosi ad indicare il mese e l'anno della riscossione) e ha considerato un periodo di sospensione - dal 5 maggio 2017 al 6 ottobre 2017 - in realtà insussistente, in quanto l'udienza venne fissata non il 5 maggio 2017, bensì il successivo giorno 6, ed ebbe regolare svolgimento. Anche la sospensione calcolata dalla Corte di appello a decorrere dall'8 maggio 2019 non può ritenersi operante, non essendovi stato alcun differimento di udienza nel periodo indicata per la causale indicata in sentenza (adesione del difensore alla astensione indetta dalla Unioncamere Penali). Dunque, il periodo di sospensione complessivamente valutabile va quantificato in complessivi 457 giorni.
2.2. Il secondo motivo deduce violazione ed erronea applicazione degli artt.419 e 169 cod. proc. pen. per non essere stata mai effettuata la notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare agli imputati, residenti all'estero, ai sensi dell'art. 169, comma 2, cod. pen. Le notifiche risultano essere state eseguite direttamente presso il difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen. Da tanto discende la nullità dell'udienza detta e di tutti gli atti successivi.
2.3. Il terzo motivo deduce carenza di motivazione in ordine alla censura, formulata in appello, di mancanza dell'elemento psicologico del reato, e di travisamento, al riguardo, dei motivi di appello. La Corte di merito non ha motivato circa l'insussistenza del dolo in capo agli imputati, i quali ritenevano, in buona fede, di avere residenza in Italia, ove trascorrevano lunghi periodi, limitandosi a ribadire che essi non avevano residenza in Italia.
2.4. Omessa pronuncia da parte della Corte di appello sull'istanza di rinnovazione dell'istruttoria ex art. 603 cod. proc. pen. La difesa sollecita la riapertura dell'istruttoria al fine di acquisire presso l'INPS, ovvero presso l'Agenzia delle Entrate, le dichiarazioni dei redditi ivi depositate, in cui gli imputati si sono sempre dichiarati residenti in America, nonché la modulistica adoperata per la redazione della domanda, la quale non contiene riferimenti al requisito della residenza anagrafica ai fini dell'ottenimento della pensione sociale. L'istruttoria omessa avrebbe fatto emergere la colpevole inerzia dell'INPS nell'eseguire gli accertamenti per l'accesso al beneficio, che non è automatico e viene confermato sulla base di verifiche periodiche.
2.5. Il quinto motivo deduce la presenza di vari errori materiali nel testo della sentenza impugnata.
3. Il giudizio innanzi a questa Corte si è svolto a trattazione scritta ai sensi dell'all'art. 23, commi 8 e 9, del d. I. 8 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati, da ultimo, dal d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15 Considerato in diritto 1. Il primo motivo è manifestamente infondato, poiché il reato si è prescritto, ma in epoca successiva alla sentenza impugnata. Anzitutto, la mancata specificazione, nell'atto imputativo, del giorno del mese di marzo 2012 in cui si è consumata la condotta impone di far risalire la data del commesso reato - coincidente con l'ultima delle riscossioni, trattandosi di