Cass. pen., sez. II, sentenza 07/12/2022, n. 46272
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: G F nato a Castellammare di Stabia il 5 gennaio 1982 E A nato a Gragnano il 30 maggio 1967 C A nato a Gragnano il 27 maggio 1972 avverso la sentenza resa il 16 Aprile 2021 dalla CORTE di APPELLO di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere M D B;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore R G che chiede l'inammissibilità dei ricorsi e dell'avv. P S che per C A ha insistito nei motivi di ricorso e ha chiesto che i reati vengano dichiarati prescritti. RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata, per quel che qui rileva, la Corte di appello di Napoli, parzialmente riformando la sentenza resa dal Tribunale di Torre Annunziata il 30 novembre 2011, ha dichiarato estinti i reati contestati a C ai capi C ed F della rubrica e, su concorde richiesta delle parti ex art. 599 bis cod. proc.pen., ha rideterminato le pene inflitte a G e C per il reato di tentata estorsione aggravata contestato al capo D, confermando la sentenza di primo grado nei confronti di E per il medesimo reato. Si addebita agli imputati di avere in concorso tra loro, con minaccia, tentato di costringere la persona offesa Aniello D'Aniello a saldare il residuo debito derivante da rapporti usurari. Avverso la detta sentenza hanno proposto ricorso i tre imputati. 2. G Ferdinando ha dedotto violazione di legge e in particolare degli artt. 125 cod. proc.pen., 62 bis e 133 cod.pen. e difetto di motivazione poiché nella individuazione del trattamento sanzionatorio la Corte non ha considerato la condotta posta in essere dall'imputato e ha negato le circostanze attenuanti generiche, in assenza di adeguati elementi ostativi. 3.C A ha dedotto: 3.1 nullità della sentenza per mancata corrispondenza tra l'accordo e la decisione poiché dalla lettura dei verbali di udienza si evince che unitamente alla richiesta di rideterminazione della pena veniva avanzata quella di revoca delle statuizioni civili, mentre la Corte ha confermato le statuizioni civili. 3.2 violazione di legge, in particolare dell'art. 187 codice penale, e vizio di motivazione poiché pur trattandosi di giudizio definito nelle forme di cui all'articolo 599 bis cod. proc.pen. C aveva escluso espressamente dai motivi oggetto di rinunzia quello relativo alla richiesta di revoca della condanna solidale al risarcimento dei danni e alla provvisionale anche per i reati dichiarati estinti. La valutazione della doglianza in ordine ai capi civili della sentenza di condanna in primo grado imponeva alla Corte di analizzare l'intero impianto accusatorio al fine di ricostruire i profili di responsabilità in ordine alla condotta usuraria ascritta al C. Inoltre sebbene la condanna per la contestazione di concorso in tentata estorsione aggravata di cui al capo D sia giustificata dalla partecipazione del ricorrente quale mandante, in questo capo sono stati erroneamente convogliati fatti totalmente estranei alla condotta del ricorrente che risulterebbe responsabile per ogni minaccia estorsiva subita dal D'Aniello, anche di quelle subite nell'interesse di altro debitore. Attesa la natura multipla della contestazione sarebbe stato necessario individuare le condotte cui il C aveva preso parte quale mandante o concorrente morale del delitto. La condanna del C ad una provvisionale di euro 60.000, al pari del M e degli altri correi risulta avulsa da qualsivoglia specifico riferimento alla sua partecipazione e ciò impone l'annullamento delle statuizioni civili. 3.3 vizio di motivazione in riferimento alla mancata indicazione di elementi di quantificazione del danno patrimoniale e della provvisionale concessa ai sensi dell'articolo 539 codice penale la provvisionale è stata riconosciuta a titolo di danno patrimoniale ed è stata oggetto di specifica censura, ma la Corte ha risposto affermando che la determinazione operata in via equitativa da parte del primo giudice è congrua e non sproporzionata, così formulando una motivazione apodittica. 4.E Antonio deduce:4.1 violazione di legge e in particolare dell'art. 629 codice penale e 157 cod. proc.pen. poiché la corte ha ritenuto provata la responsabilità dell'imputato sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, ritenute attendibili nonostante le molteplici contraddizioni, mentre una serie di elementi avrebbero dovuto indurre la Corte a dubitare della attendibilità delle accuse formulate dal D'Aniello sia in ordine al contenuto del rapporto usurario, che al ruolo effettivo svolto da E e alle modalità della minaccia formulata nei suoi confronti. Osserva il ricorrente che nel caso in esame mancano i presupposti dell'estorsione poiché non vi è stata minaccia né violenza, come dichiarato dalla stessa persona offesa.
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