Cass. pen., sez. II, sentenza 26/11/2021, n. 1009
Sentenza
26 novembre 2021
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26 novembre 2021
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Massime • 1
La circostanza aggravante di cui all'art. 71 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (già prevista dall'art. 7 della legge 31 maggio 1965, n. 575) si applica anche ai reati che, contemplati nella menzionata disposizione, siano rimasti allo stadio del tentativo. (In motivazione, la Corte ha precisato che la norma deve essere interpretata secondo l'intenzione del legislatore, identificabile nella volontà di contrastare più efficacemente le condotte di chi, colpito da una misura di prevenzione, commetta taluni reati, a prescindere dunque dall'essere consumati o solo tentati).
Sul provvedimento
Testo completo
01009-22 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE PENALE Composta da: - Presidente - Sent. n. sez.2615 GEPPINO RAGO UP 26/11/2021 ALFREDO MANTOVANO R.G.N. 23351/2021 PIERO MESSINI D'AGOSTINI US COSCIONI Relatore ANTONIO SARACO ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: AT AN GI nato a [...] il [...] TI NI nato a [...] il [...] IS CO CA nato a [...] il [...] AT AN NI nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 14/07/2020 della CORTE APPELLO di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere US COSCIONI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ALESSANDRO CIMMINO che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito l'Avv. VALERIO IMPELLIZZERI, in sostituzione dell'Avv. ANTONIO MANCUSO per IS OS e IL US, dell'Avv. FRANCESCO PIZZUTO per ASSOCIAZIONE ANTIRACKET ED ANTIUSURA DI TROINA, dell'Avv. CATERINA AT RANDO per ASSOCIAZIONE ANTIRACKET ANTIUSURA ETNEA e AT NE US, il quale ha concluso come da conclusioni e note spese depositate;
udito il difensore di AT AN GI, Avv. FRANCESCO SIRACUSANO, il quale ha chiesto l'accoglimento dei motivi di ricorso;
Udito il difensore di TI NI e IS CO CA, l'Avv. STEFANIA RANIA, che si è riportata ai motivi di ricorso, chiedendone l'accoglimento; Udito il difensore di IS CO CA, Avv. ANDREA GIANNINO', il quale si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l'accoglimento; uditi i difensori di AT AN NI, Avv. ANTONINA APRILE e Avv. US RAPISARDA, i quali hanno chiesto l'accoglimento dei motivi di ricorso;
- RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di AT, con sentenza del 14 luglio 2020, confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui TI RD UI e TI RD NO erano stati condannati per i reati di cui ai capi B) e C) dell'imputazione, e TI AN e TR IA AR per il capo B) dell'imputazione: il capo B) era relativo alla tentata estorsione aggravata commessa ai danni di TR OS, TI SA IU e MI IU per indurli a cedere la titolarità dei rapporti giuridici derivanti da tre preliminari di acquisto di terreni o a rinunciare ai diritti derivanti da tali contratti e quindi di consentire agli imputati di divenire possessori dei fondi e dei diritti connessi alla loro titolarità; il capo C) riguardava la tentata estorsione commessa ai danni di AL PU ET per il medesimo fine di cui al capo che precede, relativo ad altro terreno.
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di TI RD UI. Il difensore osserva che i giudici della Corte di appello avevano abbinato alla tentata estorsione di cui al capo B) la circostanza aggravante prevista dall'art.7 legge 203/91 nella forma del cd. "metodo mafioso" in una vicenda giudiziaria in cui l'imputato non era riuscito a realizzare alcuna costrizione sulle vittime delle condotte estorsive;
sul punto rileva che TI RD UI non era stato emissario di gruppi criminali, non possedeva una propria autonoma capacità persuasiva derivante dalla forza di intimidazione di alcun vincolo associativo, non aveva mai adoperato modalità comportamentali in grado di determinare una condizione di assoggettamento ed omertà nei soggetti passivi del reato, non aveva mai speso un nome che evocasse un gruppo mafioso, né era mai stato considerato dalle vittime soggetto di spessore criminale;
inoltre, le condotte intimidatorie erano state assolutamente inefficaci per determinare la condizione di assoggettamento e di omertà tipica del metodo mafioso;
i giudici della Corte di appello avevano erroneamente creduto di ricostruire il fatto ispirandosi al paradigma del delitto tentato circostanziato, presumendo la sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso e collegandola ad elementi concomitanti alle condotte intimidatorie, mentre avrebbero dovuto inquadrare la vicenda all'interno della differente ipotesi del delitto circostanziato tentato, che si verifica proprio quando la circostanza non si è ancora compiutamente realizzata, attenendo ad una fase successiva della condotta o, come nel caso in esame, all'evento intermedio, rientrando nel proposito criminoso dell'agente 2 Showro 1.2 I difensore eccepisce inoltre che non era sufficiente, per ritenere configurabile l'aggravante, la convergenza di interessi tra TI e TI RD UI, i comuni obiettivi, la compartecipazione ad una violenta aggressione, i precedenti penali di TI, il timore ingenerato nelle vittime e la condizione di reticenza manifestata dalle stesse, in quanto si trattava di elementi estranei alla condotta ed alle intenzioni dell'agente; per poter ritenere sussistente il "metodo mafioso" era indispensabile che l'intimidazione venisse accompagnata da elementi aggiuntivi, dimostrativi o almeno rivelatori della voluta particolare strumentalità dell'azione delittuosa;
inoltre, nelle aree ad alta densità mafiosa, quale quella ricadente nel "Parco dei Nebrodi", l'applicazione della circostanza avrebbe potuto essere facilitata dalla pericolosa presenza di elementi di carattere ambientale, in grado di integrare in modo quasi automatico il "metodo mafioso" Il difensore rileva che le minacce e gli atti intimidatori non avevano mai visto la presenza, accanto a quella di TI RD UI, di soggetti riconducibili a sodalizi mafiosi;
il ricorrente non aveva potuto approfittare del “contesto ambientale" nel quale aveva agito, né "beneficiare" della fama criminale dell'associazione radicata nei territori di riferimento del Parco dei Nebrodi proprio perché non apparteneva ad alcuna famiglia mafiosa 2. Propone ricorso l'Avv. Michele Pansera nell'interesse di TI AN.
2.1 Il difensore eccepisce la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata in quanto le captazioni acquisite non solo apparivano sprovviste di univocità probatoria, ma erano state interpretate, in risposta a specifico motivo di appello che ne chiedeva una rilettura, in modo assolutamente difforme dal loro tenore letterale, senza che tale scelta ermeneutica venisse giustificata in sentenza e senza l'indicazione di elementi di riscontro esteriore che giustificassero una lettura delle captazioni innovativa rispetto alla mera indicazione letterale;
inoltre, nella parte in cui si trattava l'appello del Pubblico Ministero, si fornivano interpretazioni degli accadimenti che poi venivano ribaltate nella parte in cui si riferiva l'appello della difesa. Il difensore osserva che in atto di appello si era evidenziato come l'attività captativa era stata realizzata da TR nel proprio studio e che la registrazione del 17 novembre 2016 era l'atto più importante del processo ed era stata eseguita da TR OS, che registrava personalmente dopo aver attirato TI nel proprio studio: la quasi totalità del processo si reggeva su tale registrazione e l'interpretazione letterale della trascrizione, se correttamente valutata, avrebbe azzerato ogni ulteriore indizio di riscontro, in quanto TI indicava testualmente un debito da parte di IU MI e che, in Shomm mancanza di restituzione delle somme, chiedeva di essere inserito nella proprietà dei terreni pro quota (come risultava anche l'allegato n.38-ROS di AT); in appello si era quindi chiesto di riconoscere il credito vantato da TI e di considerare che altri soggetti, già denunciati da TR e convocati dai carabinieri, avrebbero potuto vendicarsi ed uccidere i maiali nel terreno di TR;
si era anche richiamata la conversazione n.4433 del 14 ottobre 2016, rilevando come la stessa evidenziasse la piena conoscenza delle persone offese delle indagini ed anche del fatto che TI non avesse alcun interesse personale dei terreni, oltre ad essere tanto furbo da essersi accorto delle investigazioni a suo carico e del ruolo tenuto nelle indagini dai tre soci;
il difensore rileva poi che l'aggressione subita da TR e TI SA veniva descritta in sentenza in due modalità differenti e diametralmente opposte, la prima per assolvere il coimputato RO, la seconda per legare l'episodio alla vicenda dei terreni, sebben da nulla potesse desumersi tale correlazione;
anche per la vicenda del morso all'orecchio di MI non vi era alcuna certificazione medica e sarebbe stata notata da TR, senza che venisse individuata la conversazione o l'atto di indagine che confermassero tale ultima affermazione.
2.2 Il difensore eccepisce l'erronea applicazione dell'aggravante di cui all'art. 7 L.203/91: l'affermazione della Corte di appello secondo cui le vittime erano terrorizzate dal fare mafioso di TI e specificava che tale atteggiamento aveva prodotto in capo alle stesse reticenza e poca collaborazione con le forze dell'ordine era smentita dagli atti e dalla sentenza impugnata, posto che MI e TR avevano agito quali agenti provocatori, non solo operando ed eseguendo atti di indagine solitamente propri della P.G. (registrazioni audio di colloqui), ma soprattutto mantenendo un continuo contatto con i Carabinieri;
la Corte di appello aveva anche dimenticato le chiare affermazioni di TI SA, che aveva definito gli atti intimidatori come provenienti da "quattro maniacioti che come ti vedono si nascondono", e l'assoluzione di TI dal reato associativo;
del tutto apodittica era poi l'affermazione di condotte chiare attribuibili a TI ed idonee ad esercitare una coartazione psicologica con modalità di tipo mafioso (si faceva richiamo alla conversazione registrata da TR, che veniva allegata).
2.3 Il difensore lamenta l'erronea applicazione anche dell'aggravante di cui all'art. 628 comma terzo cod.pen., visto che l'unica azione posta in essere con la presenza di più persone era quella relativa all'aggressione subita da TR e TI, che non era finalizzata al compimento della presunta attività estorsiva: leggendo le captazioni (che si allegavano) si comprendeva che TI era sceso 4 Schmom dall'autovettura per andare in soccorso di TR (come affermato dallo stesso TR).
2.4 Il difensore eccepisce l'erronea applicazione dell'aggravante di cui all'art. 71 del D.Lgs. 159/11 in quanto ritenuta erroneamente contestabile e sussistente anche in caso di delitto