Cass. civ., SS.UU., sentenza 03/11/2011, n. 22726
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In tema di giudizio per cassazione, per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, ex art. 25, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 restano acquisiti al fascicolo d'ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a quello d'ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369, terzo comma, cod. proc. civ., a meno che la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte.
In tema di giudizio per cassazione, l'onere del ricorrente, di cui all'art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., così come modificato dall'art. 7 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, "gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d'ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell'art. 369, terzo comma, cod. proc. civ., ferma, in ogni caso, l'esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. L F - Presidente Sezione -
Dott. M M - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. A A - rel. Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. P S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25741/2009 proposto da:
ITTIERRE S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei commissari straordinari pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TUPINI 133, presso lo studio dell'avvocato B R, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato B P, per procura speciale del notaio Dott. A P di Milano, rep. 30521 del 17/06/2010, in atti;
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 59/2/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di CAMPOBASSO, depositata il 31/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/09/2011 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;
uditi gli avvocati Piero BELLANTE, Gianni DE BELLIS dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l'adesione alla tesi restrittiva sulla interpretazione dell'art. 369 c.p.c., comma 2, n.
4. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- La Commissione tributaria provinciale di Campobasso respinse il ricorso della Ittierre s.p.a. avverso l'avviso di rettifica con il quale l'Agenzia delle dogane aveva richiesto la somma di Euro 1.604.791,97 per tributi doganali, IVA e interessi di mora a seguito dell'accertamento di irregolarità nelle importazioni definitive di capi di abbigliamento effettuate dal 2003 al 2006, consistite nella falsa attestazione, nei certificati di origine preferenziale, della provenienza italiana di prodotti finiti importati da paesi terzi. In esito all'appello della società la decisione fu parzialmente riformata dalla Commissione tributaria regionale di Campobasso che, sulla scorta delle risultanze dell'esperita consulenza tecnica, con sentenza depositata il 31.7.2009 escluse dal recupero a tassazione le sole bollette doganali provenienti dalle lavorazioni eseguite in Turchia, in quanto incidenti su capi realizzati con materia prima di origine comunitaria.
2.- Avverso la decisione di appello la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due motivi, coi quali deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c." (segnatamente su questioni attinenti all'eccessiva durata della verifica, all'intervenuta prescrizione e decadenza, all'incompetenza territoriale ed all'illegittima disapplicazione di atti ufficiali di Autorità estere), nonché "insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio" in rapporto al complessivo tenore della consulenza tecnica pure posta a base della decisione.
L'Agenzia ha resistito con controricorso.
3.- La relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ. ha concluso per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, prospettandone in particolare l'improcedibilità per non avere la ricorrente prodotto, contestualmente al ricorso, il ricorso introduttivo e quello in appello, in cui sosteneva essere state prospettate questioni non esaminate dal giudice a quo, nonché la relazione di c.t.u., in rapporto alle cui risultanze assumeva insufficiente e contraddittoria la motivazione della decisione impugnata.
Con ordinanza 7.4.2011, n. 8027 la Sezione tributaria ha rimesso gli atti al Primo presidente per l'eventuale assegnazione alla Sezioni unite della questione di massima di particolare importanza avente ad oggetto il contrasto giurisprudenziale sull'interpretazione dell'art.369 c.p.c., comma 2, n. 4.
Il ricorso è stato dunque assegnato a queste Sezioni unite. La Ittierre s.p.a. in amministrazione straordinaria ha depositato memoria, con la quale sostiene la procedibilità del ricorso. L'Agenzia, rappresentata all'Avvocatura Generale dello Stato, ha partecipato alla discussione orale, anch'essa domandando che il ricorso sia dichiarato procedibile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- La questione in esame riguarda la definizione dell'ambito oggettivo dell'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7, a far data dal 2 marzo 2006, secondo il quale, insieme col ricorso per cassazione, debbono essere depositati, a pena di improcedibilità, "gli atti processuali, i documenti, contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" (il testo originario si riferiva agli "atti e documenti sui quali il ricorso si fonda").
Il problema che si pone è se, tra gli atti processuali da depositare nel termine perentorio di cui all'art. 369 c.p.c., comma 1, (di venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso), debbano ricomprendersi tutti quelli posti a sostegno delle censure espresse nei motivi del ricorso per cassazione, tra i quali il ricorso introduttivo, l'atto di appello o di costituzione in appello, la relazione di c.t.u. ecc.;
e ciò anche se, al momento del primo esame del ricorso, i predetti atti già siano o comunque siano per essere nella disponibilità della Corte, in quanto presenti nel fascicolo d'ufficio del giudice a quo trasmesso su richiesta della parte, ai sensi dell'art. 369 c.p.c., u.c.. A tale riguardo non v'è uniformità di vedute nella giurisprudenza della Corte, riscontrandosi due contrapposti orientamenti. 2.- Un primo e prevalente orientamento, che potrebbe definirsi "rigorista", al quale sostanzialmente aderisce l'ordinanza di rimessione n. 8027 del 2011, è stato inaugurato da Cass., sez. 5^, n. 24940/2009 e seguito da diverse decisioni della Sezione tributaria, tra le quali si annoverano le nn. 303/2010, 21121/2010,, 21580/2010,, 26525/2010, 2803/2011, 3522/2011, e da alcune decisioni della Terza Sezione: nn. 4201/2010, 17463/2010 e 3689/2011). Secondo detto orientamento, per come in gran parte sintetizzato nell'ordinanza di rimessione, l'innovazione introdotta nell'art. 369 c.p.c., n. 4, dal legislatore del 2006 "non sembra poter
obiettivamente assumere altro significato che quello di sancire inequivocabilmente l'estensione dell'onere di deposito in esame a tutti gli atti processuali e documenti (negoziali e non) necessari alla decisione sul ricorso e la ricomprensione nella relativa sfera oggettiva degli atti processuali generalizzatamente intesi", risultando altrimenti la novella "francamente ingiustificata, se finalizzata ad incidere unicamente sugli atti processuali estranei al fascicolo d'ufficio (consulenze di parte, citazione dei testimoni, ecc), agevolmente catalogabili già alla luce della previgente formulazione normativa". Infatti, "escludere dall'onere di deposito sancito dalla disposizione gli atti processuali ricompresi nel fascicolo d'ufficio dei gradi di merito ovvero ritenere l'assolvimento di tale onere fungibile, per detti atti, con il deposito dell'istanza di trasmissione del fascicolo di merito vistata dal Cancelliere del giudice a quo, a sua volta prescritto dall'art.369 c.p.c., comma 3, si risolverebbe nella sostanziale abrogazione
della portata innovativa del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7, essendo, quest'ultimo, adempimento funzionale all'ineludibile esigenza (non solo certificativa) che la Corte abbia comunque in sua disponibilità, all'occorrenza, le complessive risultanze processuali dei gradi di merito del giudizio".
L'interpretazione proposta viene giustificata mediante una lettura del dato testuale di cui all'art. 369 c.p.c., n. 4, in chiave "finalistica" ovvero "in proiezione dinamica rispetto a quello della previgente formulazione della norma", al fine di soddisfare "l'esigenza di offrire alla Corte, immediatamente, un quadro completo ed oggettivamente autosufficiente di elementi utili alla decisione;
esigenza... il cui soddisfacimento costituisce condizione necessaria alla prospettiva - propria della riforma procedimentale di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 (ed, altresì, di quello di cui alla L. n. 69 del 2009) - di potenziare la capacità decisionale della Corte, per
fronteggiare il progressivo aumento delle sopravvenienze, attraverso l'incremento delle decisioni nelle più snelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.c. (...)". In questa prospettiva si esclude l'irragionevolezza o la vessatorietà della duplicazione documentale per la parte ricorrente, "dovendo la ragione della previsione del deposito di documenti già presenti nel fascicolo di causa ravvisarsi innanzitutto ed essenzialmente nella diversità dei tempi di disponibilità per la Corte dei suddetti documenti (posto che, mentre il fascicolo di causa sarà trasmesso successivamente, il deposito della sentenza impugnata e degli atti su cui il ricorso è fondato unitamente al deposito del ricorso medesimo consente subito un primo screening dell'impugnazione, funzionale ad una immediata catalogazione ed organizzazione delle sopravvenienze), senza peraltro sottovalutare la maggiore facilità e velocità di accesso a tali documenti, una volta che essi risultino ben individuati e specificamente depositati, evitando così la necessità di reperimento dei medesimi all'interno dei fascicoli dei gradi di merito pervenuti in Corte in un momento spesso anche di molto successivo al deposito del ricorso" (in tal senso è riportata la motivazione delle già citate Cass., sez. 5^, nn. 26525/2010 e 2803/2011). È richiamato il principio costituzionalizzato della ragionevole durata del processo, che "impone un'organizzazione del lavoro sempre più anticipata, accurata e mirata da parte della Corte", e si esclude l'esistenza del potere della Corte "di supplire alle omissioni di indicazioni volte ad individuare la consulenza (come qualsiasi atto processuale su cui si fondi il ricorso)": ciò "appare implicitamente negato dall'art. 369 c.p.c.,