Cass. civ., sez. II, sentenza 13/09/2022, n. 26850
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Testo completo
, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di .citazione notificato il 2 gennaio 1996, A e N A evocavano dinanzi al Tribunale di Isernia i fratelli P (deceduto nel corso del giudizio con subentro degli eredi A I D P e P, M e D A), A, C, A, A 9 F A, nonché gli eredi della sorella V, il coniuge di quest'ultima C G e i loro figli, A e La V G, al fine di ottenere la divisione dei beni ereditari lasciati dai genitori G A e M D F. Con successivo atto di citazione notificato il 10 ottobre 1996, P A - in qualità di donatario dell'immobile sito nel Comune di Castelpetroso - evocava dinanzi al medesimo Tribunale il fratello R A, al fine di ottenere il rilascio del suddetto bene detenuto senza titolo dal convenuto, il quale proponeva a sua volta domanda riconvenzionale per il rimborso delle migliorie apportate all'immobile. Riunite le cause, nella costituzione dei convenuti, spiegata domanda riconvenzionale di usucapione da parte di A, A e C A in riferimento al primo giudizio, il Tribunale di Isernia, con sentenza non definitiva n. 502 del 2006, dichiarava la cessazione della materia del contendere in relazione alla causa introdotta da P A, mentre, in riferimento alla prima causa, rigettava le domande riconvenzionali di usucapione;
disponeva la prosecuzione del giudizio con supplemento di CTU, ai fini della predisposizione di un progetto divisionale che tenesse conto anche dei beni caduti in successione per quote indivise, formulata riserva di appello avverso siffatta decisione da parte dei soli A, A e C A. Con sentenza definitiva n. 361 del 2010, il Tribunale disponeva lo scioglimento della comunione ereditaria in favore dei germani A e dei successori di P e di V A per la quota di 1/10 ciascuno;
disponeva (previa estrazione a sorte) l'assegnazione in favore dei condividenti delle quote descritte nella relazione del CTU, la relativa corresponsione dei conguagli ivi indicati ed il versamento da parte degli eredi di P A del controvalore del bene a questi donato dal de cuius;
poneva poi a carico della massa ereditaria le spese per la conservazione e manutenzione delle cose comuni sostenute da C, A ed A A, comprese quelle sostenute solo da quest'ultimo per la costruzione dell'edificio comune;
condannava, inoltre, questi ultimi a corrispondere ai coeredi, che ne avevano fatto richiesta, la quota loro spettante per i frutti civili ritraibili dai beni comuni utilizzati in via esclusiva. Sul gravame interposto da A, C ed A A avverso entrambe le sentenze, non definitiva e definitiva, nonché sull'appello incidentale proposto da P, M e Daniele Arcano e A I D P (appellanti incidentali adesivi La Vincenza e A Giancola e F A) avverso la sentenza definitiva, la Corte di appello di C, nella resistenza di A e N A nonché di R A, con sentenza n. 146 del 2017, riformava la pronuncia non definitiva dichiarando - in accoglimento dell'eccezione sollevata dagli eredi di P A nella comparsa di costituzione in appello - l'inammissibilità della riconvenzionale di usucapione formulata dagli appellanti;
confermava la sentenza definitiva in riferimento al mancato riconoscimento delle spese di realizzazione dei fabbricati oggetto della domanda di usucapione;
riformava la statuizione di cui al capo B) del dispositivo della sentenza impugnata, disponendo l'assegnazione in favore dei condividenti delle otto quote previste dal progetto A) del CTU, ferma la statuizione di cui al citato capo B) quanto al versamento dovuto dagli eredi di P A agli altri condividenti, pro quota, in relazione al valore del bene ricevuto dal dante causa in donazione. In particolare, per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte distrettuale, in riferimento alla regolarità della costituzione in primo grado di A, A e C A, affermava che la dichiarazione del giudice istruttore secondo cui i convenuti erano regolarmente costituiti non equivaleva ad attestazione della loro tempestiva costituzione, con conseguente decadenza degli stessi dalla facoltà di proporre domande riconvenzionali. Aggiungeva la Corte che la relativa eccezione di decadenza - pur non sollevata in primo grado né rilevata d'ufficio dal giudice di prime cure - era stata tempestivamente proposta in sede di appello ai sensi dell'art.345 comma 2 c.p.c. dagli appellati/appellanti incidentali, per cui era idonea ad impedire la formazione del giudicato interno sul punto. Pertanto, in riforma della motivazione della sentenza non definitiva, la Corte di merito dichiarava inammissibile per tardività della domanda di usucapione formulata in via riconvenzionale. Quanto al motivo di appello principale relativo alle spese sostenute dagli A per la realizzazione dei fabbricati oggetto della domanda di usucapione, la Corte di appello, in linea con la pronuncia di primo grado, rilevava l'indeterminatezza nel quantum della domanda di rimborso, nonché la carenza di prove in ordine alla pretesa di A e C A e a quella del solo A A, quest'ultima di importo pari ad euro 2.263,37 per le spese di costruzione. Con riferimento alla doglianza del mancato riconoscimento dei miglioramenti ed addizioni, la Corte di appello affermava che tale questione non era stata oggetto di uno specifico motivo di appello, né era stata formulata nelle conclusioni degli appellanti principali. Aggiungeva, infine, che siffatta deduzione era stata prospettata per la prima volta in sede di appello e che, comunque, non rientrava nella fattispecie di cui all'art. 821 comma 2 c.c. Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di C, A, A e C A propongono ricorso fondato su quattro motivi, cui resistono A e N A, nonché A I D P e P, M e D A con separati controricorsi. In prossimità della pubblica udienza il Sostituto Procuratore, dott.ssa Luisa De Renzis, ha depositato una relazione, con la quale ha rassegnato le conclusioni nel senso del rigetto del ricorso. I ricorrenti A, A e C A e i resistenti eredi di P A, hanno curato il deposito di memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, va disattesa l'eccezione di improcedibilità del ricorso ex art. 369 comma 2 n. 2 c.p.c. sollevata da parte resistente nella memoria illustrativa, in quanto parte ricorrente ha regolarmente prodotto, unitamente al ricorso, la copia autentica della sentenza impugnata (notificata a mezzo PEC) con la relata di notificazione e la relativa asseverazione (v. originale allegato al ricorso e depositato contestualmente all'iscrizione della causa a ruolo). Passando al merito, con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 324, 329, 340, 343 e 345 comma 2 c.p.c., nonché l'omesso esame (\i di un fatto storico principale desumibile dal testo della sentenza non definitiva del Tribunale di Isernia e dagli atti processuali. I ricorrenti censurano la sentenza di secondo grado laddove dichiara l'inammissibilità per tardività della domanda riconvenzionale di usucapione, in accoglimento dell'eccezione preliminare sollevata da A I D P e P, M e D A, la quale però - ad avviso dei ricorrenti - sarebbe irrituale e intempestiva, con conseguente formazione di giudicato interno sul punto. In particolare, i ricorrenti sostengono che l'eccezione di inammissibilità della domanda riconvenzionale sollevata da controparte non avrebbe dovuto essere formulata in via di semplice eccezione, ma - al contrario - avrebbe dovuto essere introdotta nella forma e come motivo di appello incidentale ex art. 343 comma 2 c.p.c. avverso la sentenza non definitiva. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 166 e 183 (nella formulazione applicabile "ratione temporis" anteriore alla legge n.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di .citazione notificato il 2 gennaio 1996, A e N A evocavano dinanzi al Tribunale di Isernia i fratelli P (deceduto nel corso del giudizio con subentro degli eredi A I D P e P, M e D A), A, C, A, A 9 F A, nonché gli eredi della sorella V, il coniuge di quest'ultima C G e i loro figli, A e La V G, al fine di ottenere la divisione dei beni ereditari lasciati dai genitori G A e M D F. Con successivo atto di citazione notificato il 10 ottobre 1996, P A - in qualità di donatario dell'immobile sito nel Comune di Castelpetroso - evocava dinanzi al medesimo Tribunale il fratello R A, al fine di ottenere il rilascio del suddetto bene detenuto senza titolo dal convenuto, il quale proponeva a sua volta domanda riconvenzionale per il rimborso delle migliorie apportate all'immobile. Riunite le cause, nella costituzione dei convenuti, spiegata domanda riconvenzionale di usucapione da parte di A, A e C A in riferimento al primo giudizio, il Tribunale di Isernia, con sentenza non definitiva n. 502 del 2006, dichiarava la cessazione della materia del contendere in relazione alla causa introdotta da P A, mentre, in riferimento alla prima causa, rigettava le domande riconvenzionali di usucapione;
disponeva la prosecuzione del giudizio con supplemento di CTU, ai fini della predisposizione di un progetto divisionale che tenesse conto anche dei beni caduti in successione per quote indivise, formulata riserva di appello avverso siffatta decisione da parte dei soli A, A e C A. Con sentenza definitiva n. 361 del 2010, il Tribunale disponeva lo scioglimento della comunione ereditaria in favore dei germani A e dei successori di P e di V A per la quota di 1/10 ciascuno;
disponeva (previa estrazione a sorte) l'assegnazione in favore dei condividenti delle quote descritte nella relazione del CTU, la relativa corresponsione dei conguagli ivi indicati ed il versamento da parte degli eredi di P A del controvalore del bene a questi donato dal de cuius;
poneva poi a carico della massa ereditaria le spese per la conservazione e manutenzione delle cose comuni sostenute da C, A ed A A, comprese quelle sostenute solo da quest'ultimo per la costruzione dell'edificio comune;
condannava, inoltre, questi ultimi a corrispondere ai coeredi, che ne avevano fatto richiesta, la quota loro spettante per i frutti civili ritraibili dai beni comuni utilizzati in via esclusiva. Sul gravame interposto da A, C ed A A avverso entrambe le sentenze, non definitiva e definitiva, nonché sull'appello incidentale proposto da P, M e Daniele Arcano e A I D P (appellanti incidentali adesivi La Vincenza e A Giancola e F A) avverso la sentenza definitiva, la Corte di appello di C, nella resistenza di A e N A nonché di R A, con sentenza n. 146 del 2017, riformava la pronuncia non definitiva dichiarando - in accoglimento dell'eccezione sollevata dagli eredi di P A nella comparsa di costituzione in appello - l'inammissibilità della riconvenzionale di usucapione formulata dagli appellanti;
confermava la sentenza definitiva in riferimento al mancato riconoscimento delle spese di realizzazione dei fabbricati oggetto della domanda di usucapione;
riformava la statuizione di cui al capo B) del dispositivo della sentenza impugnata, disponendo l'assegnazione in favore dei condividenti delle otto quote previste dal progetto A) del CTU, ferma la statuizione di cui al citato capo B) quanto al versamento dovuto dagli eredi di P A agli altri condividenti, pro quota, in relazione al valore del bene ricevuto dal dante causa in donazione. In particolare, per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte distrettuale, in riferimento alla regolarità della costituzione in primo grado di A, A e C A, affermava che la dichiarazione del giudice istruttore secondo cui i convenuti erano regolarmente costituiti non equivaleva ad attestazione della loro tempestiva costituzione, con conseguente decadenza degli stessi dalla facoltà di proporre domande riconvenzionali. Aggiungeva la Corte che la relativa eccezione di decadenza - pur non sollevata in primo grado né rilevata d'ufficio dal giudice di prime cure - era stata tempestivamente proposta in sede di appello ai sensi dell'art.345 comma 2 c.p.c. dagli appellati/appellanti incidentali, per cui era idonea ad impedire la formazione del giudicato interno sul punto. Pertanto, in riforma della motivazione della sentenza non definitiva, la Corte di merito dichiarava inammissibile per tardività della domanda di usucapione formulata in via riconvenzionale. Quanto al motivo di appello principale relativo alle spese sostenute dagli A per la realizzazione dei fabbricati oggetto della domanda di usucapione, la Corte di appello, in linea con la pronuncia di primo grado, rilevava l'indeterminatezza nel quantum della domanda di rimborso, nonché la carenza di prove in ordine alla pretesa di A e C A e a quella del solo A A, quest'ultima di importo pari ad euro 2.263,37 per le spese di costruzione. Con riferimento alla doglianza del mancato riconoscimento dei miglioramenti ed addizioni, la Corte di appello affermava che tale questione non era stata oggetto di uno specifico motivo di appello, né era stata formulata nelle conclusioni degli appellanti principali. Aggiungeva, infine, che siffatta deduzione era stata prospettata per la prima volta in sede di appello e che, comunque, non rientrava nella fattispecie di cui all'art. 821 comma 2 c.c. Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di C, A, A e C A propongono ricorso fondato su quattro motivi, cui resistono A e N A, nonché A I D P e P, M e D A con separati controricorsi. In prossimità della pubblica udienza il Sostituto Procuratore, dott.ssa Luisa De Renzis, ha depositato una relazione, con la quale ha rassegnato le conclusioni nel senso del rigetto del ricorso. I ricorrenti A, A e C A e i resistenti eredi di P A, hanno curato il deposito di memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, va disattesa l'eccezione di improcedibilità del ricorso ex art. 369 comma 2 n. 2 c.p.c. sollevata da parte resistente nella memoria illustrativa, in quanto parte ricorrente ha regolarmente prodotto, unitamente al ricorso, la copia autentica della sentenza impugnata (notificata a mezzo PEC) con la relata di notificazione e la relativa asseverazione (v. originale allegato al ricorso e depositato contestualmente all'iscrizione della causa a ruolo). Passando al merito, con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 324, 329, 340, 343 e 345 comma 2 c.p.c., nonché l'omesso esame (\i di un fatto storico principale desumibile dal testo della sentenza non definitiva del Tribunale di Isernia e dagli atti processuali. I ricorrenti censurano la sentenza di secondo grado laddove dichiara l'inammissibilità per tardività della domanda riconvenzionale di usucapione, in accoglimento dell'eccezione preliminare sollevata da A I D P e P, M e D A, la quale però - ad avviso dei ricorrenti - sarebbe irrituale e intempestiva, con conseguente formazione di giudicato interno sul punto. In particolare, i ricorrenti sostengono che l'eccezione di inammissibilità della domanda riconvenzionale sollevata da controparte non avrebbe dovuto essere formulata in via di semplice eccezione, ma - al contrario - avrebbe dovuto essere introdotta nella forma e come motivo di appello incidentale ex art. 343 comma 2 c.p.c. avverso la sentenza non definitiva. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 166 e 183 (nella formulazione applicabile "ratione temporis" anteriore alla legge n.
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