Cass. civ., sez. V trib., sentenza 16/03/2022, n. 8501
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Testo completo
1. - Con sentenza n. 471/2015, depositata il 12 febbraio 2015, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l'appello proposto da E. S.p.a., così integralmente confermando il decisum di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l'impugnazione di avvisi di accertamento con i quali il Comune di Piateda aveva recuperato a tassazione l'ICI dovuta dalla contribuente, per gli anni 2003 e 2004, relativamente a cespiti immobiliari costituenti "aree esterne alla centrale denominata "del Venina-Armisa".
1.1 - Il giudice del gravame ha considerato che:
- l'appello difettava di specifici motivi di impugnazione che, difatti, si erano risolti nella riproposizione delle tesi difensive articolate dalla contribuente nel primo grado del giudizio, "senza alcun riferimento e contestazione delle motivazioni addotte in sentenza";
- secondo la disciplina ICI, la contribuente "aveva l'obbligo di dichiarare il valore complessivo industriale, ivi compreso anche il valore delle opere idrauliche e delle componenti elettromeccaniche stabilmente infisse al suolo", nè aveva fondamento la tesi della "non assoggettabilità all'ICI delle opere non dichiarate o non dichiarate fedelmente";
- l'ente locale aveva "dovuto individuare induttivamente l'effettivo valore del patrimonio immobiliare" in quanto la contribuente non aveva "consentito l'accesso alla documentazione contabile, limitandosi a fornire esclusivamente gli estratti del libro cespiti che non comprendevano le opere idrauliche e le componenti elettromeccaniche stabilmente infisse al suolo".
2. - E. S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tredici motivi di ricorso illustrati con memoria;
il Comune di Piateda resiste con controricorso anch'esso illustrato da memoria.
Fissato all'udienza pubblica del 5 novembre 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in L. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto D.L. n. 105 del 2021, art. 7, conv. in L. n. 126 del 2021, senza l'intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
Motivi della decisione
1. - Il primo motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, espone la denuncia di nullità della sentenza, e del procedimento, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, assumendo, in sintesi, la ricorrente che, contrariamente a quanto rilevato dal giudice del gravame, - la pronuncia di prime cure era stata fatta oggetto di specifici motivi di appello che, a loro volta, risultavano incentrati su tutti i punti dirimenti del decisum, così come partitamente ripercorsi e criticamente esaminati nell'atto di gravame.
Col secondo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), ed al R.D.L. n. 652 del 1939, art. 5.
Si assume, in sintesi, che, - una volta emesso avviso di accertamento (n. 13, prot. 8355) in relazione all'ICI dovuta per il possesso degli opifici produttivi (centrali di produzione dell'energia elettrica di Venina, Vedello e Zappello), - del tutto illegittima rimaneva la (ulteriore) attività accertativa (formalizzata negli avvisi di accertamento n. (---), prot. (---), e n. (---), prot. (---)) con i quali l'ente locale aveva liquidato l'imposta con riferimento ad opere idrauliche che, - afferendo a detti opifici quali beni serventi e, in quanto tali, insuscettibili di autonoma valutazione a fini catastali, - non integravano la nozione di unità immobiliare, - rilevante ai fini ICI (art. 2, comma 1, lett. a), cit.) ed a quelli catastali (art. 5, cit.), - e, per l'appunto, costituivano, secondo il loro obiettivo stato, beni imprescindibilmente legati alle esigenze produttive delle centrali idroelettriche e, così, sprovvisti di ogni autonomia funzionale.
Il terzo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, reca la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., assumendo la ricorrente che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare su specifico motivo di appello col quale essa esponente aveva dedotto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, e della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 336 e ss..
Nello specifico si assume, quindi, che i motivi di gravame involgenti l'applicazione di dette disposizioni sostanziali radicavano la censura relativa al criterio regolatore della base imponibile dell'imposta che l'Ente locale aveva illegittimamente ricavato dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3 (cd. valore contabilizzato dell'unità immobiliare) laddove avrebbe dovuto trovare applicazione il (diverso) criterio di cui all'art. 5, comma 2 cit. (rendita risultante in catasto) in relazione agli effetti della procedura, attivata dal Comune con richiesta del 24 novembre 2005 (lettera prot. n. 8314), cui essa esponente aveva dato seguito con dichiarazioni, presentate con procedura Docfa (in data 27 novembre 2009), che espressamente erano state formate in applicazione della L. n. 311 del 2004, cit., art. 1, comma 336;
e posto che, - risultando la richiesta del Comune formalizzata con riferimento agli anni dal 2000 al 2005, - le conseguenti rendite catastali dichiarate, a seguito di detta richiesta del Comune, dovevano trovare applicazione (retroattiva) "a decorrere dal 10 gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune" (art. 1, comma 337, cit.).
Col quarto motivo, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, riproponendo la quaestio iuris relativa alla violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, e della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 336 e ss., di cui s'è appena dato conto, sotto il profilo della motivazione apparente della pronuncia resa nel giudizio di appello, motivazione pressochè insussistente e del tutto inidonea a dar conto del percorso logico-giuridico posto a fondamento del decisum.
Anche il quinto motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ripropone, - sotto il parametro di censura dell'omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, - la quaestio iuris appena ripercorsa con riferimento al terzo motivo di ricorso, e quanto, dunque, al fatto decisivo costituito dagli effetti della procedura (in tesi) attivata dall'Ente locale e definitasi ai sensi della L. n. 311 del 2004, cit., art. 1, comma 336 e ss..
Col sesto motivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento (sempre) al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, ed alla L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 336 e ss., così, in buona sostanza, riproponendo la questione di diritto relativa all'individuazione del (corretto) criterio legale di determinazione della base imponibile dell'imposta (secondo la rendita risultante in catasto) in ragione della retroattività degli effetti delle dichiarazioni Docfa presentante secondo la procedura delineata dalla L. n. 311 del 2004, cit., art. 1, comma 337.
Il settimo motivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, reca la denuncia di violazione dell'art. 115 c.p.c., assumendo la ricorrente che, - qualora interpretato il riferimento, svolto dalla gravata sentenza, al (non assolto) obbligo di dichiarazione catastale delle opere idrauliche, serventi delle centrali elettriche, quale ragione ostativa all'applicazione retroattiva delle rendite catastali dichiarate, con procedura docfa, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 336 e ss., - siffatto accertamento doveva ritenersi manifestamente in contrasto con l'applicazione del principio processuale di non contestazione, e posto che, per l'appunto, non risultava controverso, per come riconosciuto da controparte e, del resto, anche accertato dallo stesso giudice di prime cure, - che le dichiarazioni presentate da essa esponente nel 2009 avevano avuto ad oggetto (anche) tutte le opere idrauliche che erano state riprese a tassazione a fini ICI. Con l'ottavo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, deducendo, in sintesi, che la base imponibile dell'imposta era stata, nella fattispecie, illegittimamente determinata sulla base di una perizia di stima (allegata ad atto di conferimento societario avente ad oggetto l'impianto idroelettrico) e, così, su valori non rispondenti al criterio legale posto dall'art. 5, comma 3, cit., che, - non ammettendo criteri di computo equipollenti, - doveva essere fondato sui valori di bilancio dei beni.
Il nono motivo di ricorso, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, espone la denuncia di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla documentazione che, - prodotta nel secondo grado del giudizio, con note depositate per l'udienza di trattazione, - dava conto della erroneità di computo dei valori contabili assunti dall'Ente locale ai fini dell'applicazione del criterio di determinazione della base imponibile ICI ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, cit..
Si assume, più specificamente, che dalla documentazione in discorso, - costituita da "estratti della procedura cespiti.... relazione accompagnatoria sottoscritta dal Direttore Amministrativo... estratto autentico notarile del libro del registro dei beni ammortizzabili", e relativa agli "interi complessi produttivi delle