Cass. pen., sez. II, sentenza 22/02/2023, n. 07814

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 22/02/2023, n. 07814
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 07814
Data del deposito : 22 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GIAMBORINO GIOVANNI nato a VIBO VALENTIA il 13/10/1961 avverso l'ordinanza del 06/09/2022 della CORTE APPELLO di CATANZAROudita la relazione svolta dal Consigliere G A;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. S T, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso (requisitoria del 30/11/2022). letta la memoria del 12/01/2023, con cui la difesa del ricorrente (avv. ALESSANDRO DIDDI) ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso, allegando le dichiarazioni di astensione presentate dalle due giudici ricusate, nonché il provvedimento di rigetto del presidente del Tribunale di Vibo Valentia della dichiarazione di astensione da queste presentata. Ricorso trattato nelle forme di cui all'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020 conv. in I. n. 176 del 2020

RITENUTO IN FATTO

1. G G ricorre avverso l'ordinanza con cui la Corte di appello di Catanzaro ha dichiarato l'inammissibilità della dichiarazione di ricusazione di due giudici del collegio del Tribunale di Vibo Valentia, avanzata dal ricorrente nel corso del processo «Rinascita Scott», in cui è imputato del delitto di partecipazione ad associazione di stampo mafioso. Al riguardo, il ricorrente premette che la ragione della ricusazione originava dal fatto di avere appreso che il Tribunale aveva disposto, senza interpellare le parti, la separazione della posizione del coimputato A, indicato come uno dei capi e promotori dell'associazione per delinquere di stampo mafioso per cui si procede, di cui il ricorrente è accusato di far parte unitamente ad oltre trecento imputati, con ruoli e posizioni differenti. Espone che la separazione - a cui aveva fatto seguito pure la dichiarazione di astensione delle due giudici ricusate (la dott.ssa Cavasino nei confronti di due imputati e la dott.ssa Romano nei confronti di tutti gli altri) era conseguenza dell'accoglimento dell'istanza di ricusazione presentata dalla difesa del coimputato A proprio nei confronti delle suindicate componenti del collegio, ritenute incompatibili alla celebrazione del giudizio, ai sensi dell'art. 34 cod. proc. pen., sul rilievo che in un altro processo («Nemea»), avente ad oggetto l'associazione di stampo mafioso facente capo alla famiglia Soriano, fosse stata già valutata la posizione dell'A che, sebbene non imputato in quel giudizio, era stato menzionato quale capo dell'omonima famiglia di 'ndrangheta a quella contrapposta. Da ciò conseguirebbe l'incompatibilità dei due giudici anche a giudicare la posizione del ricorrente, in tal senso invocandosi l'effetto estensivo della pronuncia di accoglimento della ricusazione del coimputato, versando il Giamborino nella medesima condizione soggettiva di concorrente necessario. Tanto premesso, la difesa deduce tre motivi:

1.1. violazione dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), in relazione all'art. 125 cod. proc. pen., per essere l'ordinanza impugnata corredata da motivazione del tutto incomprensibile. Si lamenta che la Corte territoriale, a fronte di una dichiarazione di inammissibilità per tardività della richiesta di ricusazione, aveva invece fatto riferimento a profili di manifesta infondatezza dell'istanza: per un verso, si era richiamato il fatto che l'istanza di ricusazione si fonderebbe su un profilo eminentemente soggettivo riferibile a diverso imputato e, per altro, che sussisterebbe una preclusione all'estensione del giudicato in materia di incompatibilità del giudice, trattandosi di profilo che, agendo su un piano diverso rispetto ai singoli presupposti processuali delle singole istanze di ricusazione, non era idoneo ad incidere sul giudizio di inammissibilità delle stesse per tardività.

1.2. violazione dell'art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., in relazione all'art. 41 cod. proc. pen., per avere la Corte d'appello deciso con procedimento de plano in assenza dei relativi presupposti: asserita tardività della richiesta. Si ribadisce la tempestività dell'istanza sul rilievo che la precedente decisione di accoglimento della ricusazione nei confronti del coimputato A non era nota alle parti, di cui avevano avuto contezza solo a seguito della comunicazione in udienza da parte del Tribunale. Inoltre, assumeva rilievo anche il fatto che le due giudici, su istanza degli imputati, si erano astenute e che, pertanto, i termini per la dichiarazione di ricusazione non decorrevano sino a quando il presidente del Tribunale non avesse deciso in merito. Infine, del contenuto della sentenza pregiudicante (relativa al processo «Nemea»), il ricorrente, al pari degli altri coimputati, non avevano avuto cognizione, non essendo stata allegata agli atti del processo.

1.3. violazione dell'art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., in relazione all'art. 41 cod. proc. pen., per avere la Corte d'appello deciso con procedimento de plano in assenza dei relativi presupposti: asserita manifesta infondatezza. Si censura la validità del ragionamento in forza del quale la Corte d'appello aveva escluso l'effetto estensivo della motivazione dell'ordinanza che aveva accolto la ricusazione fatta valere dal coimputato A. Il riferimento ad un argomentare riferibile ad un solo soggetto non bastava a far venir meno i motivi pregiudicanti evincibili da una sentenza che aveva accertato l'esistenza di un sodalizio di cui farebbero parte anche il ricorrente e gli altri coimputati. Inoltre, assumeva rilievo che l'accoglimento della dichiarazione di ricusazione del coimputato poggiava anche sulla sovrapposizione del materiale probatorio oggetto di valutazione nei due procedimenti (tra cui, oltre le dichiarazioni degli operanti, quelle dei collaboratori di giustizia M E e M R), sulla cui rilevanza le due giudici ricusate si erano pronunciate.
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