Cass. civ., sez. I, sentenza 22/05/2019, n. 13842
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Testo completo
ché degli artt. 2464, 2465, 2466, 2479-ter e 2481-bis cod. civ., in relazione all'omesso esame di fatto decisivo (art. 360, n. 5, cod. proc. civ.), integrato dalla circostanza che nella determinazione del credito nascente dal rapporto tra le due società, dalla cui asserita fittizietà sarebbe derivata l'invalidità dell'intera operazione di aumento di capitale di Idea Lab s.r.I., non era stata contestata l'effettiva sussistenza dei costi per i servizi di ricerca prestati da Az Lab, ma soltanto il reale valore dei medesimi. Dacché la conseguenza che almeno per un importo ridotto l'effettività del debito di Idea Lab verso Az Lab si sarebbe dovuta considerare incontroversa, e dunque non si sarebbe potuto considerare fittizio il finanziamento effettuato da Acta onde soddisfare il debito stesso. Col terzo motivo infine i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 194 e 829 cod. proc. civ. e 2497 cod. civ. in ordine alla pronuncia di risarcimento dei danni, censurando la sentenza per aver totalmente travisato la fattispecie e per aver errato nella determinazione del danno risarcibile. II. - In relazione al primo mezzo non può farsi a meno di notare che la corte d'appello di Firenze ha mancato di specificare quando fosse stata stipulata la convenzione di arbitrato. Si è limitata a osservare che l'allora secondo motivo di impugnazione, per come prospettato, era inammissibile, "non ricorrendo in relazione alla diffusa contestazione di errores in iudicando, la dedotta violazione integrante il caso di nullità prevista dall'art. 829 c. 3, seconda parte c.p.c.". Ora i ricorrenti sostengono che la convenzione di arbitrato era stata stipulata il 10-10-2002, all'atto della costituzione della Idea Lab s.r.I., cosicché il regime giuridico conferente sarebbe stato da individuare nell'art. 829, secondo comma, cod. proc. civ. nel testo anteriore al d.lgs. n. 40 del 2006, il quale, come noto (e come meglio si dirà), non operava distinzioni, in tema di arbitrato, tra regole di diritto ordinarie e regole di diritto involgenti principi di ordine pubblico. La tesi dei ricorrenti è fondata nei termini che seguono. III. - L'impugnata sentenza è manifestamente errata quanto al problema delle modalità di deduzione dell'errore di diritto (si dice: "per come prospettato"). Occorre infatti jcon forz4 sottolineare che, quale che sia, o quale che sia stata, la modalità di deduzione (o di prospettazione) dell'errore in iure non rileva affatto. Si era dinanzi a una questione giuridica, sicché ciò che la corte d'appello avrebbe dovuto considerare era solo il regime d'impugnazione del lodo: se cioè fosse o meno ammissibile, nella concreta fattispecie, impugnare il lodo per violazione di regole di diritto, così come era stato fatto. Nonostante le dianzi citate regole fossero state qualificate, nell'impugnazione del lodo, come regole di ordine pubblico, la corte d'appello - ove l'impugnazione per errores in iudicando fosse stata ammissibile - avrebbe dovuto esaminare comunque le censure proposte, perché implicanti un rilievo di mancata osservanza di regole di diritto. IV. - Oltre che da tale errore, la sentenza è inficiata anche dall'omesso accertamento del dato essenziale in base al quale discernere il regime giuridico pertinente all'impugnazione del lodo, che è legato all'epoca di stipulazione della clausola compromissoria.I ricorrenti hanno affermato che la clausola compromissoria era risalente al 2002. In ordine a simile circostanza, e in ogni caso in ordine all'epoca di stipulazione della clausola compromissoria, la corte fiorentina non ha svolto alcuna considerazione. Occorre dire che, almeno in termini impliciti, la medesima circostanza sembra confermata anche dal controricorso, mercé l'affermazione che in data successiva all'entrata in vigore della riforma di cui al d.lgs. n. 40 del 2006 lo statuto della società - "contenente la clausola compromissoria" - era stato modificato nella (sola) parte relativa alla nomina dell'arbitro unico, senza "minimamente alterare le regole di impugnazione dei lodo rese sulla base della clausola stessa". L'accertamento a tal riguardo è naturalmente riservato al giudice del merito, ma può osservarsi che, in base a quanto nel controricorso riferito, sembra abbastanza chiaro che la clausola compromissoria statutaria era preesistente al 2006 ed era stata adeguata al nuovo regime relativo alle sole modalità di nomina dell'arbitro. Il che rileva anche ai fini di cui all'art. 34 del d.lgs. n. 5 del 2003 onde affermare che l'arbitrato in questione era soggetto alla disciplina speciale citata;la quale disciplina - giova ulteriormente rammentare - è applicabile ove le clausole compromissorie siano giustappunto contenute in atti costitutivi o, attesa l'equiparazione derivante dall'art. 2328 cod. civ., in statuti. V. - Da questo punto di vista l'insistito riferimento della parte controricorrente alla mancata specificazione, nell'avverso ricorso, del contenuto
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