Cass. civ., sez. III, sentenza 01/06/2004, n. 10484

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Massime3

Con riferimento al contratto di ormeggio con obbligo di custodia, in caso di avaria, deterioramento o distruzione della imbarcazione, il concessionario dell'ormeggio non si libera della responsabilità "ex recepto" provando di avere usato nella custodia della "res" la diligenza del buon padre di famiglia prescritta dall'art. 1768 cod. civ., ma deve provare a mente dell'art. 1218 cod. civ. che l'inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile. Tale fatto esterno non deve assumere necessariamente i caratteri del caso fortuito o della forza maggiore, atteso che non si versa in ipotesi di presunzione di responsabilità, ma di presunzione di colpa. Pertanto la prova liberatoria consiste nella dimostrazione di aver adottato tutte le precauzioni suggerite dall'ordinaria diligenza, con l'avvertenza che ove il concessionario dell'ormeggio si renda conto (o debba rendersi conto) della necessità di uno sforzo maggiore rispetto a quello ordinario, egli è tenuto a prestarlo, versando altrimenti in colpa cosciente, ancorché abbia custodito il bene con la diligenza del buon padre di famiglia.

A norma dell'art. 1362 cod. civ. l'interpretazione del contratto richiede la determinazione della comune intenzione delle parti, da accertare sulla base del senso letterale delle parole adoperate e del loro comportamento complessivo, anche posteriore alla conclusione del contratto. L'elemento letterale e quello del comportamento delle parti devono porsi, pertanto, in posizione paritaria, onde il giudice non può sottrarsi a tale duplice indagine allegando una pretesa chiarezza del significato letterale del contratto. Anche con riferimento ai contratti conclusi per "facta concludentia", ove non sia richiesta la prova scritta "ad substantiam", opera come principale criterio ermeneutico quello di individuazione della volontà delle parti, desumibile, in assenza di un testo scritto, non dal senso letterale delle parole, ma dal comportamento complessivo delle parti anche posteriore alla conclusione del contratto.

Il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Il suo contenuto può, peraltro, del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni (sinallagmaticamente collegate al corrispettivo), quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, restando a carico di chi fonda un determinato diritto (o la responsabilità dell'altro contraente sulla struttura del contratto) fornire la prova dell'oggetto e del contenuto. Il relativo accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 01/06/2004, n. 10484
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10484
Data del deposito : 1 giugno 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D V - Presidente -
Dott. P L R - Consigliere -
Dott. S A - rel. Consigliere -
Dott. T A - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DARSENA FONTANELLE s.a.s. di CEZZA MARIA ELISABETTA (già MARINA DI FONTANELLE s.r.l.), in persona del suo legale rappresentante pro- tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA LUIGI BOCCHERINI

3, presso lo studio dell'avvocato F M, difeso dall'avvocato M M, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
ADILARDI D'AQUINO GIUSEPPE M, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA GRAMSCI

20, presso lo studio dell'avvocato G C, difeso dall'avvocato CLAUDIO DELL'ANTOGLIETTA, giusta delega in atti;



- controricorrente -


e contro
PIRTOLI LUIGI, PIRTOLI MANFREDO, LAPICCIRELLA MARIA CARMELA, in proprio e quali eredi del Dott. N P, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA FEDERICO CESI

21, presso STUDIO TORRISI MASSIMILIANO &
A, difesi dall'avvocato R P, giusta delega in atti;



- controricorrenti -


avverso la sentenza n. 478/00 della Corte d'Appello di LECCE, sezione 2^ Civile emessa il 7/7/00, depositata il 03/10/00;
RG. 457/1998;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/04 dal Consigliere Dott. Antonio SEGRETO;

udito l'Avvocato MARCUCCIO MARCELLO;

Udito l'Avvocato DELL'ANTOGLIETTA CLAUDIO;

udito l'Avvocato PETRUCCI RODOLFO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO

Libertino Alberto, che ha concluso per accoglimento del 1^ motivo, assorbiti gli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 14.12.1980,Giuseppe Mario A D'Aquino conveniva in giudizio davanti al tribunale di Lecce la s.r.l. Marina di Fontanelle per sentirla condannare al risarcimento del danno conseguito alla distruzione della propria imbarcazione ormeggiata presso la banchina di detta società, a seguito della rovina della diga foranea nella notte tra il 31.12.1979 e l'1.1.1980, nel corso di una violenta tempesta.
Analoga domanda contro la stessa società, ma con autonomo atto, proponevano P Nicola, Luigi e Manfredo, nonché Lapiccirella Maria Carmela, quali comproprietari di altra imbarcazione da diporto, andata distrutta nella stessa occasione.
Si costituiva la convenuta, che resisteva alle domande. Il tribunale, riuniti i giudizi, con sentenza depositata il 13.2.1998, condannava la convenuta al risarcimento del danno nei confronti degli attori, liquidato in L. 77.688.400 per l'A ed in L. 89.640.500 per gli altri, oltre interessi e rivalutazione. Avverso questa sentenza proponeva appello la convenuta. La corte di appello di Lecce, con sentenza depositata il 3.10.2000, rigettava l'appello.
Riteneva la corte di merito che il contratto di ormeggio è un contratto atipico, che può essere disciplinato dalle norme sulla locazione (con riguardo alla messa a disposizione della struttura portuale) o da quelle sul deposito, a seconda se esista anche un obbligo della custodia;
che nella fattispecie era ravvisabile ha responsabilità della convenuta in entrambi i casi;
che, essendo provato per facia concludentia l'esistenza di un contratto di ormeggio, anche se il contenuto dello stesso fosse stato solo di godimento del "posto barca", la responsabilità della convenuta si fondava sull'art. 1578 c.c., per vizio della cosa locata, in quanto la diga foranea, realizzata dalla convenuta, era crollata sotto la furia del mare.
Riteneva, inoltre, la Corte comunque di aderire all'interpretazione del contratto, come contenente anche l'obbligo di custodia delle barche.
Infatti riteneva la corte di merito che dal fatto noto provato per testi dell'esistenza di una guardiania fissa, dal ricovero in una darsena di imbarcazioni di piccolo cabotaggio, prive di equipaggio a bordo, si doveva risalire al fatto ignoto dell'obbligo di custodia da parte del concessionario dell'ormeggio, senza che ciò potesse costituire praesumptio de praesumpto. Ciò emergeva anche dal comportamento successivo al contratto dei dipendenti della società e del loro rappresentante, i quali nell'occasione effettuarono alcuni tentativi per evitare danni alle imbarcazioni.
Riteneva, poi, la corte di merito, che esattamente il tribunale non aveva ritenuto idonea l'opera di protezione alla darsena realizzata dalla società appellante, perché assolutamente sottodimensionata rispetto a quella progettata ed approvata, come risultava dalla c.t.u.;
che nella fattispecie non esisteva ne' il caso fortuito, essendo prevedibile sulla base di ben 14 pregressi analoghi episodi metereologici nell'ultimo ventennio, che il mare potesse raggiungere quella forza, ne' la forza maggiore atteso che la diga foranea era stata realizzata con una riduzione a meno di un decimo rispetto a quella progettata.
Secondo la corte di appello la consulenza del c.t.u. era immune da vizi logici o tecnici.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la Darsena Fontanelle s.a.s. di Cezza Maria Elisabetta.
Resistono con controricorsi gli attori.
I P hanno presentato memoria.
I resistenti-attori hanno anche presentato memorie di udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1575 n. 1, 1578, 1766, 2697 e 2729 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché la
motivazione illogica e contraddittoria, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.. Ritiene la ricorrente che nel contratto di ormeggio può sussistere un obbligo risarcitorio a carico del titolare del porto nel caso di danni all'imbarcazione solo nell'ipotesi in
cui il contratto di ormeggio assuma i connotati tipici del deposito e non nel caso in cui assuma quelli della locazione - che erratamente - la sentenza impugnata ha equiparato l'ormeggio-locazione all'ormeggio deposito, poiché nel primo caso va garantito solo l'accesso al posto barca senza impedimenti.
Lamenta poi. la ricorrente che nessuna prova nella fattispecie era stata fornita in merito al contenuto del contratto di ormeggio e che la prova testimoniale non supportava la convinzione che fosse stato assunto un obbligo di custodia;
che la sentenza impugnata aveva fatto ricorso alla prova presuntiva, ma che questa era adottabile solo nel caso in cui non fosse possibile fornire la prova di un fatto storico;

che nella fattispecie la sentenza impugnata erratamente aveva fatto ricorso ad una praesumptio de praesumpto. Infine la ricorrente lamenta che erroneamente la sentenza impugnata ha fatto riferimento all'art. 1362 c.c., in quanto mancando la prova certa dell'esistenza di un contratto, non era consentito sopperire a tale deficienza mediante il ricorso a canoni ermeneutici di cui alla predetta norma, non essendoci un referente negoziale.


2.1. Ritiene questa Corte che il motivo sia infondato e che lo stesso vada rigettato.
Anzitutto va osservato che non sussistono le lamentate violazioni degli artt. 1575, 1578 e 1766 c.c.. Con il moltiplicarsi delle imbarcazioni da diporto, si sono sempre più estesi i c.d. porti turistici con i quali, fruendo della concessione dello Stato su beni demaniali, quali lidi, spiagge, rade e mare territoriale, vengono predisposte strutture, più o meno complesse, aLte a consentire l'ormeggio e la sosta. Tali strutture, cui è spesso collegata la prestazioni di ulteriori servizi (quali la fornitura di notiziari sullo stato del mare, il rimorchio, l'ormeggio vero e proprio, etc.), sono normalmente predisposte e gestite da società con fini di lucro, ovvero da associazioni costituite dagli stessi utenti, ed il loro uso è limitato, in tal caso, agli associati.
Il c.d. contratto di ormeggio non trova alcuna specifica regolamentazione ne' nel codice civile ne' in quello della navigazione, che si limita a dettare norme sulla professione di ormeggiatore (art. 116 c. 1^ n. 4 c. n. e 208 ss. reg. nav. mar.), sicché costituisce un contratto "atipico", che il diritto non può non riconoscere, in quanto diretto a realizzare un interesse meritevole di tutela (art. 1322 c. 2^ c.c.). Tale contratto atipico non può, tuttavia, essere equiparato, sic et simpliciter, analogamente a quanto è stato ritenuto per il contratto di parcheggio delle autovetture (per il quale Cfr., fra le tante, Cass. n. 10892 del 1999, Cass. n. 16079 del 2002;
Cass. n. 8615 del 1990), al deposito, sì da doversi ritenere applicabili analogicamente le disposizioni di cui agli artt. 1766 ss. c.c., potendo avere un oggetto più vario ed articolato, in dipendenza delle attrezzature e dell'organizzazione del porto turistico ed, alla fine, degli accordi tra le parti, nell'espletamento della propria autonomia contrattuale (all'affermazione non contraddice la lontana sentenza di questa Corte del 22.10.1970, n. 2094, relativa alla diversa e specifica fattispecie del temporaneo affidamento ad un cantiere navale).


2.2. L'oggetto del contratto in esame può limitarsi, infatti, da una parte alla messa a disposizione delle strutture, e dall'altra ala loro utilizzazione al solo fine dell'ormeggio e della sosta dell'imbarcazione, senza alcuna ulteriore prestazione. In tal caso lo stesso presenta una sostanziale affinità con la locazione (può riscontrarsi una analogia con la locazione del c.d. "posto macchina"), in cui, secondo la definizione che ne da l'art. 1571 c.c., "una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o
immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo" senza che tale qualificazione osti la presenza di personale del concedente, al fine di regolare gli arrivi e di riscuotere i corrispettivi. Il contratto può invece dar luogo ad un affidamento del natante agli addetti alla struttura, e, attraverso essi, all'altro contraente (eventualmente in applicazione degli artt. 2203 ss. c.c.), che comporta l'obbligo della sua custodia, sì da renderlo assimilabile ad deposito (artt. 1766 ss. c.c.) e da rendere applicabili le relative disposizioni.


2.3. Pertanto il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Il suo contenuto può, peraltro, del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni (sinallagmaticamente collegate al corrispettivo), quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, ed il relativo accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità (Cass. 02/08/2000, n. 10118;
Cass. 21/10/1994, n. 8657).
In tal senso incombe a colui che fonda un determinato diritto (o la responsabilità dell'altro contraente) sulla struttura del contratto, fornire la prova dell'oggetto e del contenuto, la prova, cioè, che il contratto ha avuto ad oggetto non la semplice utilizzazione delle strutture, ai fini dell'attracco e della sosta, ma altresì la custodia dell'imbarcazione. Trattandosi di contratto (o di contratti) per il quale non è richiesta alcuna forma, la relativa prova può essere data anche attraverso testimoni e può, eventualmente, essere tratta da presunzioni che presentino i connotati della gravità, della precisione e della concordanza (art. 2729 c.c.) .

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