Cass. pen., sez. I, sentenza 27/04/2023, n. 17542

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 27/04/2023, n. 17542
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17542
Data del deposito : 27 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: T G, nato a LAMEZIA TERME il 18/03/1960 avverso l'ordinanza del 12/07/2022 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA FIRENZEudita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO V L;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale PASQUALE SERRAO D'AQUINO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. G T veniva sottoposto al regime della libertà vigilata dopo aver espiato la pena di anni dieci di reclusione, irrogatagli per i delitti - commessi fino all'anno 2012 - di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata e continuata con recidiva reiterata, nonché violazione di misure di prevenzione. Con sentenza del 20/07/2017 della Corte d'appello di Catanzaro, il T veniva dichiarato soggetto socialmente pericoloso e quindi assoggettato alla misura di sicurezza della libertà vigilata per il periodo di tre anni. Il Magistrato di sorveglianza di Siena - con provvedimento del 05/04/2022 - disponeva l'esecuzione di tale misura di sicurezza per il periodo di anni tre (posticipandone l'effettiva esecuzione, a norma dell'art. 15, comma 2, d.lgs 6 settembre 2011, n. 159, alla cessazione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, imposta come misura di prevenzione a carico del T).

1.1. A fondamento di tale decisione, vi era la valorizzazione della gravità dei plurimi pregiudizi annoverati dal soggetto, in uno alle pendenze che lo accompagnavano;
veniva inoltre presa in considerazione la caratura delinquenziale concordemente attribuita al condannato, ad opera della Questura di Catanzaro e della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Tutto convergeva, dunque, nel delineare il condannato quale soggetto organico alla cosca di ndrangheta nota come "Cerra-T-Gualtieri". Il percorso penitenziario compiuto dal condannato - benché privo di rilievi di tipo disciplinare - evidenziava poi l'assenza di una pur iniziale forma di resipiscenza, nonché di rivisitazione critica del proprio vissuto criminale.

1.2. A seguito di appello interposto dal difensore, il Tribunale di sorveglianza di Firenze confermava tale provvedimento, emettendo l'ordinanza in epigrafe indicata.

2. Ricorre per cassazione G T, a mezzo del difensore avv. Gianluca Careri, deducendo due motivi, che vengono di seguito brevemente riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art.173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo, viene denunciata inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 202, 203 e 228 cod. pen. e correlativo vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale avrebbe fondato il giudizio di attuale pericolosità del T, basandosi impropriamente su precedenti molto risalenti nel tempo;
non avrebbe però tenuto conto dell'ormai avvenuta disarticolazione della consorteria criminale di originaria appartenenza e comunque della cessazione, per il condannato, del reato associativo;
non avrebbe attribuito il giusto peso alla condotta di vita serbata dal soggetto, una volta riacquistata la libertà in data 04/02/2022;
avrebbe poi incongruamente valorizzando il dato, invece neutro sotto il profilo dimostrativo, rappresentato dal rientro del condannato presso la propria abitazione;
non avrebbe infine adeguatamente considerato il virtuoso percorso penitenziario vantato dal T.

2.2. Con il secondo motivo, ci si duole della mancanza di motivazione dalla quale sarebbe affetto il provvedimento impugnato, in ordine alla richiesta presentata - in via subordinata - con l'atto di gravame, finalizzata al contenimento nel minimo del tempo di applicazione della misura.

3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Per ciò che inerisce al primo motivo di ricorso, è opportuno premettere, tenuto conto che il difetto è comune a più motivi di ricorso che denunciano il vizio della motivazione, come il compito del giudice di legittimità non consista nel sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito;
tale compito si sostanzia invece esclusivamente nel fatto di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione degli stessi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n, 930 del 13/12/1995 dep. 1996, Clarke, Rv. 203428;
Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 dep. 2000, Moro G, Rv. 215745;
Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 dep. 2004, Elia, Rv. 229369). Dall'affermazione di questo principio, si traggono alcuni corollari. Ad eccezione del caso in cui il ricorso prospetti compiutamente l'esistenza di un «ragionevole dubbio», esula dai poteri della Corte di cassazione, nell'ambito del controllo della motivazione del provvedimento impugnato, la formulazione di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, giacché tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell'iter argomentativo di tale giudice, accertando se quest'ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione.
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