Cass. civ., sez. V trib., sentenza 11/08/2020, n. 16906
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Testo completo
1. La Fondazione (---) (hinc anche: "la Fondazione"), titolare del 21 per cento delle azioni della (---) s.p.a., chiedeva all'Agenzia delle entrate, Ufficio locale di Cuneo, il rimborso della maggiore IRPEG indebitamente versata per i periodi d'imposta 1994-1995, 1995-1996, 1996-1997, 1997-1998 e 1998-1999 (piu' esattamente, rispettivamente, 1 ottobre 1994-30 settembre 1995, 1 ottobre 1995-30 settembre 1996, 1 ottobre 1996-30 settembre 1997, 1 ottobre 1997-30 settembre 1998 e 1 ottobre 1998-30 settembre 1999) in conseguenza dell'erronea applicazione dell'aliquota ordinaria della suddetta imposta in luogo di quella agevolata, ridotta alla meta', a essa asseritamente applicabile ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, articolo 6.
Dopo avere emesso dei provvedimenti relativi ai crediti per i periodi d'imposta 1994-1995, 1995-1996, 1996-1997 (atto prot. n. 59545/2003 del 16 settembre 2003) e 1998-1999 (atto prot. n. 36242 del 12 luglio 2004) - con la sola eccezione, dunque, del periodo d'imposta 1997-1998 - l'Agenzia delle entrate, Ufficio locale di Cuneo, emetteva provvedimenti di diniego dei rimborsi richiesti in riferimento a tutti e cinque i periodi menzionati, asserendo che l'agevolazione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, articolo 6, non spettava alla Fondazione.
2. Con ricorso cumulativo, la Fondazione impugnava tali provvedimenti davanti alla Commissione tributaria provinciale di Cuneo (hinc anche: "CTP"), che accolse il ricorso della contribuente.
La CTP ritenne l'efficacia nel giudizio del giudicato esterno delle sentenze n. 180/2000 e n. 92/2001 con le quali la stessa Commissione, pronunciandosi sui ricorsi proposti dalla Fondazione avverso due avvisi di accertamento a essa notificati dall'Ufficio locale di Cuneo per i periodi d'imposta 1992-1993 e 1993-1994 - per i quali la Fondazione aveva applicato l'aliquota agevolata - aveva riconosciuto il diritto della contribuente all'applicazione di tale aliquota.
La CTP affermo' altresi' che, per i periodi d'imposta 1994-1995, 1995-1996, 1996-1997 e 1998-1999, il diritto ai rimborsi richiesti si era "consolidato (...) a seguito delle (...) attestazioni fornite dalla Agenzia ai sensi del Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 10 (che) qualificava (...) come riconoscimento di debito (...) ai sensi dell'articolo 1998 C.C" (cosi' la sentenza impugnata).
Il giudice di primo grado, infine, asseri' anche che "la ricorrente (ha)dimostrato (...) di aver svolto, anche nelle annualita' di cui trattasi, una attivita' prevalente, se non esclusiva, di promozione sociale e culturale, mentre non vi e' alcun concreto elemento che consenta di affermare che la Fondazione abbia interferito, quale socio di maggioranza, nelle decisioni prese dagli organi amministrativi della (---)".
3. Avverso tale pronuncia, l'Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Cuneo, propose appello alla Commissione tributaria regionale del Piemonte (hinc anche: "CTR"), che lo rigetto' con riguardo ai periodi d'imposta 1994-1995, 1995-1996, 1996-1997 e 1998-1999 (confermando l'illegittimita' del diniego dei rimborsi richiesti per questi periodi), mentre lo accolse con riguardo al periodo d'imposta 19971998 (affermando la legittimita' del diniego del rimborso richiesto per quest'ultimo periodo).
La CTR rigetto' anzitutto l'eccezione di inammissibilita' del ricorso in appello dell'Agenzia delle entrate sollevata dalla Fondazione per il difetto di specificita' del primo motivo concernente l'efficacia esterna del giudicato delle sentenze della CTP n. 180/2000 e n. 92/2001.
Nel merito, la CTR accolse tale motivo con la motivazione che Cass., S.U., 16/06/2006, n. 13916, pur riconoscendo la capacita' espansiva del giudicato in materia tributaria, reputo' che essa "non puo' certo estendersi a valutazioni di fatto relative all'attivita' dell'ente o a loro effetti, valutazioni che devono certamente soggiacere alla possibilita' di mutevole giudizio in relazione non solo a mutate situazioni di fatto o a mutate disposizioni legislative ma anche a mutate sensibilita' economiche e politiche. In tale categoria va posta la questione oggetto del presente procedimento, se cioe' il possesso di una partecipazione di maggioranza da parte di un ente non avente scopo di profitto in una societa' commerciale possa essere qualificata attivita' di impresa;in questo caso infatti non si discute delle natura giuridica dell'ente (...), il quale, ai sensi delle sue norme statutarie, puo' ben essere definito ente non avente scopo di profitto, ma (...) si discute se la sua partecipazione a societa' avente scopo di lucro in posizione di predominanza possa essere definita attivita' di impresa. Questa valutazione ben puo' dare luogo a giudizi diversi in distinti periodi temporali per mutate sensibilita' politiche ed economiche;nel caso di specie, trova rilievo l'argomento posto a base del motivo di appello, relativo a giurisprudenza comunitaria che, sia pure relativa a situazioni diverse, ha stabilito che il giudicato esterno non possa essere utilizzato per consentire violazione del principio di divieto di aiuti di stato alle imprese".
Ritenuto di dovere quindi affrontare "ex novo" la questione dello svolgimento o no di attivita' d'impresa da parte della Fondazione, con riguardo ai periodi d'imposta 1994-1995, 1995-1996, 1996-1997 e 1998-1999, la CTR, rilevato che, per gli stessi, "l'Agenzia delle Entrate (...) aveva attestato la certezza e liquidita' del credito vantato dalla Fondazione ai sensi del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 10", convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, reputo' che all'"attestazione" a norma di tale articolo dovesse riconoscersi la stessa efficacia (quanto a irretrattabilita' per l'amministrazione finanziaria) attribuita dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 11, alla risposta all'interpello del contribuente, atteso che, "allorche' la Amministrazione rilascia non un semplice attestato di "regolarita'" della dichiarazione, ma uno specifico attestato che il credito portato in tale dichiarazione e' certo e liquido, la detta attestazione costituisce atto conclusivo del procedimento di accertamento e liquidazione del tributo, atto ad esaurire il rapporto giuridico relativo alla dichiarazione del contribuente e a precludere alla Amministrazione Finanziaria ogni possibilita' di revoca o annullamento della detta attestazione", dovendosi altresi' sottolineare che, poiche' lo stesso articolo 10 "autorizza (e non obbliga) la amministrazione a una risposta", se la stessa "decide di dar corso al rilascio della chiesta attestazione, essa ammette con tale atto di avere proceduto al controllo della dichiarazione nella sua parte formale e sostanziale". Tale conclusione sarebbe convalidata anche dal "fatto che la detta norma e' dettata al fine di consentire al creditore di imposta di poter ritenere acquisito il suo diritto al rimborso, in attesa delle pratiche", sicche' "ammettere che tale attestazione possa essere nel prosieguo revocata o tenuta in non cale significa spogliare di qualsiasi ragionevole contenuto la norma". Dopo avere ulteriormente rilevato che l'amministrazione finanzaria non aveva emesso nei termini atti di accertamento o di rettifica delle dichiarazioni, che le attestazioni da essa rilasciate non erano mai state esplicitamente revocate e che solo dopo il sollecito della contribuente (presentato dopo quattro anni dalle suddette attestazioni) l'amministrazione finanziaria aveva emesso dei provvedimenti di diniego con esse contrastanti, la CTR concludeva che tali provvedimenti violavano sia la L. n. 212 del 2000, articolo 10, sia il Decreto Legge n. 269 del 2003, articolo 10. Pertanto, "per le quattro annualita' (...), deve ritenersi (...) intervenuta preclusione per la Amministrazione alla rettifica della attestazione gia' rilasciata, per cui per tale motivo la sentenza impugnata deve essere confermata".
Con riguardo, infine, al periodo d'imposta 1997-1998, dopo avere richiamato Corte di giustizia, 10/01/2006, in causa C-222/04, Ministero dell'Economia e delle Finanze contro (---) s.p.a., Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato, (---) s.p.a., e Cass., S.U., 22/01/2009, n. 1593 (recte: n. 1576), la CTR, premesso che la sentenza di primo grado aveva escluso che la Fondazione svolgesse attivita' d'impresa sulla sola base della produzione documentale che evidenziava gli interventi da essa operati, rilevo' che, dall'articolo 3, secondo periodo, dello statuto della Fondazione "edizione 1999", risultava che a essa "era riconosciuta (...) la possibilita' di promuovere progetti e iniziative diretti a stimolare e sviluppare le capacita' imprenditoriali e organizzative nella produzione di beni e servizi dai quali trae beneficio la collettivita', previsione quindi che potrebbe portare a interventi diretti a sostegno di attivita' imprenditoriali o di attivita' della conferitaria;si richiama a titolo esemplificativo la relazione al bilancio preventivo 1994/95 ove si delibera uno stanziamento a favore delle imprese dei privati danneggiati dalla alluvione del novembre 1994, stanziamento da essere impiegato nel pagamento di una semestralita' degli interessi sui mutui che la conferitaria avrebbe concesso a tali soggetti". Inoltre, sarebbe stata soprattutto rilevante la previsione dell'articolo 4, quinto periodo, dello stesso statuto, la quale realizzerebbe "una delle condizioni poste dalla giustizia comunitaria a base del giudizio di esercizio indiretto di attivita' di impresa, dato che la Fondazione, che detiene il 21% delle azioni della societa' conferitaria, accantona parte rilevante degli utili a riserva al fine di poter sottoscrivere gli aumenti di capitale sociale della societa' conferitaria, mantenendo pertanto inalterata con tale attivita' la sua quota rilevante di partecipazione al capitale sociale della conferitaria realizzando quindi con la attivita' di questo un vincolo di partecipazione che certo assume rilevanza economica di non poco momento". Da cio' l'affermazione della legittimita' del diniego del rimborso richiesto per il periodo 1997-1998.