Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 11/03/2015, n. 4875
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La mancata indicazione, nella intestazione della sentenza, del nome dei magistrati componenti del collegio giudicante, che, secondo le risultanze del dispositivo letto in udienza coerente con il relativo verbale, abbiano pronunciato la decisione, ha natura di mero errore materiale, emendabile ai sensi degli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., dovendosi, in difetto di elementi contrari, ritenere coincidenti i magistrati indicati nel predetto verbale con quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione, atteso che la intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, in quanto meramente riproduttiva dei dati del verbale di udienza.
Il trattamento economico previsto dall'art. 14 bis del d.lgs. 3 aprile 1993, n. 96, per il personale dipendente dall'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, si applica anche ai lavoratori provenienti dai ruoli del Commissario governativo, già dipendenti dalla cessata Cassa per il Mezzogiorno, in quanto utilizzati e gestiti dall'Agensud, sebbene non formalmente inseriti nella pianta organica della suddetta Agenzia, per intervenuta soppressione della stessa ai sensi dell'art. 2 della legge 19 dicembre 1992, n. 488.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi - Presidente -
Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere -
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere -
Dott. GHINOY Paola - rel. Consigliere -
Dott. AMENDOLA Fabrizio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8266/2013 proposto da:
NASSISI ETTORE [...], OR CA
[...], COVINO DOMENICA [...], PIECHE UMBERTO [...], RR RO [...], elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CA CONTI ROSSINI 95, presso lo studio dell'avvocato RUFFINI Giuseppe, che li rappresenta e difende giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO 80230390587;
- intimato -
nonché da:
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO C.F. 80230390587, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
NASSISI ETTORE [...], OR CA
[...], COVINO DOMENICA [...], PIECHE UMBERTO [...], RR RO [...], elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CA CONTI ROSSINI 95, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE RUFFINI, che li rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso;
- controricorrenti al ricorso incidentale -
e contro
NZ US [...], OL RI [...], RO LO [...], CO RI [...], TI stefano [...], VI ZI [...], AT MA [...], NE GIANCA [...], IC RI [...];
- intimati -
nonché da:
NZ US [...], AT MA
[...], VI ZI [...], OL RI [...], NE GIANCA [...], CO RI [...], TI stefano [...], RO LO [...], IC RI [...], elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CA CONTI ROSSINI 95, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE RUFFINI, che li rappresenta e difende giusta delega in atti;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO C.F. 80230390587, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 2317/2012 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 22/03/2012 R.G.N. 11129/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;
udito l'Avvocato RUFFINI GIUSEPPE;
udito l'Avvocato GIACOBBE DANIELA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per: nullità con rinvio a giudice a quo e in subordine rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
IS RE ed altri litisconsorti, provenienti dalla cessata Cassa per il mezzogiorno, successivamente transitati nel ruolo gestito dal Commissario governativo di cui al D.L. 18 settembre 1984, n. 581, art. 2, conv. dalla L. 17 novembre 1984, n. 775, ed infine al
Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, agivano nei confronti del Ministero datore di lavoro al fine di ottenere in via principale il riconoscimento del diritto a conservare ai sensi del citato D.L. n. 581 del 1984, art. 2 bis, il trattamento economico e di quiescenza in godimento all'atto dell'ultimo transito e l'anzianità di servizio maturata e, in via subordinata, il riconoscimento di ulteriori pretese (corresponsione dell'assegno personale pensionabile per 13 mensilità, corretta determinazione di detto assegno, corretto computo degli scatti di anzianità per alcuni dei litisconsorti).
La Corte d'appello di Roma con la sentenza n. 2317 del 2012, riformando parzialmente la sentenza del locale Tribunale, dichiarava il diritto dei ricorrenti TI, RO, GI, VI, OT, AN, IL, EN, LI a
percepire a titolo di retribuzione individuale di anzianità un importo che tenesse conto di otto scatti biennali di anzianità, e di nove scatti per CO, in luogo dei cinque riconosciuti nell'ultima qualifica rivestita e valutata ai fini dell'inquadramento alla data del 13/10/1993;
confermava per il resto la sentenza di rigetto del Tribunale e compensava le spese del doppio grado di giudizio.
La Corte argomentava che il personale di ruolo della soppressa Cassa per il mezzogiorno, inizialmente transitato nell' apposito ruolo istituito presso la gestione commissariale di cui alla L. n. 775 del 1984, art. 2, all'atto della costituzione dell'Agenzia per la
promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (da qui, Agensud) avvenuta per effetto della L. n. n. 64 del 1986, e della contestuale cessazione dell'attività del Commissario governativo, era passato in carico a detta agenzia ed era stato da questa gestito secondo le disposizioni del Regolamento di organizzazione e di disciplina del personale adottato nel 1987, inserito nel nuovo ruolo unico che aveva sostituito quello istituito quando il Commissario era un organo operativo. Proprio in forza di detta situazione, i ricorrenti avevano esercitato l'opzione di cui al D.Lgs. 3 aprile 1993, n. 96, art. 14 bis, lett. b), introdotto dal D.L. n. 32 del 1995, conv. dalla L. n. 104 del 1995, ottenendo il beneficio del ricongiungimento del periodo
pregresso con quello prestato presso l'amministrazione di assegnazione, con la contropartita del nuovo trattamento economico ad esso conseguente. In sostanza, ad avviso della Corte capitolina, il D.L. n. 581 del 1984, art. 2 bis, invocato dai ricorrenti aveva perso operatività con il venir meno dell'attività del Commissario governativo e, una volta istituita l'Agensud, il trattamento del personale già incardinato presso l'attività del Commissario governativo era stato disciplinato dall'art. 14 bis sopracitato. Nè tale norma era sospettabile di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 Cost., essendo stata l'eccezione già esaminata e respinta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 219 del 1998. Per la cassazione di tale sentenza IS RE, IE MB, AN RL, ER TO, CO ME hanno proposto ricorso, affidato a cinque motivi, cui ha resistito il Ministero dello Sviluppo Economico con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale nei confronti degli altri originari litisconsorti EN, GI, RO, CO, TI, VI, IL, OT e LI, affidato a due motivi. Hanno resistito con controricorso al ricorso incidentale tutti gli originari litisconsorti;
EN, GI, RO, CO, TI, VI, IL, OT e LI hanno proposto altresì a loro volta ricorso incidentale cui ha resistito con controricorso il Ministero. I lavoratori hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Questione preliminare.
Il Pubblico Ministero nella sua requisitoria ha rilevato che la sentenza gravata non reca nell'intestazione il nominativo del Collegio giudicante.
Tale difetto, pure sussistente, non può tuttavia determinare la nullità della sentenza.
Occorre premettere che, secondo la giurisprudenza consolidata, l'intestazione della sentenza non ha una sua autonoma efficacia probatoria, riproducendo i dati del verbale d'udienza il quale - facendo tede fino a querela di falso dei nomi dei componenti del collegio e della riserva espressa a fine udienza di prendere la decisione in camera di consiglio - determina la presunzione che la sentenza sia stata deliberata da parte degli stessi giudici che avevano partecipato all'udienza collegiale;
inoltre, ai sensi dall'art. 276 c.p.c., tra i compiti del Presidente del collegio vi è quello di controllare che i giudici presenti nella camera di consiglio siano quelli risultanti dal verbale dell'udienza di discussione (ex plurimis Cass. Sez. 3, n. 2815 del 10/03/1995, Sez, 3, n. 15879 del 06/07/2010, Sez. 1, n. 22497 del 19/10/2006). Tale conclusione vale tanto più nel rito del lavoro, in cui l'indicazione del collegio giudicante è contenuta anche, in conformità con il detto verbale, nel dispositivo letto in udienza, che determina con effetto esterno il contenuto volitivo della decisione e costituisce uno dei momenti del procedimento a formazione progressiva che si conclude con la pubblicazione della sentenza. Nel caso, quindi, deve ritenersi che l'omissione dell'indicazione nella sentenza del nominativo dei componenti del collegio costituisca un mero errore materiale, considerato che ivi si fa comunque riferimento al dispositivo letto in udienza, coerente con il verbale, così richiamandosi le relative indicazioni ad integrazione del suo contenuto;
in tal senso, si ritiene operante anche nel caso di mancata indicazione del nominativo dei componenti del collegio la soluzione già adottata da Cass. n. 16582 del 2014, n. 20463 del 2014, n. 2691 del 2010, n. 8136 del 2011 per il caso di indicazione, nell'intestazione della sentenza, del nome di un magistrato diverso da quelli facenti parte del collegio quale risultante dal verbale di udienza. Anche nell'interpretazione delle norme processuali, come ribadito anche di recente da Cass. S.U. n. 11021 del 2013, occorre infatti tenere conto dei principi del giusto processo e della sua ragionevole durata, sicché non si può colpire con la sanzione di nullità il vizio che si è verificato, che costituisce un mero frutto di dimenticanza, privo di effetti concreti sul processo.
2. Esame del ricorso principale.
1. I quattro motivi del ricorso hanno ad oggetto il capo di sentenza della Corte d'appello che ha rigettato la domanda con la quale i ricorrenti avevano chiesto l'accertamento del loro diritto a conservare, ai sensi del D.L. 18 settembre 1984, n. 581, art. 2 bis, conv. in L. 17 novembre 1984, n. 775, il complessivo trattamento economico e di quiescenza in godimento all'atto del trasferimento al Ministero dell' industria, del commercio e dell'artigianato, nonché l'anzianità di servizio maturata.
1.1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la nullità della sentenza ex artt. 132 e 156 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost.. Lamentano che la Corte d'appello non abbia offerto alcuna motivazione in diritto delle ragioni in forza delle quali essi sarebbero sottoposti alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 96 del 1993, art. 14 bis, invece che a quella di cui all'art. 2 bis che essi hanno
invocato.
1.2. Come secondo motivo lamentano la violazione del D.L. n. 581 del