Cass. civ., sez. V trib., sentenza 02/03/2023, n. 6275

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Massime1

In tema di accertamento fiscale, l'invio del questionario da parte dell'Amministrazione finanziaria, previsto dall'art. 32, quarto comma, del DPR 29 settembre 1973 n. 600, per fornire dati, notizie e chiarimenti, assolve alla funzione di assicurare un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, in modo da evitare l'instaurazione del contenzioso giudiziario, rimanendo legittimamente sanzionata l'omessa o intempestiva risposta con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa. A tal fine, peraltro, è necessario che l'Amministrazione, con l'invio del questionario, fissi un termine minimo per l'adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall'inottemperanza alle stesse, senza che, in caso di mancato rispetto della suddetta sequenza procedimentale sia invocabile la sanzione dell'inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l'introduzione del processo tributario, trattandosi di obblighi di informativa, espressione del medesimo principio di lealtà, il quale deve connotare l'azione dell'ufficio. Nel caso di specie, al contribuente, che non aveva risposto al questionario inviatogli dall'autorità tributaria, in sede amministrativa e in giudizio è possibile la produzione di nuovi documenti, in quanto con l'invio del questionario l'amministrazione non aveva fissato un termine per l'adempimento né indicato le conseguenze pregiudizievoli in caso di inottemperanza alle richieste.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 02/03/2023, n. 6275
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6275
Data del deposito : 2 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Fatti di causa



1. A.A., odontoiatra, impugnò l'avviso di accertamento che riprendeva a tassazione Irpef e Irap, per il 2006, redditi non dichiarati per Euro 7.322.993,09, ricostruiti sulla base di indagini bancarie.



2. La C.T.P. di Milano accolse il ricorso del contribuente con sentenza (n. 202-2013) che è stata riformata dalla C.T.R. della Lombardia, la quale ha accolto l'appello dell'ufficio così argomentando (cfr. pag. 3 della decisione): (i) il contribuente non ha presentato la dichiarazione adducendo un problema di ricezione telematica della stessa, ma era suo onere attivarsi per la trasmissione telematica della dichiarazione;
(ii) a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, la mancata risposta del contribuente al questionario inviatogli dall'ufficio comporta che non possano essere presi in considerazione successivamente ulteriori documenti dal medesimo depositati sia in sede amministrativa sia in giudizio, posto che il contribuente non ha provato che il mancato adempimento di tale incombente era dovuto a cause a lui non imputabili;
(iii) non sono soddisfatte le condizioni in presenza delle quali il c.d. "scudo fiscale" può precludere l'azione accertatrice del fisco, vale a dire l'esatta corrispondenza tra somme scudate e somme accertate e la produzione della documentazione che provi all'Amministrazione l'adesione allo scudo fiscale.



3. Il contribuente ricorre, con sette motivi, per la cassazione della sentenza di appello;
l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Ragioni della decisione



1. Con il primo motivo di ricorso ("Nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)"), si denuncia la nullità del processo e della sentenza sul presupposto che la C.T.R. abbia errato nel non considerare valida la costituzione in giudizio del contribuente/appellato, seppure tardiva, in quanto presentata all'udienza di trattazione del 16/04/2015 da B.B., consulente del lavoro, quale difensore del contribuente, unitamente alla richiesta di rinvio della trattazione per un impedimento del difensore.



2. Il primo motivo è inammissibile.

Si critica il fatto che, ad avviso della C.T.R., il difensore del contribuente/appellato sarebbe stato privo dello ius postulandi in quanto consulente del lavoro, abilitato all'assistenza tecnica soltanto per materie concernenti le ritenute alla fonte e gli obblighi dei sostituti d'imposta. Ebbene, la sentenza (nella parte relativa allo "svolgimento del processo") afferma che il contribuente non si è costituito. Il che è un fatto processuale pacifico. A margine di tale declaratoria, e precisamente nella nota 1 a piè di pagina, la Commissione regionale (testualmente) spiega che "l'autodefinito difensore tecnico" dell'appellato, in data 16/04/2015 (e cioè la stessa data in cui si è svolta la camera di consiglio), ha presentato una richiesta di rinvio per un "attacco influenzale". A giudizio di questa Corte, ribadito che è certo che il contribuente non si è costituito in giudizio nei modi e nel termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23, 61, appare ineccepibile, sul piano processuale, la decisione della C.T.R. di non dare seguito alla richiesta di rinvio del difensore della parte dato che la controversia è stata trattata in camera di consiglio, la quale si svolge senza la presenza delle parti e dei difensori. Inoltre, questa Corte ha chiarito che " nel processo tributario, la violazione del termine previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23 per la costituzione in giudizio della parte resistente comporta esclusivamente la decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi, sicchè permane il diritto dello stesso resistente di negare i fatti costitutivi dell'avversa pretesa, di contestare l'applicabilità delle norme di diritto invocate e di produrre documenti ai sensi degli artt. 24 e 32 del detto decreto" (Cass. n. 2585/19 che dà continuità a Cass. n. 6734/15). Non è ravvisabile, pertanto, alcuna lesione del diritto di difesa della parte privata visto che il giorno della camera di consiglio il contribuente era decaduto dal potere di depositare: (i) "documenti", i quali possono essere depositati fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 1);
(ii) "memorie illustrative", le quali possono essere depositate fino a dieci giorni liberi prima della data di trattazione (art. 32, comma 2);
(iii) "brevi repliche scritte", le quali, nel solo caso di trattazione della controversia in camera di consiglio (come nella fattispecie in esame), sono consentite fino a cinque giorni liberi prima della data della camera di consiglio (art. 32, comma 3).



3. Con il secondo motivo ("Irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)"), il ricorrente premette che

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