Cass. pen., sez. VI, sentenza 06/04/2022, n. 13151
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da O C, nata a Ostuni il 22/12/1969 avverso la sentenza del 26/03/2021 della Corte d'appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere R A;
lette la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L O, depositata ai sensi dell'art.23, comma 8, di. 28 ottobre 2020, n.137, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte d'appello di Messina ha confermato la sentenza del 16 gennaio 2020, con la quale il Tribunale di Messina ha condannato C O per avere percepito indebitamente l'indennità di disoccupazione ordinaria prevista per i lavoratori subordinati per i periodi dal 28 aprile 2010 al 27 dicembre 2010, dal 22 settembre 2012 al 23 maggio 2013 e dall'8 dicembre 2013 all'8 agosto 2014, nonché l'indennità di disoccupazione ridotta per l'anno 2011, percepita nell'anno 2012, per la somma complessiva di euro 20.096,96, dichiarando all'INPS di essere assunta quale lavoratrice subordinata della società Alivuca S.r.l. nei periodi dal 3 marzo 2009 al 20 aprile 2010, dal 2 maggio 2010 al 3 settembre 2012 e dal 15 giugno 2013 al 30 novembre 2013. In particolare, il Giudice di secondo grado, in linea con quanto accertato nel giudizio di primo grado, ha rilevato che le indebite riscossioni, sono state conseguite sulla base della falsa dichiarazione all'INPS della sussistenza di un pregresso rapporto di lavoro subordinato, che costituiva condizione necessaria per conseguire le prestazioni assistenziali, risultato in realtà insussistente, atteso che l'imputata pur essendo stata formalmente assunta quale dipendente, in realtà collaborava senza vincolo di subordinazione con il proprio coniuge nella gestione di una attività di ristorazione. La natura giuridica del rapporto di lavoro è stata accertata sulla base delle testimonianze assunte che hanno escluso che l'imputata avesse un vincolo di orario, né è stato possibile verificare quale fosse la sua precisa retribuzione 2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, O C chiede l'annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo denuncia vizio della motivazione in merito all'accertamento dell'insussistenza di un regolare rapporto di lavoro subordinato desunto solo dal legame coniugale con l'amministratore della società Alvica S.r.l. Si obietta per contro che l'imputata ha lavorato come dipendente con versamento di tutti i contributi dovuti sulla retribuzione percepita ed è risultata regolarmente assunta.
2.2. Con il secondo motivo denuncia vizio della motivazione in merito all'accertamento della falsità dell'attestazione del rapporto di lavoro, anche sotto il profilo della volontà e consapevolezza del carattere indebito dell'erogazione. Al riguardo si osserva che
udita la relazione svolta dal Consigliere R A;
lette la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L O, depositata ai sensi dell'art.23, comma 8, di. 28 ottobre 2020, n.137, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte d'appello di Messina ha confermato la sentenza del 16 gennaio 2020, con la quale il Tribunale di Messina ha condannato C O per avere percepito indebitamente l'indennità di disoccupazione ordinaria prevista per i lavoratori subordinati per i periodi dal 28 aprile 2010 al 27 dicembre 2010, dal 22 settembre 2012 al 23 maggio 2013 e dall'8 dicembre 2013 all'8 agosto 2014, nonché l'indennità di disoccupazione ridotta per l'anno 2011, percepita nell'anno 2012, per la somma complessiva di euro 20.096,96, dichiarando all'INPS di essere assunta quale lavoratrice subordinata della società Alivuca S.r.l. nei periodi dal 3 marzo 2009 al 20 aprile 2010, dal 2 maggio 2010 al 3 settembre 2012 e dal 15 giugno 2013 al 30 novembre 2013. In particolare, il Giudice di secondo grado, in linea con quanto accertato nel giudizio di primo grado, ha rilevato che le indebite riscossioni, sono state conseguite sulla base della falsa dichiarazione all'INPS della sussistenza di un pregresso rapporto di lavoro subordinato, che costituiva condizione necessaria per conseguire le prestazioni assistenziali, risultato in realtà insussistente, atteso che l'imputata pur essendo stata formalmente assunta quale dipendente, in realtà collaborava senza vincolo di subordinazione con il proprio coniuge nella gestione di una attività di ristorazione. La natura giuridica del rapporto di lavoro è stata accertata sulla base delle testimonianze assunte che hanno escluso che l'imputata avesse un vincolo di orario, né è stato possibile verificare quale fosse la sua precisa retribuzione 2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, O C chiede l'annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo denuncia vizio della motivazione in merito all'accertamento dell'insussistenza di un regolare rapporto di lavoro subordinato desunto solo dal legame coniugale con l'amministratore della società Alvica S.r.l. Si obietta per contro che l'imputata ha lavorato come dipendente con versamento di tutti i contributi dovuti sulla retribuzione percepita ed è risultata regolarmente assunta.
2.2. Con il secondo motivo denuncia vizio della motivazione in merito all'accertamento della falsità dell'attestazione del rapporto di lavoro, anche sotto il profilo della volontà e consapevolezza del carattere indebito dell'erogazione. Al riguardo si osserva che
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