Cass. pen., sez. V, sentenza 19/05/2023, n. 21625
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: B R nato a CASTEL SAN PIETRO TERME il 23/04/1987 avverso la sentenza del 22/09/2021 della CORTE APPELLO di MESSINAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere A G;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLA M B che ha concluso chiedendo udito il difensore IN FATTO E IN DIRITTO 1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Messina confermava la sentenza con cui il tribunale di Patti, in data 4.6.2020, aveva condannato B R, alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione al fatto di bancarotta fraudolenta documentale in rubrica ascrittogli, in qualità di rappresentante legale della società "MA.PA. GI-RI. s.r.l.", dichiarata fallita dal tribunale di Patti con sentenza del 20.1.2011. 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, lamentando 1) violazione di legge, travisamento della prova, motivazione carente, illogica e contraddittoria, con riferimento agli artt. 223, co. 1, I.fall., 192 e 530, co. 2, c.p.p.;2) violazione di legge in relazione all'art. 217, co. 2, I.fall., motivazione apodittica e illogica;3) violazione di legge in relazione all'art. 62 bis, c.p., motivazione carente e illogica. 3. Con requisitoria scritta dell'8.1.2023, depositata sulla base della previsione dell'art. 23, co. 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalità di celebrazione è stata specificamente richiesta da una delle parti, i cui effetti sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2022, per effetto dell'art. 16, comma 1, del d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 del 25 febbraio 2022, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Con memoria del 27.1.2023 il difensore di fiducia dell'imputato insiste per l'accoglimento dei motivi di ricorso, reiterando le proprie doglianze. 4. Diversi sono i profili che militano a sostegno dell'inammissibilità del ricorso presentato nell'interesse del Ballacci. 5. Con particolare riferimento al primo motivo di impugnazione, il ricorrente non tiene nel dovuto conto, innanzitutto, che, secondo l'orientamento dominante nella giurisprudenza della Suprema Corte, ormai costituente diritto vivente, anche a seguito della modifica apportata all'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. In questa sede di legittimità, dunque, è precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio (e, in particolar modo delle dichiarazioni del curatore fallimentare Storniolo Giuseppe, di Nanì Gaetano, consulente della società, di Blanco Giuseppe, luogotenente della Guardia di Finanza) posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289;Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217;Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099;Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758). Sotto altro profilo, il motivo di cui si discute va dichiarato inammissibile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 581, co. 1, lett. c), e 591, co. 1, lett. c), c.p.p., in quanto fondato su motivi, che, riproponendo acriticamente le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame (con la cui motivazione sul punto il ricorrente non si confronta), devono considerarsi non specifici, ed anzi, meramente apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell'art. 591, co. 1, lett. c), c.p.p., all'inammissibilità (cfr. Cass., sez. IV, 18.9.1997 - 13.1.1998, n. 256, rv. 210157;Cass., Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, rv. 236945;Cass., Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, rv. 255568;Cass., Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, rv. 277710;Sez. 6, n. 11008 del 11/02/2020, Rv. 278716). Al riguardo si osserva che la corte territoriale ha correttamente evidenziato come, in disparte i bilanci sociali e i libri sociali, la cui omessa tenuta non integra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, nel caso in esame la documentazione mancante, rispetto a quanto contestato, riguardava solo "il libro giornale del 2010, mai prodotto dall'odierno imputato, scrittura contabile obbligatoria ai fini dell'attività d'impresa ex art. 2214, c.c. e rientrante nella nozione di "libri e altre scritture contabili" ex art. 216 L.F.", circostanza che, come sottolineato dal curatore fallimentare Storniolo, non aveva reso possibile la ricostruzione del patrimonio della società. A tale conclusione il giudice di secondo grado giungeva, prendendo in esame le dichiarazioni di segno contrario rese dal consulente della società, il dott. Nanì, il quale aveva affermato che sulla base dei documenti in suo possesso egli era in grado di ricostruire la contabilità, dichiarazioni che la corte territoriale riteneva non attendili, sulla base di un ragionamento certo non manifestamente illogico, evidenziando la genericità di quanto riferito dal consulente, che non è stato in grado di spiegare come avrebbe potuto ricostruire il patrimonio sociale in assenza dello specifico contenuto del libro giornale relativo all'anno 2010, e nessun contributo ha fornito in merito alla sorte di tale documento. La decisione del giudice di merito, appare, pertanto, del tutto conforme a quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di reati fallimentari, viola il principio di continuità delle scritture di cui all'art. 2216 cod. civ. - per il quale le operazioni devono essere annotate giorno per giorno - la tenuta della contabilità del libro giornale mese per mese, partendo da zero all'inizio di ogni mese come se si tratti di un periodo autonomo rispetto ai precedenti e successivi, violazione che, impedendo la ricostruzione del patrimonio della società, comporta l'integrazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale (cfr. Sez. 5, n. 49593 del 14/10/2014, Rv. 261344). Del tutto immune dai denunciati vizi, ancora una volta acriticamente riproposti e manifestamente infondati, appare la motivazione della sentenza impugnata anche con riferimento all'elemento soggettivo del reato, che, come è noto, richiede il dolo generico. Come affermato, infatti, in una serie di condivisibili arresti della giurisprudenza di legittimità, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Cass., Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Rv. 269904;Cass., Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, Rv. 276650;Cass., Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838). Si parlerà, dunque, nel primo caso, di bancarotta fraudolenta documentale specifica, sorretta dal dolo specifico;nel secondo, di bancarotta fraudolenta documentale generica, sorretta dal dolo generico. Al riguardo deve osservarsi che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e dei dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l'integrazione dell'elemento oggettivo del reato. Dovendo, piuttosto, consistere in circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica;della consapevolezza che l'irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica. Appare, pertanto, evidente che tra le suddette circostanze assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell'impresa. Nel caso in esame la corte territoriale, conformemente ai principi enunciati, ha ritenuto che la condotta del B integrasse la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale generica, oggetto di contestazione, in quanto, accanto alla omessa tenuta del libro giornale per l'anno 2010, si collocano ulteriori irregolarità (l'incompleta redazione dei bilanci sociali degli anni 2008-2009 e 2010;la contabilità tenuta in modo frammentario, come evidenziato dal curatore fallimentare), circostanze tutte, che, valutate complessivamente, denotano, come affermato dal giudice di appello con argomentare non manifestamente illogico o contraddittorio, come l'imputato "non solo non fosse interessato a curare con la dovuta chiarezza e veridicità i propri affari, ma che intendesse ostacolare l'attività di ricostruzione del proprio patrimonio, finendo con il renderla materialmente impossibile".
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