Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/11/2017, n. 27199

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Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/11/2017, n. 27199
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 27199
Data del deposito : 16 novembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

27 1991 17 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: APPELLO. SPECIFICITÀ DEI MOTIVI. ARTT. RENATO RORDORF - Primo Presidente f.f. - 342 E 434 C.P.C. QUESTIONE DI SI DI SE DI AT - Presidente Sezione - PARTICOLARE IMPORTANZA. Ud. 10/10/2017 - GIOVANNI AMOROSO - Presidente Sezione - PU R.G.N. 18868/2015 ANTONIO MANNA - Consigliere - hon27199 Rep. PASQUALE D'ASCOLA - Consigliere - с CARLO DE CHIARA - Consigliere - Би FRANCO DE STEFANO - Consigliere - C. I -· Rel. Consigliere - FR MARIA CIRILLO -Consigliere - MILENA FALASCHI ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 18868-2015 proposto da: UNICREDIT LEASING S.P.A., società con socio unico, in persona del legale procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO 6, presso lo studio dell'avvocato GIANCARLO CATAVELLO, che la rappresenta e difende;
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- ricorrente -

contro

CC FR, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 10, presso lo studio dell'avvocato ROSA PATRIZIA SANTORO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONELLA RAVINALE, CARLO VAIRA e RAOUL RUDEL;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 953/2015 della CORTE D'APPELLO di TORINO, emessa il 20/05/2015. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2017 dal Consigliere Dott. FR MARIA CIRILLO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per la procedibilità del ricorso e rimessione alla Sezione semplice;
uditi gli avvocati Alvise Vergerio per delega dell'avvocato Giancarlo с пи Catavello, Rosa Patrizia Santoro e Raoul Rudel.

FATTI DI CAUSA

1. La s.p.a. ED NG stipulò con FR CO un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto un'unità da diporto. Insorte contestazioni in ordine all'esecuzione del contratto, la s.p.a. ED NG comunicò al CO di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa prevista nel contratto e chiese al medesimo il pagamento dei canoni scaduti e di quelli non ancora scaduti. Non avendo il CO dato seguito alla richiesta, la s.p.a. ED NG ottenne dal Tribunale di Torino un decreto ingiuntivo, nei confronti dello stesso, per la somma di euro 482.817,23. Ric. 2015 n. 18868 sez. SU - ud. 10-10-2017 -2- Avverso il decreto propose opposizione il CO e nel giudizio si costituì la s.p.a. ED NG, chiedendo il rigetto della medesima. Definendo il giudizio, il Tribunale di Torino ritenne vessatorie le clausole n. 5 V) e n. 14 V) del contratto: la prima, volta a limitare la tutela risarcitoria del soggetto utilizzatore del bene in leasing anche in ipotesi di risoluzione del contratto di vendita per inadempimento del concedente;
la seconda, contenente un'ipotesi di inversione del rischio, ossia tale da trasferire in capo all'utilizzatore il rischio del mancato godimento del bene. Il Tribunale, quindi, accolse l'opposizione, revocò il decreto ingiuntivo e condannò la società opposta al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dalla s.p.a. ED NG e la Corte d'appello di Torino, con sentenza del 20 maggio 2015, ha dichiarato inammissibile il gravame per violazione dell'art. 342 cod. Fuic proc. civ. ed ha condannato l'appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado. Ha osservato la Corte territoriale che l'atto di appello non conteneva «una sia pur sintetica disamina e confutazione delle molteplici argomentazioni poste a base della sentenza impugnata>. In particolare, l'appello era da considerare carente in ordine ai seguenti punti: l'applicabilità, al contratto in esame, del Codice del consumo;
la ricostruzione del contenuto delle clausole ritenute nulle dal Tribunale, nonché del significato e della ratio delle clausole n. 3 e n. 5, specialmente in ordine alla possibilità di rinvenire nelle medesime una clausola sospensiva di efficacia contrattuale e conseguente risoluzione in caso di rifiuto giustificato della consegna del bene per totale inadempimento o inesatto adempimento>>;
l'individuazione della domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto;
la valutazione del pagamento effettuato dalla medesima Ric. 2015 n. 18868 sez. SU - ud. 10-10-2017 -3- appellante nel diverso giudizio, in corso davanti al Tribunale di LÌ, tra la s.p.a. ED NG e la società costruttrice dell'imbarcazione da diporto;
l'applicazione dell'art. 1460 cod. civ., in ordine alla valutazione di adeguatezza del comportamento del CO là dove si era rifiutato di ricevere l'imbarcazione in quanto difforme da quella concordata e viziata;
la valutazione espressa dal c.t.u. nel giudizio di accertamento tecnico preventivo (promosso dal CO) circa le difformità riscontrate, per cui la Corte ha ritenuto «del tutto apodittica» l'affermazione dell'appellante secondo cui era da ritenere esclusa l'ipotesi dell'aliud pro alio.

3. Contro la sentenza della Corte d'appello ha proposto ricorso la s.p.a. ED NG con atto affidato ad un solo articolato motivo. Ha resistito FR CO con controricorso. Fissata la discussione del ricorso, la Terza Sezione Civile di questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 5 aprile 2017, n. 8845, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per la Кис trattazione di due questioni di massima di particolare importanza: l'una, relativa alla rilevanza, ai fini dell'improcedibilità del ricorso, della presenza della copia notificata della sentenza impugnata, prodotta da parte diversa dal ricorrente;
l'altra, relativa all'esatta interpretazione dell'art. 342 cod. proc. civ. nel testo introdotto dall'art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134. In vista dell'udienza davanti a queste Sezioni Unite le parti hanno depositato memorie. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. La questione rimessa dall'ordinanza interlocutoria. La Terza Sezione Civile dopo aver premesso che solo la decisione in senso favorevole alla società ricorrente della prima delle due questioni suindicate avrebbe dato ingresso allo scrutinio della seconda ha chiesto alle Sezioni Unite di stabilire se «sia richiesto - Ric. 2015 n. 18868 sez. SU ud. 10-10-2017 -4- I all'appellante di formulare l'appello con una determinata forma o di ricalcare la gravata decisione ma con un diverso contenuto, ovvero se sia sufficiente, ma almeno necessaria, un'analitica individuazione, in modo chiaro ed esauriente, del quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi in punto di fatto o di diritto che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice».

2. La procedibilità del ricorso. Occorre innanzitutto dare atto che la prima questione prospettata nell'ordinanza interlocutoria è stata nel frattempo già decisa da queste Sezioni Unite con la sentenza 2 maggio 2017, n. 10648, in risposta a precedente ordinanza di rimessione della Prima Sezione Civile. In quella pronuncia è stato affermato il principio secondo cui nel giudizio di cassazione deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità di cui all'art. 369, Кис secondo comma, n. 2), cod. proc. civ., al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest'ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l'istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio. Poiché nel caso in esame la stessa ordinanza interlocutoria ha dato atto che la copia notificata della sentenza impugnata si trovava negli atti prodotti dal controricorrente, ne deriva che il principio enunciato nel richiamato precedente risolve ogni dubbio sul punto;
per cui, pacifica dovendosi ritenere la procedibilità del ricorso, bisogna esaminare la seconda questione posta, riguardante l'interpretazione delle norme in tema di contenuto dell'atto di appello.

3. L'interpretazione delle norme sul contenuto dell'atto di appello fino alla riforma del 2012. Ric. 2015 n. 18868 sez. SU - ud. 10-10-2017 -5- 3.1. Ai fini della soluzione dell'indicata questione, è opportuno ricapitolare brevemente i principali approdi della giurisprudenza di questa Corte nella materia in esame. Nel sistema delle impugnazioni, il giudizio di appello viene tradizionalmente individuato come un rimedio che consente, nei limiti dei motivi proposti, il riesame della vicenda processuale definita con la sentenza di primo grado, oggetto diretto della impugnazione. Si sottolinea, in dottrina, come l'appello sia un mezzo di gravame attraverso il quale si realizza il principio, sebbene privo di copertura costituzionale, del doppio grado di giurisdizione, caratterizzato dall'effetto devolutivo, non automatico e limitato dai motivi di gravame (tantum devolutum quantum appellatum) e da quello sostitutivo, nel senso che, di norma, la sentenza emessa dal giudice di appello si sostituisce a quella impugnata, sia essa confermata o riformata. A differenza di altri mezzi di impugnazione, nei quali c'è una predeterminazione del tipo di vizi che possono essere fatti valere, кис con conseguente distinzione tra giudizio rescindente e giudizio rescissorio, l'appello è un mezzo ordinario di impugnazione avverso la sentenza di primo grado, diretto, nella sua funzione essenziale, a provocare un riesame della causa nel merito, non limitato necessariamente al controllo di vizi specifici. Tale funzione tipica, già delineata nel vigente codice di rito fin dal suo testo originario, è stata rafforzata ed ulteriormente ribadita dalla riforma di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353. Dopo tale intervento, si è accentuato il carattere di revisio prioris instantiae del giudizio di appello piuttosto che quello di novum iudicium;
si tratta, cioè, di un'impugnativa avverso la sentenza piuttosto che di un rimedio

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