Cass. civ., sez. II, sentenza 31/01/2018, n. 02422

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 31/01/2018, n. 02422
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 02422
Data del deposito : 31 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

iato la seguente SENTENZA sul ricorso 18626-2013 proposto da: PREZIOSI FOOD SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MARCELLO PRESTINARI

15, presso lo studio dell'avvocato M B, rappresentato e difeso dall'avvocato P L L;

- ricorrente -

2017 contro 2901 A SRL, domiciliato in ROMA ex lege, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato E M C;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 643/2013 della CORTE D'APPELLO di M, depositata il 08/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/11/2017 dal Consigliere R G;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C M che ha concluso per la parziale inammissibilità e comunque per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato B M, con delega depositata in udienza dell'Avvocato L P L, difensore del ricorrente che ha depositato nota spese ed ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato C E M, difensore del resistente che si è riportato agli atti depositati

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Milano con decreto del 7.11.2006 ingiungeva a Dolci Preziosi s.r.l. ( poi denominata Preziosi Food s.r.1) il pagamento della somma di C 207.332, 18 oltre interessi e spese quale corrispettivo per i servizi di logistica. Proponeva opposizione la Dolci Preziosi, deducendo un controcredito nei confronti della Alvi per incassi dalla medesima effettuati non versati e chiedeva il risarcimento dei danni da inesatto adempimento della Alvi medesima. il Tribunale, con sentenza N. 2178/2010 del 22.2.2010 revocava il decreto ingiuntivo e riduceva l'importo dovuto ad C 196.749,88, riconoscendo fondato solo in parte il controcredito della Preziosi Food relativo alla richiesta di rimborso per contrassegni;
rigettava le altre domande proposte dall'opponente. Avverso detta sentenza proponeva appello la Dolci Preziosi, resistito dalla Alvi s.r.l. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza pubblicata in data 8.2.2003 accoglieva parzialmente l'appello e rideterminava il debito in C 189.116,64, regolando le spese di lite secondo il principio della soccombenza. Riteneva la \._1 corte territoriale che Alvi s.r.l. avesse provato l'esatto ammontare dei contrassegni intestati alla Preziosi Food attraverso la produzione di documentazione attestante l'elenco delle forniture;
rideterminava, pertanto, il credito nella misura di C 7.633,04. Rigettava, invece, l'appello nella parte in cui la Preziosi Food chiedeva il risarcimento danni derivanti dalla errata indicazione della data di scadenza di alcune unità di prodotto. In particolare, la Corte d'Appello prendeva atto che Alvi s.r.l. indicava le scadenze dei prodotti utilizzando non la formula "da consumarsi preferibilmente entro la fine di" ma attraverso l'indicazione di giorno, mese ed anno del mese successivo ma non riteneva provata la prassi contrattuale, in virtù della quale l'indicazione del primo giorno del mese era da intendersi come l'ultimo giorno del mese. Avverso detta sentenza proponeva ricorso in Cassazione la Preziosi Food s.r.l. articolato in sei motivi;
resisteva con controricorso l'Alvi s.r.1;
solo la Preziosi Food s.r.l. depositava memorie illustrative.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la Preziosi Food s.r.l. censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, consistente nella errata indicazione da parte della Alvi s.r.l. della data di scadenza dei prodotti giacenti nel magazzino della Preziosi Food. Il ricorrente contesta che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto che la dizione "da consumarsi preferibilmente entro la fine del ", con l'indicazione del mese e dell'anno, equivalga all'annotazione del primo giorno del mese successivo. Lamenta la Preziosi Food che l'errore commesso dalla Alvi s.r.l. avrebbe inciso negativamente su due contratti conclusi con la Piemme s.r.l. per la vendita di ovetti di cioccolato: nel primo contratto la società era stata costretta a sostituire parte della merce già consegnata con merce avente scadenza più lunga mentre il secondo contratto era stato risolto con conseguente vendita sottocosto dei prodotti alimentari. Il motivo è infondato perché non attiene all'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ma al percorso argomentativo seguito dal primo giudice. La Dolci Preziosi s.r.l. si duole, invero, dell'interpretazione della correttezza dell'indicazione della data di scadenza dei prodotti giacenti in magazzino effettuata dalla Alvi s.r.I., sostenendo che comunicare che i prodotti scadevano alla fine di un mese non equivale a dire che essi scadevano il giorno successivo. La Corte territoriale non ha ritenuto decisivo, ai fini dell'azione risarcitoria, la modalità di indicazione della data di scadenza dei prodotti, ma ha ritenuto non provata l'esistenza di una prassi contrattuale in virtù della quale l'indicazione della scadenza il primo giorno del mese dovesse intendersi come l'ultimo giorno dello stesso mese. Del resto, solo l'indicazione di una scadenza più lunga di un mese, poteva avere rilevanza decisiva sulla sorte dei due contratti di fornitura di prodotti deperibili conclusi dalla Alvi e non anche la differenza di un solo giorno nell'annotazione della data di scadenza. Ne consegue che la sentenza impugnata ha esaminato il fatto storico e le prospettazioni delle parti con motivazione adeguata, che consente di valutare il percorso argomentativo seguito dal giudice per giungere alla decisione. (Cass.N. 20112 del 2009). Il motivo di ricorso non è, inoltre, congruo rispetto alla decisione perché si limita a censurare le modalità di annotazione delle date di scadenza, mentre il punto centrale della decisione è inerente alla mancata prova dell'esistenza di una convenzione o prassi contrattuale, secondo cui all'indicazione "da consumarsi preferibilmente entro la fine del mese di...." seguiva l'indicazione del primo giorno dello stesso mese. Con il secondo motivo di ricorso la Preziosi Food s.r.l. deduce la violazione di legge in relazione agli artt.10 e 10 bis D. Lgs 109/92 per non avere l'Alvi rispettato la normativa concernente l'attività di etichettatura dei prodotti. La norma prevede che la data di scadenza debba essere preceduta dalla dicitura "da consumarsi entro" seguita dalla data contenente l'indicazione del giorno e vieta la vendita dei prodotti a partire dal giorno successivo a quello indicato sulla confezione. Anche questo motivo va rigettato, trattandosi di norma rivolta ai produttori, confezionatori e venditori di prodotti alimentari ed avente ad oggetto la tutela del consumatore, qualifica non rivestita dalla Alvi s.r.l. che non si occupava dell'etichettatura dei prodotti ma soltanto dell'indicazione delle disponibilità delle merci in magazzino con l'indicazione della data di scadenza. Inoltre, va ribadito come la differente data di annotazione della scadenza non ha rilevanza decisiva ai fini dell'adempimento Vanno assorbiti dalla presente decisione il terzo ed il quarto motivo, con i quali il ricorrente censura rispettivamente la violazione di legge in relazione all'art.1218 c.c. (per avere la corte escluso la sussistenza dell'inadempimento contrattuale nonostante l'erronea indicazione della data di scadenza) e l'omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti (per avere omesso la Corte di accertare se l'erronea indicazione fosse configurabile come inadempimento degli obblighi contrattuali con conseguente affermazione della responsabilità ex art.1218 c.c.) Con il quinto motivo di ricorso la Preziosi Food s.r.l. deduce l'omesso esame da circa un fatto decisivo per giudizio, censurando la motivazione della corte territoriale sia in ordine alla valutazione delle prove documentali, sia in ordine alla mancata ammissione della prova orale volta alla conferma dei documenti prodotti. Il motivo è infondato. La valutazione delle prove riguarda apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando gli elementi che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, essendo limitato il controllo del giudice della legittimità alla sola congruenza della decisione dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova (Cfr. Cass., Sez. 1, sentenza n. 11511 del 23 maggio 2014, Rv. 631448;
Cass., Sez. L, sentenza n. 42 del 7 gennaio 2009, Rv. 606413;
Cass., Sez. L., sentenza n. 2404 del 3 marzo 2000, Rv. 534557). Quanto alla mancata ammissione delle prove testimoniali, la censura è inammissibile in quanto il ricorrente non richiama il contenuto delle prove, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Con l'ultimo motivo di ricorso si censura la nullità della sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, derivante dall'assenza dei requisiti previsti dall'art.132 comma 4 0 c.p.c. Il motivo, ancorchè inammissibile perché genericamente formulato, è palesemente infondato, poiché la sentenza impugnata consente di seguire l'iter logico ed argomentativo seguito dal giudice d'appello, attraverso specifici riferimenti alla documentazione esaminata, con pronuncia puntuale sui motivi di impugnazione. Va altresì ritenuta non rilevante e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.360 c.p.c. in relazione all'art.111 c.p.c. nella parte in cui prevede che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Sotto il profilo della rilevanza, va rilevato che la motivazione della Corte d'Appello non è affatto apparente ma consente di individuare le argomentazioni e la ratio decidendi. Sotto il profilo della manifesta infondatezza, giova evidenziare come l'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. , (come introdotta dal d.l. n. 83/12 convertito con modificazioni nella I. n. 134/12) non ha escluso il vizio di motivazione ma ha limitato le ipotesi di ricorso in Cassazione nei ben più ristretti limiti dell'«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti». La volontà del legislatore è stata quella di ridurre al minimo costituzionale il sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, senza escludere che il vizio di motivazione possa convertirsi in violazione di legge nei soli casi di omissione di motivazione, motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile. Tale "mancanza" si configura quando la motivazione "manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l'enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione - ovvero.., essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum" (Cass. N. 20112 del 2009). Pertanto, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull'esistenza (sotto il profilo dell'assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell'illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata Il ricorso va pertanto rigettato Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo Ai sensi dell'art.13 comma 1 quater del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13
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