Cass. civ., sez. II, ordinanza 09/03/2023, n. 06998

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, ordinanza 09/03/2023, n. 06998
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 06998
Data del deposito : 9 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 12813/2021 R.G. proposto da PONCIA GIOVANNI (C.F.: PNCGNN48M27G135G), MARCASSOLI GIORGIO (C.F.: MRCGn41C30G135X), CROCOLI CLAUDIO (C.F.: CRCCLD45P17G135P), SUADONI SERGIO (SDNSRG49M06G135K), REMOLI ANTONIO (C.F.: RMLNTN43M16D653K), BEFANI GIANNI (BFNGNN49T14L397U), CECCARELLI DINO (C.F.: CCCDNI47R21L882I), CAFFARELLI GIAVRANCO (C.F.: CFFGFR58D28A472Z), DI ERASMO OSILIO (C.F.: DRSSL049522F844Q), RICCI ROBERTO (C.F.: RCCRRT48D10G135D), PEDICA RANIERO (C.F.: PDCRNR59B06D452U), SCARDAONI ALBERTO (C.F.: SCRLRT63L06E160E), FIASCHI TIZIANO (C.F.: FSCTZN59M16A701I), ROSSI SERGIO (C.F.: RSSSRG47109B688Y), BENIGNI ANTONIO (C.F.: BNGNTN53H30E045X), BONIFAZI LAMBERTO (C.F.: BNFLBR58L03G135E), SPAZIANI FRANCESCO (C.F.: -1- 2) 2, '2-- SPZFNC46B25I992U), MARIGNOLI OLINTO SANTE (C.F.: MRGLTS37A10D870K), PROIETTI CORRADO (C.F.: PRTCRD57P20G135R), RUCO SABATINO RCUSTN49D22E729R), PALLOZZI ANTONELLO (C.F.: PLLNNL61S20C765B), tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti Angelo Giuliani e Ferdinando Emilio Abbate, con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, via Ugo de Carolis 101, per delega separata apposta in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentata e dipesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso la medesima Avvocatura Generale dello Stato;
-resistente - avverso il decreto il decreto n. 642/2020 della Corte di appello di Perugia depositato il 19 novembre 2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 settembre 2022 dal Consigliere Milena Falaschi. Osserva in fatto e in diritto Ritenuto che: - la Corte di appello di Perugia, con decreto n. 478 del 2018, accogliendo parzialmente i ricorsi proposti dagli istanti (come in epigrafe individuati), ex art. 3 della L. 89/200, ha condannato il Ministro della giustizia al pagamento in favore di ciascuna parte ricorrente della somma di euro 4.875,00, oltre gli interessi legali;
condannava altresì il predetto Ministero al rimborso in favore dei ricorrenti delle spese processuali che si liquidavano in euro 485,00, oltre rimborso forfettario 15% I.V.A. e C.A., nonché a euro 208,00, per spese riferite ai bolli, con distrazione ex art. 93 c.p.c.;
- avverso il decreto della Corte di appello di Perugia gli istanti, come in epigrafe individuati, hanno proposto ricorso per cassazione, fondato su due - 2 - motivi di impugnazione, con il quale denunciavano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2, Legge n. 89/01 e, con il secondo, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c., dell'art. 2233, c. 2, c.c., e del d.m. n. 55/2014;
- con ordinanza n. 28735/2019, la Corte di cassazione rigettava il primo motivo di ricorso, accoglieva il secondo, e, cassato il Decreto impugnato, rinviava alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità;
- gli istanti riassumevano quindi la causa ex art. 392 c.p.c., con ricorso (depositato il 3 febbraio 2020) dinanzi alla Corte di appello perugina la quale - costituitosi il Ministero della giustizia - con il decreto in questa sede impugnato (n. 642/2020) rideterminava le spese di lite, condannando l'Amministrazione soccombente al pagamento "della somma di euro 8,00 per spese, euro 900,00, per competenze professionali, oltre rimborso forfettario, Iva e C.A., da distrarsi in favore dei difensori suindicati, dichiaratasi antistatari;
condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese di legali per il presente giudizio in riassunzione che liquida in euro 27,00, per spese e in euro 915,00, per competenze professionali, oltre rimborso forfetario, Iva e C.A., da distrarsi in favore dei difensori suindicati, dichiaratasi antistatari";
- avverso il citato decreto propongono ricorso per cassazione, fondato su due motivi, gli stessi instanti. I ricorrenti, con il primo motivo, deducono l'illegittimità e l'ingiustizia del decreto a quo, nella parte in cui, pur a fronte di compensi minimi determinati - per i due gradi di merito in cui si è articolato il giudizio (originario e riassunzione) - in complessivi euro 2.397,00, opera tuttavia un'ulteriore riduzione del risultato così ottenuto, pari a circa il 25% in meno, rispetto alla somma minima dovuta (vale a dire da euro 2.397,00, ad euro 1.830,00). Con il secondo motivo, inoltre, denunciano la motivazione apparente del decreto impugnato riguardo il mancato esercizio da parte della Corte distrettuale della facoltà prevista dall'art. 4, punto 2, d.m. n. 55/2014, - 3 - limitandosi soltanto a richiamare i relativi parametri normativi, senza rapportarli in concreto alle esigenze della singola fattispecie;
- il Ministero della giustizia ha depositato "atto di costituzione" al solo fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione della causa ai sensi dell'art. 370, comma 1, c.p.c. Atteso che: il primo motivo è parzialmente fondato nei termini di seguito illustrati. Va in premessa osservato che il procedimento per l'equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo, di cui alla legge n. 89 del 2001, ha natura contenziosa, con la conseguenza che, per la liquidazione dei compensi professionali spettanti all'avvocato per l'attività prestata, trova applicazione la tabella 12 allegata al D.M. 55/2014, che comprende anche la fase istruttoria (Cass. n. 16770 del 2019;
Cass. n. 38477 del 2021). Quest'ultima include, con elencazione non tassativa, le attività indicate dall'art. 4, lettera c), e quindi l'esame degli atti di parte svolti nel corso e in funzione dell'istruttoria, delle acquisizioni documentali (Cass. n. 38477 del 2021), dei provvedimenti del giudice da cui possa desumersi la non necessità di procedere all'istruzione stessa (tra i quali, in un giudizio di opposizione a provvedimento monitorio v. Cass. n. 20993 del 2020). Ne consegue che nella specie la fase istruttoria non poteva considerarsi "inesistente": lo stesso riconoscimento e la quantificazione dell'indennizzo richiedeva l'esame degli atti del giudizio presupposto in funzione probatoria. Segnatamente, ai sensi della richiamata lettera c), rientrano nella fase istruttoria: le richieste di prova, le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande o dei motivi d'impugnazione, eccezioni e conclusioni, l'esame degli scritti o documenti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell'istruzione, gli adempimenti o le prestazioni connesse ai suddetti provvedimenti giudiziali, le partecipazioni e assistenze relative ad attività istruttorie, gli atti necessari per la formazione della prova o del mezzo istruttorio anche - 4 - quando disposto d'ufficio, la designazione di consulenti di parte, l'esame delle corrispondenti attività e designazioni delle altre parti, l'esame delle deduzioni dei consulenti d'ufficio o delle altre parti, la notificazione delle domande nuove o di altri atti nel corso del giudizio compresi quelli al contumace, le relative richieste di copie al cancelliere, le istanze al giudice in qualsiasi forma, le dichiarazioni rese nei casi previsti dalla legge, le deduzioni a verbale, le intimazioni dei testimoni, comprese le notificazioni e l'esame delle relative relate, i procedimenti comunque incidentali comprese le querele di falso e quelli inerenti alla verificazione delle scritture private. Senonché sia nell'originario giudizio di merito sia nel giudizio di rinvio vi è stata inevitabilmente la disamina da parte dei ricorrenti quantomeno degli scritti difensivi della controparte e dei provvedimenti giudiziali adottati, benché essi non prefigurassero la necessità di procedere all'istruzione. Ne consegue che le deduzioni dei ricorrenti colgono nel segno, atteso che il Ministero della Giustizia si è costituito nel giudizio di merito e nel giudizio di rinvio e che, ai sensi dell'art. 4, quinto comma, lettera c), del d.m. n. 55/2014, nella fase istruttoria rientra anche l'esame degli scritti o documenti delle altre parti (Cass. n. 2308 del 2015). Con riferimento ai valori espressi nelle tabelle allegate al D.M. 55/2014 non è, di converso, predicabile un principio di assoluta inderogabilità dei minimi, da cui il giudice può discostarsi dando conto in motivazione delle ragioni che giustificano un compenso inferiore (Cass. n. 89 del 2021;
Cass. n. 2386 del 2017;
Cass. n. 29606 del 2017). L'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo (Cass. n. 19989 del 2021;
Cass. n. 89/2021 cit.). Risulta nella specie assolto l'obbligo di motivazione, avendo la Corte di merito chiarito, con argomentazione esente da vizi, che l'applicazione dei valori minimi si giustificava alla luce della particolare semplicità dell'affare;
- il secondo motivo è infondato. Il giudice di merito ha argomentato la decisione di non applicare al compenso liquidato per il difensore la maggiorazione per il numero delle parti spiegando che l'attività processuale era stata caratterizzata da una accentuata (speciale) semplicità, non essendo stato richiesto alcun apprezzabile impegno aggiuntivo, trattandosi di posizioni del tutto sovrapponibili, per cui non sussistevano i presupposti per giustificare eventuali aumenti. Si palesa dunque legittimo il rigetto della richiesta di maggiorazione: tale aumento non è obbligatorio, ma può essere riconosciuto di regola, ossia fatta salva una diversa determinazione del giudice di merito, che è tenuto a motivare sia che la riconosca sia che la neghi. Proprio il ridotto impegno richiesto dalla molteplicità di posizioni, il carattere seriale delle liti, la perfetta sovrapponibilità delle questioni, comuni alle diverse parti, la semplicità dei temi dibattuti giustificavano compensi aggiuntivi, situazione quest'ultima che non necessariamente si identifica, come si sostiene in ricorso, con l'identità di posizioni processuali cui si riferisce la norma. Non si profila dunque il denunciato vizio di motivazione, essendo chiaramente e logicamente enunciate le ragioni della decisione. In conclusione, è accolto il primo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, respinto il secondo. La pronuncia è cassata in relazione alla parte del motivo accolto e non essendo necessari ulteriori accertamenti, decidendo nel merito, riconosce per il giudizio di merito un ulteriore compenso per la fase istruttoria che viene liquidato in euro 200,00 in aggiunta a quanto già accordato, sempre con distrazione in favore degli avvocati Ferdinando Emilio Abbate e Angelo Giuliani, dichiaratisi antistatari. - 6 - Le spese del presente giudizio di legittimità vanno dichiarate non ripetibili stante il solo parziale accoglimento del ricorso e il mancato svolgimento di difese da parte del Ministero.
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