Cass. civ., sez. V trib., sentenza 20/03/2023, n. 08006
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la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 12685‒2016 R.G. proposto da: L G, rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. N G , ed elettivamente domiciliato in Roma, alviale Regina Margherita, n. 157, presso lo studiolegale dell’avv. G M;-ricorrente – contro AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 063633911001, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;-controricorrente - contro MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in carica;-intimato - Oggetto: Tributi ‒ contraddittorio endoprocedimentale‒ accertamenti bancari avverso la sentenza n. 589/02/2015 della Commissione tributaria regionale della BASILICATA, depositata in data 19/11/2015;udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 09/02/2023 dal Cons. L L;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. T B, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del secondo motivo ed il rigetto degli altri. Rilevato che: 1. G L impugnava due avvisi di accertamento notificatigli in data 28/12/2012 con cui l’Agenzia delle entrate, sulla scorta delle risultanze della verifica della documentazione presentata dal L su invito rivoltogli dall’amministrazione finanziaria a seguito delle risultanze emerse nel corso della verifica effettuata nei confronti della s.r.l. La Siritide, di cui il L era socio con partecipazione al capitale nella misura del 24,75 per cento, e da cui risultavano versamenti in conto aumento capitale sociale, rideterminava in aumento il redito d’impresa del contribuente ai fini IRPEF, IRAP ed IVA con riferimento agli anni d’imposta 2007 e 2008. 2. A seguito di impugnazione dei predetti atti impositivi da parte del contribuente, la CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Matera accoglieva il ricorso ma l’impugnazione proposta dall’Agenzia delle entrate veniva accolta dalla Commissione tributaria regionale (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Basilicata che riteneva insussistente la violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000 in quanto disposizione applicabile soltanto in ipotesi di accessi ed ispezioni effettuati nella sede dell’esercizio dell’attività;sosteneva, comunque, che il contraddittorio «venne instaurato a seguito di definizione di adesione», che si era regolarmente espletato in data 21 maggio 2013 e gli avvisi di accertamento eranostati notificati il successivo 28 dicembreed inoltre che nella specie sussistevano ragioni di urgenza da individuarsi nell’imminente scadenza del termine di decadenza del potere accertativo dell’amministrazione finanziaria. La CTR rilevata, quindi, la validità degli avvisi di accertamento, anche in mancanza di allegazione agli stessi ‒ ritenuta non necessaria ‒ dell’autorizzazione di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, sosteneva, nel merito, che il contribuente, «a fronte delle precise contestazioni mosse dall’ufficio», non aveva fornito alcuna prova «in merito al possesso/disponibilità d’ingenti somme in contanti utilizzate per l’effettuazione dei bonifici in favore della società». 3. Avverso tale statuizione il L propone ricorso per cassazione,affidato a dieci motivi, che ha notificato sia al Ministero dell’economia e delle finanze sia all’Agenzia delle entrate, la quale replica con controricorso, rimanendo intimato il Ministero. Considerato che:1. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze per difetto di legittimazione processuale e perché estraneo ai gradi di merito del giudizio (cfr., ex multis, Cass. n. 19111 del 2016, n. 22992 del 2010, n. 9004 del 2007, nonché Cass. S.U. n. 3118/2006;n. 3116/2006;n. 20781/2016), precisandosi che, in difetto di difese svolte dal Ministero, rimasto intimato, non occorre provvedere sulle spese di lite. 2. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea. 2.1. Il ricorrente, richiamando il principio espresso dalle Sezioni unite di questa Corte in materia di contraddittorio endoprocedimentale (Cass., Sez. U, 9 dicembre 2015, n. 24823, secondo cui «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi "armonizzati", mentre, per quelli "non armonizzati", non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito»), sostiene che nel caso di specie, in cui l’accertamento aveva ad oggetto anche l’IVA, gli atti impositivi dovevano ritenersi nulli per violazione della citata disposizione atteso che, qualora il contraddittorio fosse stato espletato, avrebbe potuto dimostrare l’insussistenza dei presupposti che l’Ufficio aveva addotto per procedere ad accertamento con metodo induttivo, ovvero la mancata indicazione sulle distinte delle rimanenze iniziali e finali del metodo di valutazione delle stesse, come previsto dall’art. 92 del d.P.R. n. 600 del 1973, e l’omessa compilazione dello studio di settore. Al riguardo sostiene che il metodo di valutazione delle rimanenze era stato annotato sul libro degli inventari che l’amministrazione finanziaria non aveva richiesto con il questionario notificato il 14/12/2012 e che avrebbe potuto dimostrare che i ricavi erano congrui e coerenti con lo studio di settore applicabile. 2.2. E’ necessario premettere che quello espletato nei confronti del contribuente è accertamento c.d. a tavolino, non essendo stato preceduto da alcun accesso presso i locali destinati dal medesimo all’esercizio dell’impresa, come emerge peraltro chiaramente dall’esposizione dei fatti di causa contenuta nel ricorso, in cui si dà atto che la verificain loco aveva riguardato la s.r.l. La Siritide e che gli avvisi di accertamento erano stati emessi a seguito di esame della documentazione richiesta al contribuente tramite questionario e da quest’ultimo consegnata all’ufficio finanziario. Peraltro di ciòneppure dubita il ricorrente che, seppure nel motivo in esame deduce la violazione del comma 7 dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000, nell’esposizione del motivo censura la statuizione impugnata per non avere i giudici di appello fatta corretta applicazione del principio affermato da Cass., Sez. U, n. 24823 del 2015 in tema di contraddittorio endoprocedimentale in presenza, come nel caso in esame, di tributi armonizzati, com’è l’IVA, pure oggetto di ripresa a tassazione da parte dell’Agenzia delle entrate. 2.3 Il motivoè inammissibile. 2.4. Premesso che è pacifico tra le parti che un obbligo di contraddittorio non sussiste con riferimento ai tributi non armonizzati, pure oggetto di ripresa a tassazione nei confronti del contribuente, osserva il Collegio che il motivo è privo di autosufficienza in quanto il ricorrente non ha né localizzato (nel senso prospettato da Cass., Sez. U, n. 8950 del 2022;v. anche Cass. n. 28184 del 2020 e n. 12481 del 2022) all’interno dei fascicoli dei gradi di merito, né allegato il ricorso di primo grado e neppure in esso trascritto le parti pertinenti del contenuto dello stesso ove avrebbe dovuto dedurre le circostanze idonee a vincere la prova di resistenza, ovvero le ragioni, concrete e non pretestuose, che avrebbe potuto far valere nella fase amministrativaai fini della dimostrazione della necessità, in quella fase, del contraddittorio sulle riprese a tassazione di tributi armonizzati.
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