Cass. civ., sez. I, sentenza 10/07/2004, n. 12806
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In tema di contenzioso elettorale, la gratuità dell'azione popolare (comportante, per il ricorrente, la non necessità della difesa tecnica, ma non inibente l'utilizzabilità della stessa) non esclude che, ove spese siano state sostenute, queste possano essere poste a carico della controparte secondo il principio della soccombenza di cui all'art. 91 cod. proc. civ.
Nell'ambito della Regione Sardegna, la previsione, contenuta nell'art. 17 dello statuto speciale di autonomia (approvato con la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, e modificato dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2), di una incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di sindaco di Comune, compreso nel territorio della Regione, con popolazione superiore a diecimila abitanti, non consente l'applicazione della legislazione statale che, all'art. 4 della legge 23 aprile 1981, n. 154 e all'art. 65 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, contempla, in via generale, l'incompatibilità della carica di sindaco, a prescindere dal numero di abitanti del Comune (quindi, anche con popolazione inferiore a diecimila abitanti), con quella di consigliere regionale, laddove, appunto, lo statuto speciale della Regione Sardegna, ai fini del sorgere dell'incompatibilità alla carica di consigliere regionale, dà rilevanza al numero di abitanti del Comune del quale il consigliere regionale è sindaco. La preclusione all'applicazione, nel territorio della Regione Sardegna, della predetta normativa statale deriva dal rapporto tra lo statuto regionale sardo e la citata legislazione statale, che si configura, nella parte che qui interessa, non soltanto in termini di sovraordinazione della norma costituzionale (tale essendo il rango formale degli statuti speciali delle Regioni ad autonomia differenziata) rispetto a quella ordinaria, ma anche quale rapporto tra legge speciale e legge generale, giacché la disciplina della incompatibilità alla carica di consigliere regionale trova la sua speciale regolamentazione nello statuto speciale, con la conseguenza che la disciplina della medesima, dettata in via generale con legge e il decreto legislativo statali, non può configurarsi come automaticamente integrativa di quella speciale.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOSAVIO Giovanni - Presidente -
Dott. PROTO Vincenzo - Consigliere -
Dott. MARZIALE Giuseppe - Consigliere -
Dott. MAGNO Giuseppe V.A. - Consigliere -
Dott. PETITTI Stefano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DD UR, GU TR, elettivamente domiciliati in ROMA VIA PORTUENSE 104, presso l'avvocato ANTONIA DE ANGELIS, rappresentati e difesi da sè medesimi;
- ricorrenti -
contro
PI CO RG, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE BRUNO BUOZZI 76, presso l'avvocato NICOLA GIANCASPRO, rappresentato e difeso dall'avvocato ROBERTO CANDIO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
P.G. CORTE D'APPELLO CAGLIARI;
- intimato -
avverso la sentenza n. 366/03 della Corte d'Appello di CAGLIARI, depositata il 29/11/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/06/2004 dal Consigliere Dott. Stefano PETITTI;
udito per il resistente l'Avvocato CANDIO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PALMIERI Raffaele che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo, per il rigetto del ricorso in subordine.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 29 novembre 2003, la Corte di appello di Cagliari, in riforma della sentenza con la quale il Tribunale di Cagliari aveva dichiarato la decadenza di IS GI CO dalla carica di Sindaco del Comune di Selegas, per incompatibilità con la carica di Consigliere Regionale, rigettava l'azione proposta da OG TR e DA AU volta, appunto, a far valere la incompatibilità del IS, eletto nel maggio 2001 sindaco di quel Comune, con elezione convalidata il 26 maggio 2001, ed eletto altresì Consigliere Regionale il 31 maggio 2001.
La Corte di appello riteneva che l'art. 17 dello Statuto regionale della Sardegna, approvato con legge costituzionale n. 3 del 1948, e
in particolare il secondo comma dello stesso, laddove prevede la incompatibilità della carica di Consigliere Regionale con quella di sindaco di un comune con popolazione superiore a 10.000 abitanti, escludesse la incompatibilità tra la medesima carica di Consigliere Regionale e quella di sindaco di un comune con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, con conseguente inapplicabilità, nell'ordinamento regionale, dell'art. 65 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento degli enti locali, che stabilisce invece la incompatibilità tra la carica di sindaco con quella di consigliere regionale, a prescindere dal numero di abitanti del Comune.
La citata disposizione statutaria recita, infatti, che "l'ufficio di Consigliere regionale è incompatibile con quello di membro di una delle Camere o di un altro consiglio regionale o di Sindaco di un comune con popolazione superiore a diecimila abitanti, ovvero di membro del Parlamento europeo". Ad avviso della Corte di appello, la presenza stessa di una norma di rango costituzionale che disciplina positivamente la materia delle incompatibilità di certi uffici con la carica di consigliere regionale preclude al legislatore statale o regionale la possibilità di operare una scelta diversa. Sarebbe del resto illogico ritenere che il legislatore costituzionale, regolando l'incompatibilità relativa ai Sindaci dei comuni maggiori, abbia inteso poi lasciare al legislatore ordinario, statale o regionale, la possibilità di prevedere l'incompatibilità a quella carica anche per i sindaci dei comuni minori. Nel caso della Regione Sardegna, poi, la limitazione della incompatibilità ai Sindaci dei comuni maggiori si giustifica in considerazione della bassissima densità di popolazione, frammentata in moltissimi comuni, con conseguente limitata disponibilità di persone disposte ad impegnarsi in politica.
La Corte territoriale riteneva quindi che la riserva di legge statale, originariamente prevista dall'art. 17, comma terzo, dello statuto regionale, o di legge regionale, a seguito dell'abrogazione del terzo comma citato, disposta dalla legge costituzionale n. 2 del 2001, potesse avere ad oggetto solamente le cariche di altre
istituzioni diverse da quelle contemplate dal secondo comma. Una conferma a tale linea interpretativa si rinverrebbe, del resto, nella sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 1988, nella quale si è affermato che il rapporto tra lo Statuto regionale sardo e la legge n. 154 del 1981 si configura non soltanto in termini di
sovraordinazione della norma costituzionale rispetto a quella ordinaria, ma anche quale rapporto fra legge speciale e legge ordinaria. Con tale pronuncia, la Corte costituzionale avrebbe quindi inteso eliminare in radice la possibilità di applicare nella Regione Sardegna la disciplina dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità dettata in via generale con legge dello Stato. E tale precedente manterrebbe inalterato il proprio rilievo, ad eccezione del riferimento alla legge dello Stato, venuto meno a causa dell'abrogazione dell'art. 17, terzo comma, ad opera della legge costituzionale n. 2 del 2001, la quale ha introdotto nell'art. 15
dello statuto una riserva di legge regionale in materia. Ad avviso della Corte di appello, comunque, all'accoglimento dell'appello si sarebbe dovuti pervenire anche non condividendo l'interpretazione dell'art. 17 come norma positiva e immediatamente precettiva che esclude la incompatibilità tra la carica di Consigliere Regionale e quella di sindaco di un comune con popolazione inferiore a 10.000 abitanti. In tal caso, infatti, la fattispecie sarebbe regolata dall'art. 51 Cost., dal quale discende la regola che le situazioni di incompatibilità e di ineleggibilità devono essere sempre previste dalla legge in modo espresso. Dopo l'abrogazione dell'art. 17, terzo comma, dello statuto, ad opera della legge costituzionale n. 2 del 2001, entrata in vigore prima dell'elezione del IS, proseguiva la Corte di appello, la materia non potrebbe comunque ritenersi disciplinata dal d.lgs. n. 267 del 2000;
e ciò in quanto il nuovo testo dell'art. 15 dello statuto
prevede espressamente che la legge regionale determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con le predette cariche, introducendo cosi una riserva assoluta di legge regionale per la configurazione di nuove cause di ineleggibilità o di incompatibilità con le cariche di consigliere regionale, di presidente della regione e di componente della giunta regionale. Da qui la impossibilità di fare ricorso all'art. 57 dello statuto, secondo il quale le leggi dello Stato trovano applicazione nelle materie attribuite alla competenza della regione fino a quando non sia diversamente disposto con legge regionale.
Del resto, proprio il d.lgs. n. 267 del 2000, al secondo comma dell'art. 1, esclude espressamente l'applicabilità delle disposizioni del testo unico alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione.
Nè, infine, poteva essere condiviso l'assunto degli appellati, secondo cui le disposizioni dell'art. 17 e l'art. 65 d.lgs. n. 267 del 2000 disciplinerebbero fattispecie diverse, con conseguente
applicabilità di quest'ultima alla carica di sindaco, in quanto una tale prospettazione si porrebbe in contrasto con il principio sistematico della reciprocità delle situazioni di incompatibilità. In applicazione del principio di soccombenza, valido anche nel caso in cui nei giudizi elettorali le parti si facciano rappresentare e difendere da un professionista, la Corte di appello condannava gli appellati al pagamento delle spese dell'intero giudizio. Per la cassazione di tale sentenza ricorrono i signori AU DA e TR OG, sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria;
resiste con controricorso il sig. IS.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, i ricorrenti deducono violazione dell'art. 65 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e falsa applicazione
dell'art. 17 dello statuto della Regione Sardegna. Quest'ultima disposizione, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, sarebbe priva di concreta rilevanza nel caso di specie, giacché essa si riferisce alle cause ostative alla carica di Consigliere Regionale, mentre oggetto del giudizio era l'accertamento di una causa di incompatibilità alla carica di sindaco, ipotesi disciplinata dall'art. 65 del predetto d.lgs. n. 267 del 2000. Poiché le due disposizioni regolano materie e casi diversi, correttamente il giudice di primo grado aveva ritenuto che la disciplina delle incompatibilità potesse essere differenziata a seconda che, di volta in volta, venga a riguardare l'ufficio di consigliere regionale o altri uffici elettivi, quale appunto quello di sindaco. Del resto, lo stesso legislatore regionale, con la legge n. 8 del 2002, ha stabilito che le funzioni di presidente e di
assessore provinciale sono incompatibili con qualsiasi carica istituzionale salvo i casi previsti dallo statuto speciale per la Sardegna. Inoltre, ricordano i ricorrenti, la Regione Sardegna, nel mentre ha disciplinato i casi di incompatibilità del presidente e degli assessori provinciali, non ha mai proceduto a darsi una legislazione organica sull'ordinamento degli enti locali, ne' ha mai disciplinato l'incompatibilità del sindaco, che di fatto è sempre stata regolamentata dalla legge nazionale, applicabile in ambito regionale in base alla disposizione di cui all'art. 57 dello Statuto (nelle