Cass. pen., sez. II, sentenza 07/04/2023, n. 14845

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 07/04/2023, n. 14845
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14845
Data del deposito : 7 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DANCU NELU NICOLAE, nato in Romania il 14/01/1982 avverso la sentenza del 16/02/2022 della Corte d'appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE NICASTRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F C, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito l'avv. F C, difensore di N N D, il quale, dopo dibattimento, ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16/02/2022, la Corte d'appello di Roma confermava la sentenza del 04/05/2018 del Tribunale di Roma di condanna di N N D per i reati di associazione per delinquere (art. 416 cod. pen.) e di indebito utilizzo di carte di credito continuato in concorso (art. 55, comma 9, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231;
ora art. 493-ter cod. pen.). Al D è stato attribuito, in particolare: a) di avere partecipato a un'associazione per delinquere, della quale D C era capo e promotore e M C G promotore, associandosi, anche con altri soggetti, «allo scopo di commettere più delitti di fabbricazione e detenzione di carte di credito false, previa captazione dei codici P.A.N. in occasione di utilizzi delle carte di credito autentiche da parte degli effettivi proprietari, per lo più stranieri in visita nel nostro Paese, con successivo trasferimento dei codici P.A.N. su altri supporti plastici, e più delitti di frode informatica, con impiego delle carte "clonate" per effettuare acquisti di beni diversi» (capo A dell'imputazione);
b) di avere, in concorso tra loro nei rispettivi ruoli, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di trarne profitto, acquisito i codici P.A.N. (cioè il primary account number, stampato in rilievo sulla parte frontale delle carte di credito) di diciannove carte di credito (compiutamente indicate nel capo d'imputazione), «riversandoli su idonei supporti plastici, mediante software in loro possesso, creando così le relative carte di credito false, "clone" di quelle autentiche, che in parte utilizzavano personalmente per acquisti e pagamenti di ogni genere ed in parte cedevano dietro corrispettivo a terzi» (capo C dell'imputazione).

2. Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Roma, ha proposto ricorso per cassazione N N D, per il tramite del proprio difensore, affidato a quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b), ed e), cod. proc. pen., l'erronea applicazione dell'art. 416 cod. pen., nonché la mancanza di motivazione della sentenza impugnata con riguardo all'affermazione di responsabilità per la partecipazione alla menzionata associazione per delinquere. Il ricorrente lamenta tale carenza motivazionale della sentenza impugnata in quanto questa avrebbe fondato le ritenute consapevolezza dell'imputato dell'esistenza dell'associazione criminosa e volontà di parteciparvi sulla sola scorta di alcune intercettate conversazioni telefoniche tra il D e gli imputati in procedimento connesso Cimpoeru e Gavrus, in assenza di «ulteriori indici di partecipazione e di consapevolezza della esistenza stessa dell'associazione», e senza attribuire il necessario rilievo al fatto che il D, come emergeva dalle conversazioni telefoniche intercettate, cedeva gli acquisiti codici P.A.N. delle carte di credito anche a soggetti estranei al sodalizio criminoso.

2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. c), ed e), cod. proc. pen., l'erronea applicazione dell'art. 416 cod. pen. nonché la mancanza di motivazione della sentenza impugnata e il travisamento delle prove «con riferimento alla sussistenza del delitto di indebito utilizzo di carte di credito». Il ricorrente lamenta tali vizi della sentenza impugnata in quanto questa, nel fondare l'affermazione della propria responsabilità per i diciannove episodi di indebito utilizzo di carte di credito a lui contestati sull'elemento che egli svolgeva attività lavorativa nei locali in cui era avvenuta l'indebita acquisizione dei codici P.A.N. delle stesse carte, non avrebbe dato adeguata risposta alla censure sollevate al riguardo nel proprio atto di appello - nel quale era stato evidenziato come nei ristoranti in cui si assumeva che egli avesse lavorato, sia precedentemente sia contemporaneamente, avesse lavorato anche l'altro soggetto coinvolto nel sodalizio Gabriel Floria e come l'accertamento della sua responsabilità fosse basato sulla «sua presenza nei ristoranti in due sole occasioni» - e avrebbe «da[to] per dimostrata la [sua] posizione di "soggetto occupato con un determinato ruolo" nell'associazione».

2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l'erronea applicazione dell'art. 640-ter cod. pen., con riferimento alla mancata riqualificazione dei fatti di cui al capo C) dell'imputazione come delitto di frode informatica di cui al predetto art. 640-ter, non aggravato ai sensi del terzo comma dello stesso articolo, con la conseguente non punibilità del reato per difetto di querela. Il ricorrente rappresenta anzitutto che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione (è citata, in particolare, Sez. 5, n. 42183 del 07/09/2021, Cicate), le condotte, a lui attribuite, di acquisizione dei codici P.A.N. delle carte di credito rientrano, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello di Roma, nel delitto di frode informatica. In secondo luogo, premessa tale qualificazione delle condotte a lui attribuite, il ricorrente censura la sentenza impugnata anche nella parte in cui afferma che, anche a volere ritenere corretta la qualificazione delle stesse condotte come frode informatica, sussisterebbe comunque l'aggravante della commissione del fatto «con furto o indebito utilizzo dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti» di cui al terzo comma dell'art. 640-ter cod.