Cass. civ., SS.UU., sentenza 21/11/2011, n. 24408
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In materia di rapporto di causalità nella responsabilità extracontrattuale, in base ai principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., qualora un determinato evento dannoso sia riconducibile a volte alle cause naturali e a volte alle cause umane, non si versa in ipotesi di concorso di cause finalizzate alla produzione di uno stesso evento, bensì di eventi ulteriori e diversi, ciascuno con una propria causa; in tale eventualità, pertanto, non vige il principio per cui il fatto dannoso va addebitato per intero o alla causalità naturale o a quella umana, sicché il giudice può procedere all'attribuzione percentuale delle rispettive responsabilità, tenendone conto ai fini del conseguente obbligo di risarcimento del danno. (Nella specie, le S.U. hanno, sul punto, confermato la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche secondo cui - in presenza di danni causati da esondazioni del fiume Tevere, riconducibili in alcuni casi alla natura dei luoghi e negli altri casi alla costruzione di una diga per il funzionamento di un impianto idroelettrico - la società titolare di detto impianto doveva rispondere dei danni in misura dell'80 per cento, mentre il restante 20 per cento era da attribuire alla formazione spontanea di un isolotto nell'alveo del fiume).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. A M - Presidente di Sez. -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. S A - rel. Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. I A - Consigliere -
Dott. P S - Consigliere -
Dott. T F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27837-2010 proposto da:
BATTISTI ENRICO MARIA, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 8, presso lo studio degli avvocati TOPI PAGLIETTI PAOLA, PAGLIETTI GIANCARLO, che lo rappresentano e difendono, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
contro
E G POWER S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato M L, che la rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
avverso la sentenza n. 139/2010 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 07/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;
uditi gli avvocati Giancarlo PAGLIETTI, Luigi MANZI, PALMIERI dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto dei ricorsi principale ed incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato il 7 ed 11 febbraio 2002 B Enrico Maria ha adito il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d'Appello di Roma, anche quale procuratore dei genitori Cruciano B e Maria Marchi, chiedendo la condanna di ENEL e del Ministero delle Infrastrutture al risarcimento dei danni in complessivi Euro 1.032.913,85 oltre rivalutazione monetaria e interessi.
Assumevano Cruciano B e Maria Marchi che erano titolari di una azienda agricola, dal settembre del 1998 affittata al figlio Enrico Maria, esercitata su terreni siti nei comuni di Orte e di Narni, acquistati nel 1971. I terreni, che si estendevano per circa 150 ettari erano posti per la maggior parte in posizione collinare, mentre 45 ettari circa si trovavano in un fondo-valle quasi pianeggiante, dove confinavano con la sponda sinistra del Tevere. A valle di questi terreni, in località Ponte Felice, nel 1957 fu costruito un impianto idroelettrico che, entrato in funzione nel 1959, nel 1969 fu trasferito in proprietà ad ENEL. I B gli attribuivano le periodiche esondazioni del Tevere nei loro terreni di fondo valle con erosione spondale e danni alle colture. L'ENEL Produzione s.p.a., nelle more succeduta ad ENEL a titolo particolare nella titolarità dell'impianto idroelettrico, si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto di tutte le domande. La convenuta rilevava che il terreno era sito in una pianura alluvionale che costituiva un'area naturalmente destinata alla libera esondazione delle acque di piena del Tevere, destinazione che, risalente alla fine del 1800, era stata confermata anche dal D.P.C.M. 3 settembre 1998 di "Approvazione del piano stralcio delle aree a rischio di
esondazione del fiume Tevere nel tratto tra Orte e Castel Giubileo, per cui nel Piano di Bacino del fiume Tevere l'area è stata ricompressa nella Zona A, caratterizzata da un costante rischio di naturale esondazione.
Quando fu costruita la centrale idroelettrica di Ponte Felice, i progetti esecutivi tennero doverosamente conto della raccomandazione del Consiglio Superiore dei LL.PP. di non intervenire su quelle aree naturalmente oggetto della libera esondazione del Tevere durante le grandi piene, al fine di non aggravare il rischio di allagamenti nella città di Roma. E fu appunto in ragione di questa esigenza preminente che, nella zona de qua, mentre l'arginatura della sponda destra ha ricoperto l'intera ansa fluviale, invece quella della sponda sinistra venne fatta terminare volutamente prima, proprio per non proteggere quell'ampia pianura dove sono i terreni oggi di proprietà B.
L'ENEL, dunque, si difese allegando come i ricorrenti allagamenti dei terreni dei B dovessero ritenersi frutto di eventi naturali, senza alcun nesso di causalità con lo sbarramento di Ponte Felice. Il Tribunale Regionale, con la sentenza 29/2006, rilevò che "i terreni in fondo valle dell'azienda B, per la loro conformazione geologica, risultano da. sempre assoggettati al rischio di naturale esondazione del Tevere" e che l'isolotto, presente in quel tratto di fiume, formatosi per cause naturali anteriormente alla costruzione della diga di Ponte Felice, incideva naturalmente nella produzione dei fenomeni che qui interessano. Tuttavia lo sbarramento aveva provocato l'innalzamento del livello delle acque e un maggiore interrimento dell'alveo. Due fenomeni che venivano a concorrere: il primo nell'erosione della sponda del fiume;
il secondo, anche in caso di piene meno importanti, nel verificarsi di esondazioni che altrimenti non avrebbero avuto luogo e, nel caso di grandi eventi di piena, di una maggiore estensione degli allagamenti. Il TRAP condannava in solido l'Amministrazione ("proprietaria" del fiume) ed ENEL (sua "custode") al risarcimento dei danni liquidati ai B in complessivi Euro 170.680,98 ( 1.75 6, 28 per erosione spondale";
52.56 7, 20 per perdite dei raccolti;
116.357,50 per diminuzione di valore dei terreni).
Enrico Maria B, in proprio e nella qualità proponeva appello al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche lamentando l'insufficienza della somma liquidata per danni e richiedendo la maggior somma complessiva di Euro 1.955.365,00, comprensiva anche dei danni maturati successivamente alla domanda. L'ENEL Produzione proponeva appello incidentale, censurando per ultrapetizione la liquidazione di parte del danno in proprio a favore di B Enrico e chiedendo il rigetto o almeno la riduzione delle condanne. Il Tribunale Superiore, con la sentenza definitiva depositata il 7.10.2010 n. 139, accogliendo parzialmente l'appello incidentale di ENEL Produzione, ha poi ridotto il risarcimento dei danni in complessivi Euro 98.377,22 con gli interessi legali dalla sentenza. In sintesi, l'ulteriore ridimensionamento dei danni addebitati ad ENEL Produzione è conseguenza di una maggiore valutazione della peculiare situazione dei terreni dei B, posti in un'area destinata naturalmente e normativamente alla libera esondazione delle piene del Tevere, con l'accertamento di una maggiore incidenza delle cause naturali (in particolare, ma non solo, per la presenza dell'isolotto) atte a provocare da sole, anche in ipotetica assenza della diga di Ponte Felice, parte delle esondazioni. Avverso questa sentenza il B ha proposto ricorso in Cassazione ed ha presentato memoria. Resistono con rispettivi controricorsi il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ed Enel Green Power, che ha proposto a sua volta ricorso incidentale autonomo ed ha presentato memoria. Il ricorrente principale resiste a tale ricorso incidentale con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta l'insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio e cioè se le cause non imputabili
all'Enel ed al Ministero delle Infrastrutture abbiano concorso a determinare i danni degli attori nella misura del 20%, nonché violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n.
5. Sostiene il ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto, conformandosi alla c.t.u. di secondo grado che le cause non imputabili ai convenuti avessero concorso a determinare nella misura del 20 % i danni subiti dagli attori.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del principio di cui all'art. 40 e 41 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.
5. Assume il
ricorrente che, giusto il principio dell'irrilevanza del concorso di causa naturale con la causa umana imputabile, per cui il soggetto imputabile risponde per intero di tutte le conseguenze dannose anche se parzialmente determinate da causa naturale, erroneamente la sentenza impugnata ha ridotto del 20% il risarcimento, ritenendo in tale percentuale l'apporto causale naturale.
2.1. Stante la stretta connessione dei due motivi, essi vanno esaminati congiuntamente.
Il primo motivo è inammissibile ed il secondo è infondato. Va anzitutto osservato che il TSAP, sulla base della c.t.u., di secondo grado, ha accertato che nel fiume Tevere, nella zona in questione, già di per sè funzionalizzata sia sotto il profilo naturale che normativo ad essere zona di espansione delle naturali esondazioni del fiume Tevere, a protezione della città di Roma, si era formato un isolotto alla fine degli anni l40, mentre solo successivamente alla formazione dì tale isolotto fu realizzata la diga, che entrò in funzione il 1959;
che non potevano essere addebitate all'Enel ed al Ministero le conseguenze derivanti dalla presenza dell'isolotto (ml. 250 x 30) nel fiume, che, secondo il c.t.u. era la prima tra le cause del maggior rischio di esondazione in presenza di grandi piene;
che correttamente l'Enel o il Ministero non avevano provveduto ad arginare il lato sinistro del fiume nello stesso modo del destro, poiché ciò era dettato dalla necessità di rispettare le norme che imponevano il vincolo di destinazione di quei terreni a zona di espansione delle esondazioni a salvaguardia della città di Roma. Riteneva il TSAP che l'elemento causale riconducibile al comportamento colposo dei convenuti, giuste le conclusioni del ctu nominato in appello, era costituito dal maggior interrimento dell'alveo e dall'innalzamento del livello dell'acqua determinati dal rigurgito a