Cass. civ., SS.UU., ordinanza 11/04/2023, n. 09635

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 11/04/2023, n. 09635
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09635
Data del deposito : 11 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 21701-2022 proposto da: S S, elettivamente domiciliata in ROMA, piazza San Lorenzo in Lucina 26, presso lo studio dell'avvocato S S D, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato S B;
-ricorrente -

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DELLA MOBILITA’ SOSTENIBILI, domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO dalla quale è rappresentato e difeso ex lege;
-controricorrente - nonché CASTELLANO COSTRUZIONI SRL -intimata - avverso la SENTENZA del CONSIGLIO DI STATO n. 4729/2022 depositata il 9.6.2022 Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/03/2023 dal Consigliere L O;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott. S D M, il quale ha chiesto che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, rigetti il ricorso permotivi attinenti alla giurisdizione ed affermi la giurisdizione del giudice ordinario.

RITENUTO IN FATTO

La Sokoed spa - a seguito dell’estromiss ione dall’elenco degli ammessi a ricevere il cd. Fondo Salva Opere istituito dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili con il D.L. n. 34/2019 al fine di garantire il completamento rapido delle opere pubbliche e tutelare i lavoratori subordinati con il pagamento dei crediti insoddisfatti dei sub-contraenti degli appaltatori assoggettati a procedura concorsuale (in misura massima del 70%) –ha impugnato dinanzi al TAR Lazio gli atti di revoca all’ammissione al fondo. Gli atti impugnati sono: - il Decreto Direttoriale n. 5969 del 19 maggio 2021, unitamente all’Allegato 1 allo stesso decreto, del Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili, pubblicato sul profilo del Ministero nella sezione Amministrazione trasparente – Fond o salva opere, avente ad oggetto: “ Primo piano di riparto rettifica certificazioni ammesse al fondo salva opere e saldo annualità 2020-2021” nella parte in cui vi era disposto: “Considerato che alcuni dei beneficiari di cui all’elenco del richiamato Allegato 1 al D.D. n. 8447 del 19 giugno 2020 hanno ricevuto il soddisfo dei crediti dalla procedura concordataria della società Astaldi S.p.a., con attribuzioni di azioni/SFP sui propri Monte titoli, così come comunicato dall’Astaldi S.p.a. con nota del 22 dicembre 2020, pertanto, decadono dall’ammissione al fondo e, per gli effetti, sono espunti dall’elenco degli ammessi al Fondo salva opere”;
-la Relazione n. 4554 del 19.4.2021;
-ogni atto presupposto, preparatorio, conseguente, connesso e comunque lesivo. Il TAR (con sentenza 9711/2021) ha declinato la propria giurisdizione in favore del G.O., trattandosi di controversia inerente alla sussistenza del requisito previsto dalla legge per l’ammissione al fondo (esistenza di un credito insoddisfatto). Proposto appello dalla società Sokoed, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4729 del 9.2.2022, ha confermato la decisione di primo grado, richiamando il principio di diritto secondo cui, in tema di finanziamenti e contributi, allorché il finanziamento è riconosciuto ex lege ed alla pubblica amministrazione, spetta solo il compito di verificare l’effettività dell’esistenza dei relativi presupposti senza alcun apporto discrezionale, la relativa controversia è devoluta al giudice ordinario. A parere del Consiglio di Stato, la controversia in esame ha ad oggetto gli atti di esclusione adottati dalla pubblica amministrazione per vizi sopravvenuti al decreto di ammissione al Fondo (cioè per mancanza dei presupposti per l’ammissione), senza compiere nessuna valutazione discrezionale, verso il quale la società vanta una situazione di diritto soggettivo. La Sokoed ha proposto ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, contrastato con controricorso dal Ministero. La società Castellano Costruzioni è rimasta intimata. Il P.G. ha depositato conclusioni scritte con cui ha richiesto che venga dichiarata la giurisdizione del G.O. In prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Si denunzia violazione degli art. 111, comma 8, Cost., 110 c.p.a. e 362 cod. proc. civ. –Sussistenza del potere giurisdizionale del giudice amministrativo ai sensi degli artt. 7 e 1 c.p.a. Dopo una articolata esposizione del panorama normativo che disciplina il Fondo Salva Opere e del la specifica vicenda fattuale che ha portato dapprima all’ammissione e poi all’esclusione dal beneficio, la parte ricorrente rileva che il Ministero, per giungere alla conclusione (erronea) dell’insussistenza dei presupposti per l’accesso al Fondo, ha compiuto una tipica valutazione discrezionale, all’esito di una ponderazione di interessi condotta anche attraverso una interlocuzione con la stazione appaltante (la Astaldi). Ritiene pertanto, sulla scorta della giurisprudenza delle Sezioni Unite e del Consiglio di Stato, che la posizione tutelata è di interesse legittimo con la conseguente devoluzione della controversia al giudice amministrativo che peraltro, con una recente pronuncia del 2022 in vicenda analoga, ha deciso in senso conforme alla sua tesi. Il ricorso è infondato. La pretesa fatta valere dalla società odierna ricorrente è basata sulle previsioni dell’art. 47 del d.l. n. 34/2019, come convertito dalla l. n. 58/2019, che, al fine di garantire il completamento delle opere pubbliche e di tutelare i lavoratori, ha istituito (v. comma 1 bis) presso l’allora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti un “Fondo salva-opere”, le cui risorse “sono destinate a soddisfare, nella misura massima dei 70 per cento, i crediti insoddisfatti dei sub-appaltatori, dei sub- affidatari e dei sub-fornitori nei confronti dell’appaltatore ovvero, nel caso di affidamento a contraente generale, dei suoi affidatari, sub-fornitori, sub-appaltatori, sub-affidatari, quando questi sono assoggettati a procedura concorsuale, nei limiti della dotazione del Fondo”. Il comma 1-ter del predetto art. 47 prevede che “i sub-appaltatori, i sub-affittuari e i sub-fornitori, al fine di ottenere il pagamento da parte del Fondo salva- opere dei crediti maturati prima della data di apertura della procedura concorsuale e alla stessa data insoddisfatti, devono trasmettere all’amministrazione aggiudicatrice ovvero al contraente generale la documentazione comprovante l’esistenza del credito e il suo ammontare” e che questi ultimi, svolte le opportune verifiche, certificano l’esistenza e l’ammontare del credito;
tale certificazione dev’essere poi trasmessa al Ministero che, “accertata la sussistenza delle condizioni per il pagamento dei crediti, provvede all’erogazione delle risorse del Fondo”. Laratio della misura è quella di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche, tutelando al contempo il recupero dei crediti delle imprese subappaltatrici e fornitrici, creditrici dell’appaltatore principale, nonché il livello occupazionale delle stesse. Ebbene, come esposto, la controversia insorta tra la società subappaltatrice e il Ministero verte sulla pronuncia di decadenza dalla ammissione al Fondo Salva Opere e sulla conseguente esclusione della società dall’elenco delle ditte ammesse per ritenuta mancanza del presupposto essenziale richiesto dalla legge (“l’esistenza del credito e il suo ammontare”). Tanto premesso, ritiene il Collegio che la decisione del Consiglio di Stato sulla giurisdizione appare giuridicamente corretta. Esclusa, infatti, la ricorrenza di un’ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ex art. 133 c.p.a.), il riparto di giurisdizione deve essere effettuato sulla base del criterio generale della qualificazione della posizione giuridica (se di diritto soggettivo o di interesse legittimo) fatta valere in giudizio. In particolare, i principi individuati da questa Corte in materia di finanziamenti o sovvenzioni pubbliche possono sintetizzarsi nel senso che la situazione giuridica individuabile in capo a chi aspiri a finanziamenti o sovvenzioni è di interesse legittimo tutte le volte in cui la norma di previsione affidi all’amministrazione il discrezionale apprezzamento sull’an, sul quid e sul quomodo dell’erogazione, comportante la ponderazione delle ragioni di pubblico ad essa sottese, mentre è di diritto soggettivo laddove si tratti di erogazione riconosciuta direttamente dalla legge, sulla base di condizioni puntualmente indicate, e all’Amministrazione spetti solo di verificare l’esistenza dei relativi presupposti, senza alcuna ponderazione degli interessi pubblici sottostanti (cfr. Cass., S.U. n. 19042/2018;
Cass., S.U. n. 30418/2018;
Cass., S.U. n. 1132/2014;
Cass., S.U. n. 10377/2019;
cfr. altresì, quanto alla speculare ipotesi della revoca di pubbliche sovvenzioni, Cass., S.U. n. 15941/2014 e Cass., S.U. n. 3057/2016). In linea con tali principi, anche il Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria n. 6/2014) ha affermato che «sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla Pubblica Amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid, il quomodo dell'erogazione»;
«viceversa, è configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario». Appare evidente che, nel caso in esame, ricorre la situazione in cui l’erogazione è prevista direttamente dalla legge, mentre all’amministrazione è stato demandato unicamente il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti (ossia, nello specifico, la sussistenza del credito di un sub- appaltatore maturato prima dell’apertura della procedura concorsuale nei confronti dell’appaltatore e a tale data non soddisfatto), senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid e il quomododell’erogazione medesima. E tale verifica ha avuto esito negativo perché il Ministero ha riscontrato che la società aveva ricevuto il soddisfo dei crediti dalla procedura concordataria della società Astaldi S.p.a., con attribuzioni di azioni/SFP sui propri Monte titoli. Di conseguenza ha adottato il provvedimento di decadenza. Se poi la conclusione a cui è pervenuta l’amministrazione sia giuridicamente errata perché i crediti non erano stati interamente soddisfatti (come assume la parte ricorrente), i termini della questione di giurisdizione non mutano: ciò di cui oggi si discute, infatti, è proprio il venir meno dei presupposti di legge per l’ammissione al Fondo, presupposti che il Ministero ha escluso non già a seguito di comparazione e valutazione discrezionale degli interessi coinvolti, ma solo in base all’interpretazione che ha ritenuto di dover dare alla normativa vigente in rapporto alla specifica situazione di fatto venutasi a delineare (ricezione, da parte dell’impresa subappaltatrice, di titoli e prodotti finanziari nella procedura di concordato preventivo). Ed è evidente che per giungere alla conclusione dell’iter procedimentale era necessaria una adeguata istruttoria che – si badi – non equivale di certo a valutazione discrezionale di contrapposti interessi da parte della pubblica amministrazione. Resta così neutralizzato il rilievo – più volte sottolineato in ricorso – dell’interlocuzione avuta con la stazione appaltante. Un’ultima notazione si impone con riferimento all’affermazione, contenuta in ricorso e ribadita in memoria, secondo cui proprio il Consiglio di Stato, avrebbe deciso una vicenda analoga in senso diametralmente opposto, affermando la giurisdizione amministrativa. La deduzione è esatta perché effettivamente, con la sentenza n. 1418/2022 decisa nella camera di consiglio del 17 febbraio 2022, è stata affermata, proprio in tema di estromissione dall’elenco degli ammessi al Fondo, la giurisdizione amministrativa: “la asserita mutazione sostanziale della situazione della beneficiaria, che ha visto consolidarsi il proprio interesse legittimo attraverso il provvedimento di ammissione al Fondo, ha attivato il potere di ‘revoca’ dell’amministrazione, la quale, notificando i provvedimenti di esclusione, ha esercitato un potere autoritativo per mutamento della situazione di fatto, sostanzialmente compromettendo il diritto ….. alla erogazione dei contributi del Fondo”. Con tale pronuncia si è affermato che “la revoca, pertanto, non consegue all’inadempimento di obblighi imposti direttamente dalla legge o dalla normativa di settore o dal provvedimento concessorio e verificatisi nella fase esecutiva del rapporto, ma ad una valutazione discrezionale, comparativa con gli interessi pubblici a cui la norma è preordinata, connessa asseritamente a ‘fatti imputabili’ alla società richiedente (la quale ha accettato il deposito titoli), posti in essere anteriormente alla totale e definitiva erogazione del contributo e finalizzati agli obblighi stabiliti per detta erogazione” (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 1418/2022). Tuttavia, lo stesso Consiglio di Stato, con la sentenza oggi impugnata resa pubblica il 9.6.2022 e decisa nelle camere di consiglio del 27 gennaio 2022 e 24 marzo 2022, non ha mancato di confrontarsi col proprio diverso orientamento (sopra sintetizzato), spiegando le ragioni del dissenso considerando che “nella fattispecie, ricorre la prima delle ipotesi individuate dalla Adunanza Plenaria (richiamata anche nella suindicata lett. b) dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione), ossia la situazione in cui il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti, senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, ilquid, il quomodo dell’erogazione ”. “ Né depone in senso contrario la circostanza, ampiamente valorizzata dalla società appellante nei propri scritti difensivi, secondo cui la normativa in materia non prevede che il beneficiario non deve accettare le azioni/titoli emessi dalla procedura concorsuale prima dell’erogazione del contributo da parte del Fondo, né che i beneficiari ammessi al Fondo siano tenuti a comunicare il conto Titoli alla procedura ai fini della surrogaope legis, sicchè il Ministero avrebbe preteso di intervenire, illegittimamente, sullares controversa con un provvedimento autoritativo, disponendo unilateralmente l’estromissione della società appellante dall’elenco dei beneficiari del Fondo, esercitando erroneamente un potere discrezionale che è andato a ledere gli interessi legittimi della società appellante. Le obiezioni sollevate introducono rilievi inconferenti che tendono a spostare l’attenzione dal criterio che fonda la valutazione del giudice in tema di reparto di giurisdizione…….L’atto di revoca adottato dal Ministero è motivato sul presupposto di un addotto venire meno dei presupposti per l’ammissione al Fondo salva opere, come previsto dalla legge. Infatti, il provvedimento di revoca è stato emesso per la asserita estinzione del credito, a seguito dell’accettazione ……….. del deposito titoli, che, secondo l’amministrazione, farebbe venire meno il necessario requisito di ammissione al beneficio. La revoca, pertanto, non consegue ad una valutazione discrezionale, comparativa, su interessi contrapposti, al fine di perseguire l’interesse pubblico sotteso alla ammissione delle imprese al Fondo, posto che tale interesse pubblico è presupposto e, nella specie, l’unica valutazione effettuata dall’amministrazione, senza alcuna ponderazione degli interessi in gioco, consiste nel riscontro ‘oggettivo’ dell’insussistenza dei presupposti per l’ammissione dell’impresa appellante al contributo, espressamente disciplinati dalla legge”. In definitiva, come correttamente ritenuto dal Consiglio di Stato con la sentenza impugnata, le società ammesse al beneficio del Fondo Salva Opere sono titolari di una posizione di diritto soggettivo, che in nessun modo degrada ad interesse legittimo al momento dell’esercizio del potere di revoca del beneficio da parte dell’amministrazione, atteso che la ‘revoca’ interviene per il venire meno,in itinere, dei presupposti dell’ammissione al Fondo, non essendo conseguente all’esercizio di poteri di carattere autoritativo (come invece sostiene la società appellante nei propri scritti difensivi), espressione dell’autotutela della pubblica amministrazione. L’osservazione della ricorrente perde quindi di rilievo. In conclusione, prospettandosi una situazione in termini di diritto soggettivo, il ricorso va rigettato, ma la non uniformità di precedenti nella giurisprudenza amministrativa giustifica la compensazione delle spese del giudizio. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1 - quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - , da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.
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